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L'ossessione del giornalismo italiano per i pantaloncini delle ragazze

Anche quest'anno è partita la gara degli editoriali su quanto corti sono i pantaloncini delle ragazze, con tanto di articoli volutamente "non moralistici" che si rivelano—ma va?—profondamente moralistici.

Grab via Corriere.it.

È di nuovo quel periodo dell'anno: quello in cui nelle homepage dei quotidiani ci sono foto di ragazze più o meno famose in pantaloncini più o meno corti a illustrare titoli apocalittici sulla decadenza dei costumi. Quest'anno, ad aprire la stagione è toccato al Corriere della Sera con un pezzo intitolato "Shorts che mostrano i glutei, il rischio di sembrare ridicole".

L'articolo in questione nasce in seguito all'incontro dell'autrice con una giovane portatrice di pantaloncini molto corti all'ingresso di una metropolitana. Dopo aver espresso il proprio turbamento estetico per la visione, chi scrive passa a specificare che non sono gli—assenti—intenti seduttori della ragazza a preoccuparla, ma il fatto che anzi questi abiti vengano portati "con incoscienza". L'autrice, insomma, cerca da subito di smarcarsi dalle possibili accuse di moralismo dicendo "[se metti dei pantaloni un po' più lunghi] almeno non sarai ridicola. […] Macché volgare? No, no: R-I-D-I-C-O-L-A."

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Insomma, nelle intenzioni dichiarate, non si vuole portare alla sbarra un modo di vestire perché troppo sessualizzato, ma al contrario si vuole sottolineare come svestirsi troppo sia un simbolo dell'assenza di "malizia" della nostra generazione, della nostra goffaggine—il problema è che la ragazza in questione era "disarmonica, inopportuna, poco elegante e poco sportiva, poco di tutto." Stando all'autrice questo articolo non vuole essere moralista, poco importa che sotto si tiri in ballo comunque "quel comune senso del pudore" che dopo gli anni Settanta è andato perduto.

Ora, a prescindere dal fatto che il ruolo di arbiter elegantiae è spinoso e dubito che chi scrive sia uscita di casa ogni giorno elegante, sportiva, armonica e opportuna, il supposto (ma ci tornerò dopo) non moralismo del suo commento non cambia in alcun modo la mia richiesta: smettetela di pubblicare articoli su come le ragazze dovrebbero vestirsi. Di qualunque tipo siano gli articoli.

Abbiamo avuto Marco Cubeddu che si lasciava andare a una filippica contro le adolescenti in pantaloncini che gli risvegliavano bollenti spiriti in un parco romano e si rendevano "colpevoli" di qualunque violenza un potenziale aggressore avrebbe potuto mettere in atto; e su questo filone moraleggiante l'ultimo brutto scivolone è stato quello di Corrado Augias che ha lasciato intendere—perché mi piace pensare che non lo intendesse, che gli sia solo uscita molto male—che fosse da tenere in considerazione come una bambina violentata e uccisa in Campania fosse "truccata e conciata" in modo non consono alla sua età.

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Poi ci sono le donne che parlano dei calzoncini troppo corti sui media: alcune la considerano una mera questione di divario estetico—loro lo fanno per dimostrare che se lo possono permettere, mentre noialtre no—per poi arrivare alla conclusione che "comunque, non è nemmeno così esteticamente bello" vedere la piega tra coscia e gluteo. E qui, ma non c'è bisogno di spiegarlo, si apre tutto un capitolo sulla sindrome da vorrei ma non posso, e allora se non posso fa schifo.

Ma soprattutto, e questo mi preoccupa, ci sono le donne che sanno che non possono buttarla tout court sul "se ti vesti così ti violentano"—perché anni di lotte politiche, e la battaglia sulla legge dello stupro che solo a fine secolo scorso è stata vinta, e l'emancipazione—e allora la buttano sul fatto che la minigonna almeno era una cosa politica. Obiezione alla quale, tra l'altro, verrebbe da rispondere: ma se adesso non possiamo mettere i pantaloncini corti—quanto corti vogliamo—per cosa l'avete fatta la lotta politica?

Altre ancora la buttano sul senso materno, come nel caso di quest'ultimo articolo: "più che la donna scandalizzata a preoccuparsi è stata la madre, persino anche un po' intenerita" nel vedere una ragazza goffa che "qualcuno glielo poteva dire che non stava bene"—e che in realtà è solo una punta dell'iceberg di un'intera generazione di "nuove ragazze: [che] se ne vanno in giro per casa in slip e reggiseno senza problemi alcuni, 'sto scialla mamma', ecco così rispondono."

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Che si tratti di un articolo con un intento x o y, dove vanno invariabilmente a parare tutte queste opinioni supposte non moraleggianti? Sul fatto che basta qualche centimetro in più. L'articolo di stamattina si conclude per esempio così: "che le pieghe dei glutei siano la misura: mai sopra!," e così si sono conclusi molti articoli prima di questo. Quindi quella ragazza in metropolitana è rea di aver contato male i centimetri: sarebbe stata meno goffa, meno esteticamente sgradevole o anche più al sicuro dalle aggressioni con qualche centimetro in più? A me pare che il sotteso di questi articoli sia sempre lo stesso: se metti i pantaloncini corti stai lanciando un messaggio sessuale chiaro, che tu lo sappia gestire o meno.

E allora via con i consigli della madre surrogata alle ragazze che lo inviano inconsciamente, via con le libidini al parco, via con la competizione tra cavalli a chi ha le gambe lunghe e se lo può permettere e chi no.

Io ho una proposta: che la smettiamo con il "non sono moralista ma…" e se proprio non ce la facciamo a smettere, che parliamo d'altro.

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