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Un paio di puntualizzazioni su UNAR, le 'orge gay' e le Iene

La realtà è un po' diversa da com'è stata presentata nel servizio e negli articoli sui "soldi pubblici per far godere i gay."
Leonardo Bianchi
Rome, IT

Quando Mario Adinolfi canta vittoria su qualcosa non è mai un buon segno; e se lo fa per più di 48 ore, allora c'è da essere seriamente preoccupati.

Il motivo per cui il leader del Popolo della Famiglia sta festeggiando è l'apparente implosione dell'UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, un organo istituito presso il Dipartimento per le Pari Opportunità nel 2003 per garantire la parità di trattamento tra le persone e combattere le discriminazioni) a seguito della messa in onda di un servizio delle Iene.

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La trasmissione in questione, dietro segnalazione di una fonte che ha voluto rimanere anonima, si è concentrata su un'associazione (di cui non viene mai fatto il nome) che ha vinto un bando dell'UNAR da 52mila euro e alla quale sarebbero affiliati circoli impegnati in attività a scopo di lucro a sfondo sessuale.

Con l'ausilio di telecamere nascoste, Le Iene sono entrate in questi circoli affiliati—e qui il termine affiliato è molto importante—e hanno mostrato cosa succede nelle dark room, suggerendo che in questi luoghi si praticherebbe anche la prostituzione maschile.

L'altra parte del servizio consiste nell'intervista a Francesco Spano, il presidente dell'UNAR: l'inviato prima gli mostra le immagini di cui sopra, e poi chiede conto di una tessera d'iscrizione all'associazione con i suoi dati.

I temi sollevati sono dunque tre: quello dei soldi pubblici finiti in certi giri; le mancate verifiche; e quello del presunto conflitto d'interessi, non dimostrato in alcun modo, del presidente dell'UNAR.

Ed è proprio su questi punti che le destre e la galassia ultracattolica si sono fiondate con grande foga, nella convinzione di aver trovato la pistola fumante della corruzione della lobby LGBT e di poter regolare una volta per tutte i conti con l'UNAR—questo letale incrocio tra la Morte Nera e l'Anticristo, che (come illustra Giorgia Meloni attraverso un link sulla sua pagina Facebook) impone la "teoria del gender" nelle scuole e censura chi non si inchina alla Dittatura Del Politicamente Corretto.

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Come prima cosa, Mario Adinolfi (che a suo dire è stato "in contatto" con gli autori delle Iene) e Notizie Provita hanno rivelato il nome dell'associazione in questione: si tratta della Anddos, Associazione nazionale contro le discriminazioni da orientamento sessuale, che conta su oltre 200mila iscritti e su 71 circoli affiliati (tra cui, appunto quelli mostrati nel servizio).

Il primo, poi, ha parlato di "una guerra mafiosa per la spartizione di colossali quantità di denaro pubblico," e di "colonie del male" dedite a "a sesso promiscuo, lavoro nero, prostituzione e [spaccio di] droga, con attività esentasse coperta dalla formula 'associativa'."

Sulla stessa falsariga si è mantenuto anche Massimo Gandolfini—il portavoce del comitato che ha organizzato gli ultimi due Family Day—che in una nota si è rallegrato del fatto che "qualcuno ha avuto il coraggio di sollevare il velo di omertà e ipocrisia che copre il mondo della prostituzione gay," una realtà che  "il politicamente corretto si ostina a negare."

Sull'equazione "orge gay e prostituzione pagate COI SOLDI NOSTRI!1" sono intervenute anche la stampa generalista e, soprattutto, quella ultracattolica. "Lo Stato italiano," si legge ad esempio su La nuova bussola quotidiana, "sta pagando un'enorme dark room, dal Piemonte alla Sicilia passando per Roma e Milano, in cui il proibito del sesso gay diventa realtà, persino la prostituzione, lo scambismo e la promiscuità più sfrenata."

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Il putiferio mediatico ha portato Francesco Spano a rassegnare le dimissioni, che la sottosegretaria alla presidenza del consiglio Maria Elena Boschi ha accettato ieri. Lo stesso ha poi dichiarato di aver sempre agito in modo corretto, e di essere rimasto vittima di una "macchina del fango" usata da "persone vigliacche che non esistano a denigrare chi compie con lealtà e correttezza il proprio dovere."

Di attacchi strumentali hanno parlato anche Arcigay e altre associazioni LGBT. Anddos si è difesa ieri, offrendo la propria solidarietà a Francesco Spano e attaccando Le Iene per l'approssimazione e il sensazionalismo del servizio.

La prima pagina di Libero del 21 febbraio, via Facebook.

Nel lungo comunicato dell'associazione, inoltre, ci sono anche diverse precisazioni importanti. La prima è che l'UNAR non finanzia direttamente le associazioni, ma i singoli progetti; e in questo caso si trattava del potenziamento dei Centri ascolto e antiviolenza, in collaborazione con l'Università Sapienza e Wequal.

La seconda è che "non esiste passaggio di denaro da Anddos alle proprie affiliate e viceversa," e dunque "i soldi dei cittadini non saranno usati per finanziare le attività dei circoli affiliati Anddos, che hanno piena autonomia giuridica."

Se si osserva più in profondità, dunque, la realtà è un po' diversa da com'è stata presentata nel servizio e negli articoli sopracitati: le "colonie del male," insomma, non sono mai state finanziate dall'UNAR e da Palazzo Chigi.

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Su questo punto specifico, l'ex presidente Spano è stato ancora più netto. "Si è trattato di una bufala," ha detto all' Adnkronos, "non solo perché i finanziamenti in questione non sono stati ancora erogati, ma perché a essere considerati finanziabili sono stati singoli progetti sociali […] valutati da una commissione secondo criteri oggettivi prestabiliti."

E a proposito di finanziamenti: nella nota con cui si annunciavano le dimissioni di Spano, Palazzo Chigi—pur non ravvisando "violazioni della procedura prevista"—ha fatto sapere di aver disposto "la sospensione in autotutela del Bando di assegnazione oggetto dell'inchiesta giornalistica [ che vale quasi un milione di euro], per effettuare le ulteriori opportune verifiche."

In pratica, tutti i 30 soggetti ritenuti idonei sono stati intaccati dal servizio e dalla relativa campagna mediatica. E tra questi—giusto per fare qualche nome—figurano anche la Croce Rossa italiana, la Comunità di Sant'Egidio e associazioni che si occupano di libertà civili e diritti umani, come A Buon Diritto.

Tra le iniziative che rischiano di saltare, inoltre, c'è anche la prima casa d'accoglienza per "rifugiati gay, lesbiche o trans che fuggono dai paesi d'origine a causa di persecuzioni per l'orientamente sessuale o l'identità di genere." Il progetto, che dovrebbe essere inaugurato a Bologna il 1 aprile 2017, è stato elaborato dal Movimento Identità Transessuale (Mit) insieme alla cooperativa Camelot e il Centro Risorse LGBTI. Il comune di Bologna lo sostiene anche finanziariamente.

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Per avere più dettagli ho contattato l'avvocatessa del Mit Cathy La Torre. "L'unica cosa che possiamo dire con certezza," mi ha spiegato al telefono, "è che una ricostruzione molto parziale delle Iene su un soggetto sta travolgendo tutti noi altri 29, tra cui la nostra casa d'accoglienza. Ora siamo nel delirio più totale, e tra l'altro avevamo addirittura aperto dei canali umanitari con il Libano grazie a Mediterranean Hope. Ora è tutto bloccato."

Per La Torre—posto che il finanziamento dell'UNAR non sarebbe andato a saune e glory hole, e che chi ha "attività commerciali non esattamente in linea con il mandato di UNAR" ne risponde singolarmente—Palazzo Chigi avrebbe dovuto dare "la possibilità di concludere progetti i cui beneficiari subiranno un impatto negativo: noi abbiamo una lista di 16 persone che ora non sappiamo dove mettere. Dovevamo firmare il contratto tra dieci giorni, e invece adesso chiamiamo e non ci risponde nessuno."

In più, continua l'avvocatessa, se in tempi brevi non viene nominato un altro direttore dell'UNAR potrebbero saltare "23 milioni di euro" di fondi dell'UE "destinati alle soggettività a forte rischio di esclusione sociale—dai disabili fino alle persone che escono da situazioni di sfruttamento, tratta, prostituzione, ecc."

E alla fine, la conseguenza peggiore di tutta la vicenda è proprio questa: i due minuti d'orgoglio omofobico che sono esplosi dopo il servizio delle Iene non solo hanno gettato la croce sull'intero movimento LGBT, associandolo ancora una volta a ogni tipo di perversione; ma hanno travolto concretamente soggetti e progetti che non c'entrano nulla con i fatti di cui si parla in questi giorni.

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