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Musica

La Guida di Noisey a Gianni Drudi

Facciamo Fiki Fiki insieme all'autore di alcune delle composizioni più imbarazzanti della musica italiana.

Gianni, non solo un grande cantante, ma anche uno che ci sa davvero fare con il porco.

Avendo passato la mia adolescenza a incoraggiare una politica di crescita demografica tra i miei Sims al grido di “fiki fiki” era abbastanza prevedibile che sarei approdata, o meglio sarei precipitata, nel mondo inquietante della discografia di Gianni Drudi.

Voglio quindi condurvi per mano alla scoperta della filosofia del nostro Drudy, che tratta temi scottanti della società moderna quali l’importanza della preservazione dell’ecosistema terrestre (la sua discografia propone costantemente il tema animale—tra foche, uccelli e pinguini è come se fossimo catapultati in una gang bang del Fantabosco—l’importanza dell’igiene personale e persino i drammi della prostituzione). Effettivamente se vedessimo quest’epitome della sensualità sul ciglio di una strada, la prima cosa che ci verrebbe in mente sarebbe di chiederne le tariffe, non di chiamare Mistero per un avvistamento del maligno. Lungi da noi.

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La “carriera” “artistica” di Drudi ebbe inizio a metà degli anni Ottanta con il primo singolone "Come Stai", un inno al romanticismo che mai avrebbe potuto preannunciare la sua successiva svolta decadentista per cui nel giro di pochi anni lo troviamo a imperversare nei villaggi Valtur di tutta Italia, allietando le vacanze dei migliori cervelli della Penisola. Cerchiamo dunque di capire che cosa (CHE COSA?) di un siffatto individuo ha fatto sì che il suo programma televisivo venisse trasmesso in 233 canali italiani (fonte: il suo agghiacciante sito ufficiale) e che le sue canzoni rimanessero marchiate a fuoco nella storia della musica italiana.

Gianni sul set del video di "Prendi la Pecora"

Bene. Passiamo ora a discutere le sue canzoni di maggior successo, in modo da individuare gli elementi fondanti del pensiero drudiano.

Inizio la mia ricerca sul personaggio angosciante che è JD su Youtube. Il primo video che mi salta all’occhio è “Il cantautore Gianni Drudi presentato da Andrea Diprè”. Solo alla vista della faccia pallida e sudata dell’illustrissimo professore il pranzo appena deglutito si ripropone con prepotenza. L’ho sempre detto che il tempismo non è il mio forte.

In questo video il grande artista ci delizia con una versione internazionale di "Fiky Fiky", per essere più precisi in francese. Innanzitutto voglio ringraziare il nostro Drudi per aver esportato il meglio della musica italiana, soprattutto considerando che i francesi già hanno un'altissima opinione di noi italiani. Sorprende però considerevolmente il fatto che i suoi ultimi due neuroni siano stati in grado di entrare in collisione creando questa fatica filologica. Chi l’avrebbe mai detto che Drudi potesse essere un fervente studioso di glottologia e linguistica comparata? Effettivamente ora che ci penso la lingua e la sfera delle attività orali sono un fil rouge della sua opera musicale.

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“Fiki Fiki,” successo dell'A.D. 1988, rimane ad oggi la punta di diamante nella discografia di quest’ugola d’oro romagnola. Un inno alla copulazione indiscriminata, questa “canzone” sta alla musica italiana esattamente come Calderoli sta al Senato. Nel senso che sarebbe meglio se non ci stesse proprio. Drudi anche qui ci regala immagini di inaudita eleganza. L’approccio con l’amata che vorrebbe "fikkare" ha lo stesso livello di articolazione verbale di un corteggiamento tra oranghi. “Ehi, ci stai, fiki fiki con me, facciamo fiki fiki insieme?”

Un un pezzo che mi tocca particolarmente è “L’Uccello”. Anche io ho un uccello molto bello. Si chiama Betty, è una calopsita. Lei però non canta per le passerine, purtroppo appena vede altri uccelli si spaventa e inizia a sbattere freneticamente contro i vetri. Notiamo in questa canzone il senso di inadeguatezza di baby D dovuto al fatto di non possedere un cane o un gatto, ma un uccello. So cosa provi, Drudi. Forse è per quello che una quarantina d’anni dopo lo troviamo così disturbato. Quanto pagherei per assistere a una sessione di psicanalisi tra Freud e Gianni, con quest’ultimo che intona la Danza Del Culetto con fare mellifluo.

Discutiamo ora “Com’è Bello Lavarsi”, che come ho accennato sopra promuove l’importanza della pulizia personale. Vedendone il mullet che ricorda una versione svuncia di David Hasselhoff inizio a nutrire seri dubbi sulla sua igiene, ma voglio comunque dare un po’ di fiducia al nostro autorevolissimo menestrello. Tralasciando il fatto che la melodia d’apertura ricorda la serata disco del circolo per anziani di Casalpusterlengo, prestiamo attenzione all’attento gioco stilistico del testo. Sappiamo già che il nostro Drudle combatte a spada tratta contro le banalità—chi in fondo sarebbe stato capace di perseguire l’ilarità generale a suon di battute ambigue a sfondo sessuale?—ma qui oltre alla banalità vuole combattere anche il principio di consequenzialità della mente umana, sgambettando le formularità cui ci ha abituato il dolce stil novo con le sue bidimensionali rime baciate. Qui c'è il dada, qui c'è l'artista che rompe gli schemi, il Duchamp della musica. Per farla breve, l'ascoltatore medio viene fregato da “Sul lago di Caiazzo voglio lavarmi il…” E invece no, dice piede, menti perverse! E ancora: “Sul lago di Gargiulo voglio sciacquarmi il…” naso, ragazzi, dice naso, stiamo tutti calmi. Grande JJ, ha chiamato Cicerone per chiederti lezioni di retorica.

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Godiamocelo qui mentre ci mostra come si dovrebbe svolgere una corretta routine di igiene personale. Poi rimane in slip e ci ricordiamo subito perché la cura della persona andrebbe sistemata a casa, in privato. LONTANO DA OCCHI INNOCENTI.

Stiamo procedendo a passo sostenuto verso il climax discografico del nostro Gianni. È un po’ come la Divina Commedia con lui, bisogna prima affrontare i momenti più bui per poi arrivare alla grazia. Purtroppo però la carriera di Drudi è una tenebra unica, una sorta di Medioevo post-moderno.

Parliamo quindi di “Tirami Su La Banana, Col Bacio”. Mai un titolo è stato più criptico. Ho dovuto chiamare a raccolta tutta la mia capacità d’analisi per afferrare l’arcano messaggio contenuto nel testo. Alla fine ci sono arrivata: si affronta qui il tema della caducità delle cose. “Quattro leccate, poi tutto va giù”. Hai centrato perfettamente la questione Drudz. Tutto cade, tutto perisce, anche le banane. Lo diceva persino Seneca in fondo. Zitto zitto, il bistrattatissimo Drudy ci ha sbattuto in faccia il vero malessere della società moderna e consumistica. Che uomo, che mente. Che schifo.

Abbiamo chiamato in causa gli oranghi e uccelli, prendiamo dunque in esame il bestiario non proprio nascosto dei testi di Gianni.

Cercando video de “Il Ballo Del Pinguino” su Youtube noto con raccapriccio che questa canzone è diventata un tormentone da villaggi turistici, specialmente tra i più piccoli. Per fortuna qui sembrerebbe non esserci alcun doppio senso evidente, sebbene l’immagine dei marmocchietti ingenui che ballano al suono di “piedino, bacino” mi disturbi non poco.

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Ecco infatti un video report degli effetti disastrosi della musica di Drudi sugli avventori della colonia estiva di Castellamare di Stabia featuring IT, il pagliaccio che ha tormentato la mia infanzia.

Le cose vanno molto diversamente in “Prendi La Pecora” (2009), che inizia come un porno per gente con fetish animaleschi. Animaleschi, più che altro per la presenza di Drudi. Consci che un porno con Drudi sarebbe ben peggio di una sua canzone, procedo all’ascolto e alla visione con una disposizione mentale abbastanza favorevole. La pecorina che incontra un montone non può in alcun modo dare adito a interpretazioni sessuali, e non ho troppe difficoltà ad immaginare una riproposizione da parte dei nani malefici del Coro Dell’Antoniano.

“Mi piace la foca”, che esordisce con schitarrate richiamanti le peggiori cover band dei Van Halen, vede invece il Drudo svegliarsi con la penna dell’alpino sull’attenti, in preda all’entusiasmo per il suo animaletto prediletto, la foca. Il tutto è intervallato dal miglior coro gospel della Bergamasca. Preferirei non soffermarmi troppo perché ho il presentimento che il mio computer potrebbe vomitarmi l’hard disk addosso. Si tocca anche la sfera dell’esotico con la canzone “La pantera”, che giusto per omaggiare la varietà parla di una bella gnocca. Tenendo a mente che la gnocca in questione è definita “bella” da Mr. Abbello de notte, me la immagino con un terzo occhio e le gambe a sciarada.

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Ecco quindi srotolato davanti ai vostri occhi il boschetto della fantasia di Drudi (anche questa descrizione suscettibile a doppi sensi, ahimè) e il fottio dei macabri animaletti che, ahimè, lo abitano.

Tra caducità, zoologia spicciola e degrado antropologico siamo giunti, con immensa gioia del mio apparato visivo e digerente, alla fine di questa surreale rassegna musicale. Il nostro Drudle, che quanto a talento e sex appeal ha qualcosa da invidiare solo a Fabio, oggi si trova incatenato in una caverna della Romagna, e se mai questo articolo vi avesse fatto venire voglia di andare a trovarlo per un po’ di sano fiki fiki, sappiate che è consigliabile non bagnarlo né nutrirlo dopo la mezzanotte, altrimenti il suo infido mullet vi assalterà e l'unico modo per sopravvivere sarà strapparsi via le orecchie.

Ciao!

Giulia è una fan della prima ora di Gianni Drudi, anche se per tutto l'articolo ha tentato di nasconderlo. Seguila su Twitter: @Giuls990