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Musica

Recensione: Sparks - Hippopotamus

Le leggende dell'art-pop sono ancora in grado di mettere in piedi un album dada-futuristico come si deve.

Come si fa a criticare i classici? È impossibile. E nel caso degli Sparks è ancora più difficile perché non hanno mai sbagliato un disco e se l'hanno fatto hanno fatto bene a sbagliarlo. In questo disco dal titolo eloquente (evidentemente una metafora della storia ingombrante della band) c'è tutto il mondo Sparks passato attraverso plugin d'orchestra ultra falsi, tentativi di spostare l'asticella nel futuro e la loro solita ironia, oltre alle loro tipiche ossessioni schizoidi.

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Prendiamo ad esempio il singolo "Hippopotamus": più l'ascolto, più mi rende scemo e più lo voglio ascoltare, un earworm che non dà scampo vicinissimo a una muzak psichedelica dal volto in/umano, alla portata di tutti e di nessuno allo stesso tempo.

Al solito, la copertina è grandiosa, da MOMA, non c'è storia per nessuno. Unico neo è che a volte la vicinanza coi famigerati Franz Ferdinand (ricordate la loro collaborazione?) rischia di annacquare la proposta: pericolo scongiurato da una classe che, evidentemente, non si compra a suon di milioni ma è quella che rende eterna la musica. E, appunto, anche gli ippopotami.

Hippopotamus è uscito l'8 settembre per BMG.

Ascolta Hippopotamus:

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