C'era un momento in cui Frah Quintale faceva hip-hop vecchia scuola: stava a Brescia e rappava nei Fratelli Quintale, con cui aveva un discreto successo. Poi è successo che il rap è diventato qualcosa di diverso e lui, accorgendosene in tempo, è diventato uno degli artisti di punta di quella cosa che chiamiamo itpop, o indie pop, o rap melodico. Fa musica tristolina, Frah Quintale, riuscendo nell'impresa a lungo creduta impossibile di passare in radio a ripetizione e fare costantemente sold-out coi live, nei circoli e ai festival.
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Il suo primo lavoro solista è Regardez-Moi, un lavoro personale e intimo che chiede, appunto, “guardatemi” come fosse un autoritratto in musica. Frah usa un linguaggio pulito e immediato, di una semplicità quasi infantile. Le situazioni descritte sono più o meno sempre chiare e si alternano fra una canzone e l’altra con variazioni minime, senza brillare per originalità. E di che si parla? Ovviamente d'amore, con un bizzarro misto di malinconia e menefreghismo. È come se Frah si guardasse sempre alle spalle, ripensando al passato con un forte spirito di accettazione - la penultima delle fasi del lutto, quella che precede la speranza.Da mixtape e date nei localini a riempire il palco del MI AMI, Frah Quintale con Regardez-Moi ha fatto parecchia strada. Il segreto secondo me sta nei suoi testi, e nel modo che ha trovato per parlare d’amore e della sua vita.Quella di Frah Quintale è musica che nasce dal rap, e si sente. Nonostante affronti temi più personali di quelli che tendiamo ad associare all'hip-hop vecchia scuola, il suo stile è asciutto e telegrafico. Il perfetto contrario di Calcutta, forse il primo artista a cui pensiamo quando si tratta di musica italiana che parla di sé e d’amore. Riassumerei il senso di Regardez-Moi con "mi sto scoprendo per parlarti di me, quindi guardami": un auspicio che può avverarsi solo se basato su un linguaggio semplice.
Come funziona un linguaggio immediato ed efficace: “8 miliardi di persone”, “Gli occhi” e “Cratere”
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L’immediatezza della scrittura di Frah riflette quella di una comunicazione fatta di messaggi brevissimi in cui non c'è spazio per l’ambiguità e si cerca di andare al sodo il più velocemente possibile. "Dove sei? Stavo cercando di vederti in mezzo a tutta questa folla" ripete in “8 miliardi di persone”. È come un bambino che perde i genitori al supermercato, in un certo senso. Qui, però, nessuno si è perso. Anzi, chi se n’è andato probabilmente ci pensava da tempo e non ha nessuna intenzione di tornare indietro: "E se ti stringo forte i polsi è solo per tenerti qui / Per vedere se sei ancora viva quando sei fredda". Ed ecco la conclusione: "E poi finisce sempre così / non ci si vuole più bene”, dice, con un linguaggio quasi infantile.Frah è molto onesto ed efficace ne “Gli occhi”, nella quale fa una sorta di ammissione di colpe dopo la fine di una relazione: "Perché ho i sogni molto più grandi del cuore […] e io dovevo andare anche se non so dove / e ora tu mi starai dando dell’infame”, dice alla persona che ha lasciato per trasferirsi. È una continua confessione di sensi di colpa e paure: “e ho il terrore del tuo letto, che ci sia già dentro un altro / che ti sia sceso l’effetto della droga che ti davo io”.Poi ci sarebbe “Cratere", la storia di una storia finita. Frah la racconta attraverso la metafora di un cellulare rotto, che rappresenta l’impossibilità di comunicare quando ci si lascia (o la necessità di lasciarsi quando non si riesce più a comunicare e a capirsi). Apre il pezzo con "Ho rotto un altro cellulare, capirai che sfiga / Tanto ormai non ho nessuno da chiamare": avere un telefono non mi serve a un cazzo se non posso chiamare te, perché l’unico contatto che voglio avere con il mondo sei tu. È la versione millennial della dichiarazione di Catherine su Heathcliff in Cime Tempestose: “Se tutto il resto perisse, e lui rimanesse, io continuerei a esistere; e se tutto il resto rimanesse, e lui perisse, l’universo mi diverrebbe estraneo”.
Sembra non esserci sollievo – non c’è – per chi si è mollato ed è distrutto: "Ho rotto un altro cellulare ma il tuo numero lo so a memoria / E posso cancellare una rubrica intera ma non questa storia". Resta che questa potrebbe essere LA soluzione definitiva per riuscire allo stesso tempo a distaccarsi dai propri possedimenti terreni e provare a superare una rottura: spaccate il telefono e forse vi sentirete meglio, se non avete già imparato il numero a memoria. Sottoni.
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Parlare della provincia senza mai nominarla: "Avanti / Indietro"
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