Chi è Margrethe Vestager, la politica che multa i titani della Silicon Valley
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Chi è Margrethe Vestager, la politica che multa i titani della Silicon Valley

Ha in curriculum 13 miliardi di euro ad Apple, 2.42 miliardi a Google e 250 milioni ad Amazon.

Margrethe Vestager – danese, 49 anni – potrebbe diventare uno tra i politici più rilevanti del nostro tempo. E in questo tempo, vigilare sul mercato, come la commissaria per la concorrenza fa col mercato dell’Unione europea, significa anche giocare un ruolo nel futuro di internet e delle tecnologie connesse.

Finora, ha ingiunto a Apple di restituire 13 miliardi di tasse all’Irlanda; ad Amazon, di restituire 250 milioni; Facebook, per 110 milioni di euro e ha multato Google per 2.42 miliardi di euro. In quest’ultimo caso, il problema era l’algoritmo della funzione Shopping, ma sul conto di Google sono aperti altri due fascicoli antitrust che riguardano Android e AdSense.

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Semplificando molto, la rete è come una stanza in cui aziende enormi sgomitano per buttarsi fuori, e cercano di impedire l’ingresso a nuovi contendenti o dettare le regole a cui dovranno attenersi. Comportamenti che possono sfociare nell’irregolarità e, a lungo termine, mettere in dubbio le caratteristiche stesse per cui consumatori, lavoratori, imprenditori e investitori avevano scelto di entrare nella stanza. Vestager e il suo staff, che conta 900 persone, puntano a garantire che le porte restino aperte, gli scambi equi e trasparenti, e gli Stati lontani dal favorire l’una o l’altra azienda.

Ogni volta che torna a fare notizia, una parte dell’opinione pubblica prova piacere come se Vestager avesse infilato la multa sotto il tergicristalli di una Porsche parcheggiata in doppia fila.

Pronunciare l’ultima parola sull’efficacia di questo impegno e sull’eventuale eredità politica di Vestager sarà un problema da storici e analisti. Per ora, la commissaria è diventata un volto familiare sui nostri monitor: in genere, appare dietro un leggio a Bruxelles; annuncia multe salatissime per i giganti dell’economia mondiale; poi torna dietro le quinte, fino alla prossima conferenza stampa. Ogni volta che torna a fare notizia, una parte dell’opinione pubblica prova piacere come se Vestager avesse infilato la multa sotto il tergicristalli di una Porsche parcheggiata in doppia fila.

Per essere precisi, la commissaria può avviare indagini e fare da arbitro su questioni di leggi antitrust, cartelli, fusioni & acquisizioni, o aiuti statali. Se grazie a un’indagine ravvisa comportamenti illeciti, può proporre alla Commissione europea di emettere una multa o prendere misure alternative. Nei due anni e mezzo da quando ha assunto la carica, ha dedicato le sue attenzioni a giganti nati col digitale come Google, Amazon e Apple, ma anche a compagnie più “tradizionali” come Fiat, McDonald’s, Gazprom, Starbucks. Sono attenzioni – cioè sanzioni – che le aziende non gradiscono: diverse tra le citate hanno fatto ricorso, e anche dall’esito di quei ricorsi dipenderanno in futuro la credibilità della commissaria e la capacità del suo ufficio di arginare le prepotenze anti-concorrenziali.

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Invitata a parlare durante la cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico all’Università Bocconi, Vestager si è concentrata sulla questione fiscale. Ha ricordato che, nei primi anni 2000, il suo predecessore Mario Monti aveva scovato diverse forme di elusione fiscale che proteggevano le multinazionali dalla concorrenza. Nel 2013, si è scoperto che nuovi accordi erano stati siglati tra corporate e Stati membri; da allora, la Commissione ha analizzato in dettaglio oltre mille accordi fiscali preventivi – in inglese, tax ruling – stipulati in 23 Paesi su 28. La maggior parte di questi non garantisce vantaggi competitivi illegali, ma alcuni – come quelli di cui godevano, in Irlanda, Apple e Amazon – sì.

Abbiamo twittato in diretta i punti salienti del discorso di Vestager, che sarà presto disponibile in versione integrale a questo link.

Gli eurocrati non sono tra i politici più popolari: specialmente in tempi di crisi economica, non è stato difficile per gli euro-scettici rappresentare Bruxelles come un carrozzone inutile, distante dall’elettorato ed esente da ogni scrutinio. Vestager sembra esserne consapevole. Intervistata dal The Guardian, ha sottolineato come l’antitrust abbia in compenso l’opportunità di lanciare un messaggio forte, "Il mercato non è la società. Per molto tempo, ci è stato raccontato che esisteva solo il mercato. Ma il mercato esiste per procurare benefici a noi, in quanto cittadini. Se il mercato diventa l’unico orizzonte, ci si sente traditi a ogni passo, e privi di controllo sulla propria vita. Questo è qualcosa che secondo me abbiamo il potere di cambiare."

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Uno dei suoi cavalli di battaglia è l’importanza della fiducia di cittadini e consumatori: alla fiducia nella tecnologia, nei computer, negli algoritmi, e al ruolo della vigilanza antitrust nel creare quella fiducia, Vestager ha dedicato i passaggi forse più ispirati del suo TED Talk a New York dell’ottobre 2017. Come sarà ormai evidente, la commissaria non arriva da una carriera “tecnica” – al contrario, è una politica con parecchia esperienza alle spalle e la fama del mastino

In Danimarca, era a capo di un piccolo partito che si chiama Radikale Venstre: “Sinistra radicale”, alla lettera, nonostante sostenga posizioni centriste e conservatrici in economia. Nel 2011, racconta Bloomberg, il governo liberale danese voleva introdurre misure di austerity e ha cercato sostegno indicendo un’elezione. Vestager era a favore dell’austerità ma si è presentata alle urne in coalizione con socialdemocratici e altri partiti che vi si opponevano. Vinti 17 seggi su 179, ha iniziato le trattative con la prima ministra incaricata Helle Thorning-Schmidt per formare un governo: le delegazioni dei due partiti hanno contrattato per tre settimane, fino a quando Vestager non ha chiesto il ministero delle Finanze.

La stagione di riforme le è valsa almeno un regalo da parte di un sindacato molto risentito: un soprammobile a forma di dito medio, che nel 2014 ha poi portato con sé da Copenaghen a Bruxelles.

La prima ministra incaricata ha rifiutato, e Vestager ha abbandonato i negoziati sbattendo la porta. Passato un giorno, è stata lei a invitare Thorning-Schmidt a casa per mangiare una pizza e ridiscutere la situazione; alla fine della pizza, aveva ottenuto per sé le cariche di ministra dell’Economia, ministra dell’Interno e vice-prima ministra.

Durante quell’esperienza di governo, Vestager ha messo in atto le politiche di austerità che aveva promesso, tagliando i sussidi di disoccupazione e le indennità di prepensionamento per rimettere a posto il bilancio pubblico. La stagione di riforme le è valsa almeno un regalo da parte di un sindacato molto risentito: un soprammobile a forma di dito medio, che nel 2014 ha poi portato con sé da Copenaghen a Bruxelles. Lo tiene su un tavolino da caffè, nell’ufficio che occupa il decimo piano del palazzo Berlaymont, e nessuno dei giornalisti che la incontrano manca di notarlo. A quanto dice, le ricorda che in politica non esistono scelte in grado di accontentare tutti.

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