L’etichetta berlinese PAN ha da poco pubblicato Blaster), l’ultimo album del musicista newyorkese James Hoff. Blaster esplora come la musica elettronica possa essere contaminata e modificata dai virus digitali: il titolo è ispirato a Blaster, il worm che nel 2003 ha infettato in pochi giorni quasi mezzo milione di computer con sistema operativo Microsoft.Un lato di Blaster è il risultato di questa infezione su una drum machine Roland 808, l’altro lato è una raccolta di sample “infetti” a disposizione degli altri musicisti. Se introdurre l’errore nel processo compositivo è una tecnica comune della glitch art, in questo caso si tratta di un procedimento diverso: Blaster è un virus, ovvero un codice scritto “bene” e con chiari intenti di attacco e penetrazione.“Come l’arte, i virus hanno bisogno di un ospite. Se possibile, molto popolare” dice James Hoff.Programmato per infiltrarsi e replicarsi viralmente, il suono di Blaster prende forma in questo video ipnotico e in una copertina realizzata a partire da un’immagine monocromatica, stravolta digitalmente dall’intervento dello stesso virus.James Hoff, Stuxnet No. 2 (2014)