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Musica

Freddie Gibbs: Adesso tocca a me

"Se non ti evolvi, devi andare a fanculo." Freddie Gibbs ci ha parlato di gangsta rap, autotune, Future e Drake. E del suo nuovo album autoprodotto.

Foto di Andreas Brauning

Nel rap, non c'è major che non si mangia le mani per quello che Freddie Gibbs sarebbe potuto essere con un contrattone alle spalle, e che invece è diventato per conto suo. Pure lui lo sa. Dopo anni e anni di fatiche nella misera e desolata città di Gary, in Indiana, si è trasferito nella città del bel tempo, delle belle donne e della buona droga per firmare un contratto con Interscope. Quando poi è rimasto appiedato, non se ne è tornato nel Midwest. È rimasto a L.A, ha diffuso per l'Internet un torrent contenente prodigiosi mixtape e poco a poco è diventato uno dei più acclamati rapper di successo degli ultimi tempi, questa volta da indipendente.

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Il suo ultimo album, Shadow of a Doubt, è uscito pochi giorni fa per la sua label ESGN. Dire che si tratta dello stesso Gibbs incontrato nel corso della sua lunga e prolifica carriera di dieci anni, equivarrebbe a non aver ascoltato bene. I temi sono gli stessi, più o meno—donne, droga, violenza e soldi—ma mittente e destinatario sono cambiati.

“Volevo fare qualcosa che potesse essere o amata o odiata dalla gente,” mi ha spiegato, aggiungendo che gli piacerebbe essere visto, a fine anno, come un fenomeno alla Future e Drake. “Vanno bene sia feedback positivi che negativi." E a questo fine il suo nuovo rap è sensibilmente più melodico, il suo extrabeat del Midwest infinitamente più fluido e il flow più variegato (vedi: “Fuckin’ Up the Count”); in pezzi come “Careless”e “Basketball Wives,” il suo canticchiato è così irresistibile che lo si scambia praticamente per il quinto membro di Bone Thug-N-Harmony. Rimandi alle introspezioni contenute in Piñata, album dell'anno scorso prodotto da Madlib sono presenti sì, ma qui il rimorso è stato ampiamente sostituito da un livello di swag che manderebbe a casa anche Soulja Boy. Tutto questo, di fatto, ha contribuito ad espandere i confini del gangsta rap. Come se Gibbs e la sua cerchia di producer—ma pure l'ingegnere e collaboratore di vecchia data Sid “Speakerbomb” Miller—avessero scoperto una galassia tutta nuova, fatta di nuvole di THC.

A inizio settimana scorsa, Gibbs è passato dai nostri uffici a Venice, California. Nonostante avesse un ciondolino di Gesù al collo e in tasca una busta piena della sua nuova erba certificata, la Freddie Kane OG, è arrivato sano e salvo ed è riuscito ad aggirare gli sbirri. Rilassato ma determinato, Gibbs ha riso e scherzato con una frequenza quasi disarmante, vista l'aria corrucciata che ha sempre quando rappa. In certi momenti le sue risposte hanno sviato tutto verso tangenti di ilarità senza fine, ma ciò che conta è che le parole “off the record” non sono mai state pronunciate. Non c'era nessuna major a obbligarlo a farlo. E comunque a Gibbs sarebbe fregato poco lo stesso.

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Noisey: Sei appena tornato da Chicago, giusto? Com'è andata?
Freddie Gibbs: Fico. Mi piace sempre tornare a casa a Gary e a Chicago, stare là e farmi inondare da tutta quella energia. Prima tornavo abbastanza spesso. Con i ritmi che ho ora non ho più tutto quel tempo. Ma ogni volta ritrovo i miei amici di Gary ed è splendido, quasi essenziale per fare musica. È come immergersi un attimo nel fango e sporcarsi per bene e farlo apposta. Quando ne esci sei più in grado di scuoterlo via di dosso e di applicarlo alla musica.

Quando sei tornato a Gary, che ne hai pensato della città? Era uguale a quella che hai conosciuto da piccolo? O è cambiata?
Ogni volta penso sempre che sia in atto un inesorabile deterioramento della città—vedi i morti in aumento, le attività commerciali in fallimento e le case abbandonate. Sta morendo tutto, e lentamente. I miei amici non ci possono fare niente. Non c'è lavoro e le condizioni di vita sono pari a quelle di un paese del terzo mondo.

Credi che la vicinanza di Gary con Chicago sia stata parte della motivazione per cui hai puntato gli occhi su rapper come Twista e Do or Die?
Certamente. Sono cresciuto ascoltando questa gente. Erano gli unici veri rapper della zona. Do or Die, Twista, Bone Thugs-N-Harmony, tutti loro hanno decisamente influenzato la mia musica. Mentirei se lo negassi.

Qual è la tua canzone preferita dei Do or Die?
Madonna, ce ne sono un sacco. “Picture This.” Me ne piacciono davvero troppe, però. Tutto quello che facevano o dicevano trasudavano era splendidamente rappresentativo di Chicago, in quegli anni. Allo stesso tempo era come se la musica di Chicago cercasse di distanziarsi da quel fenomeno. Niente di questo riaccade nella musica che NON è di Chicago. Kanye ha incarnato un po' questo tipo di fenomeno, ma mai a livelli comparabili con quelli dei miei tempi.

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Mike Dean, che ha prodotto l'ultima traccia dell'album (“Cold Ass Nigga”), in effetti, ha pure prodotto alcune robe dei Do or Die. Ha lavorato per un altro bel po' di uscite Rap-A-Lot. È per questo che l'hai voluto nel tuo team?

Decisamente sì. Il modo che ha di registrare, i suoni che usa, la sua conoscenza musicale—avevo bisogno di qualcuno così attorno a me, così che potessi percepire e far tesoro di quell'energia in musica. Sono bastate un paio di sessioni con Mike per sciogliermi definitivamente. Sapevo già di poter fare rap in quel modo, ma quando ho cominciato a lavorare con Mike è stato ancora più semplice. Come se tutto ciò che avevo fatto fino ad allora fosse stata una preparazione a quel momento. A questo momento. Mai sentito più competitivo.

Hai mai trovato un beat troppo complicato da rapparci su?
Ce ne sono un sacco. Ma non posso davvero dire che è difficile, magari sono solo io che in quel momento non mi ci trovo. Tutto l'album con Madlib è stato complicatissimo da scrivere. Non so quanti altri l'avrebbero potuto fare. È stato come mettere insieme i pezzi di un puzzle. Credo che dica molto su di me, nel complesso.

Qual è il miglior disco rap dell'anno, secondo te?
Drake, senza dubbio. La roba con Future ha spaccato. Sono tipo tutto quello che si potrebbe chiedere dalla musica. Sono i migliori a farla, basta. Ne sono più che certo. Però mi piace anche il modo che ha Young Thug di assemblare le sue melodie. Ha un flow bello preciso.

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Non so, ci sono un sacco di rapper neri in giro. Prima ero in macchina e mi ascoltavo Tory Lanez. Pure lui mica male.

A questo punto della tua carriera immagino tu possa lavorare con qualsiasi producer tu voglia. Perché hai scelto proprio quelli che molti vedono come "sconosciuti"?
Mi piace costruire qualcosa dalle fondamenta. Magari adesso per te saranno sconosciuti, ma dopo l'uscita del disco la gente li fermerà per strada, molto probabilmente. Succede a molti. Mi ricordo quando nessuno conosceva Lex Luger. A loro piace, perché poi svettano in cima al resto del mondo senza che manco se ne rendano conto. È così che vanno le cose.

Il suono della musica diventa sempre più giovane, anno dopo anno, uno si deve tenere aggiornato. Non puoi arrivare a un punto della tua carriera in cui senti di aver superato quella necessità. Devi startene abbassato con un orecchio sulla strada e uno sulla gioventù. Ci sarà sempre qualche pischello al computer chiuso in camera o in studio, che ti tirerà fuori il beat della madonna, dal sound giovane, appunto. Devi rendere merito ai giovani, quando si tratta di scegliere i migliori beat in circolazione. Non puoi fissarti su un suono stagnante, uguale a se stesso da sempre. younger every year, so you have to move with the times. You can’t get to the point in your career where you feel you’re above that. I feel like you have to keep your ear to the streets and your ear to the youth. There’s always a young guy that’s in his room on his computer or in the studio making those beats with a young sound. You have to cater to the youth when picking these beats. You can’t keep a stagnant sound. La roba di Tarentino [degli 808 Mafia] era perfetta per essere fatta pure con il resto dei ragazzi.

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Anche lui, Tarentino, è un grande. È del mio quartiere. La gente pensa sia di Atlanta, ma è di Gary. Ci sono un sacco di rapper di Gary che se ne stanno nella penombra. Allora rompo il ghiaccio dicendo "Ehi, anche io sono di Gary." Una volta a Chicago ero in mezzo a tutta gente di Gary che entusiasta mi picchiettavano sulla spalla solo per dirmi, "Sono di Gary."

Dato che hai parlato di età, tu fai rap dal 2004. Come hai fatto a invecchiare così serenamente e in pace col mondo?
Non mettendo mai a rischio la mia integrità. Ho sempre voluto essere sul pezzo liricamente, senza mai far prevalere la pigrizia. Da sempre ho dato ascolto alla strada e ai giovani, come dicevo, e negli anni è stata una tecnica che ho affinato. Sono cresciuto in un'epoca storica in cui bisognava avere contatti e contratti con etichette importanti per starsene seduti da qualche parte a fare un'intervista come questa. Dovevi aver firmato per qualcuno. Credo che molti abbiano fatto come me ed è come se non me ne sia riconosciuto ancora il merito.

Non ho mai avuto singoli o dischi mega hit, nella mia carriera. Non sono neanche mai stato a un reality. Non ho mai fatto niente che potesse annoiare o schifare la gente. Non fino ad adesso. Tutto quello che ho fatto è sempre stato underground. Mi spiego, è come se avessi scopato fino ad ora, ma ancora non sia venuto. Come se continuassi a scopare [avvicina le mani], e il mio cazzo rimanesse duro a vita. Non so neanche se è il caso di venire o meno. Quando un rapper nero arriva all'agognata major, ci pubblica un singolo o un disco intero, è molto difficile andare avanti. Ci metti più di trenta secondi per farti tornare il cazzo duro e continuare a scopare come si deve. Io sono uno che ha continuato a scoparsi la stessa tipa per tutto questo tempo senza essere mai venuto. Non ne posso più. Molti vengono troppo velocemente e fa schifo lo stesso. Mi ricordo di quando ero su Interscope, e un sacco di artisti facevano uscire pezzi nuovi uno più bomba dell'altro, e io semplicemente li invidiavo. Adesso tocca a me. È questo il motivo per cui dovete rimanere umili e coerenti, nella vita.

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Credi che sia la coerenza ad aver fatto la differenza per tutti i rapper che dimostrano di apprezzarti e rispettarti anche oggi? Provengono da contesti diversissimi, e questo fa riflettere.
Sì. E nessuno di loro può comunque fare meglio di me [Ride]. Mi sento una specie di libro antico. Un sacco di pagine non sono mai state neanche lette. Molti compagni lo ritengono divertente. Ultimamente mi sono dato alle stronzate su Snapchat e Instagram. Alla gente piace. Ho dato il mio listening party e tutti hanno creduto fosse uno sketch comico televisivo. Be', ero bello sbronzo. Quando mi sbronzo non so mai come andrà a finire. Disastro assicurato.

Canti molto di più nel nuovo album, almeno molto più di quanto hai fatto in passato. Com'è che hai deciso che saresti stato fiducioso abbastanza da metterti a cantare?
Cantando in doccia. La mia doccia conferisce ai suoni un riverbero naturale che mi ha sempre affascinato. Ho iniziato a farci esperimenti e cagate varie. Mi dicevo, "Stasera vado in studio e provo a farci qualcosa." La traccia che nell'album si chiama “Basketball Wives,” ero mega sbronzo quando l'ho registrata. Eravamo in studio che parlavamo di tipe e a un certo punto ho detto, "Adesso entro e ci faccio una jam, sticazzi." Non era manco rap, pensa te quanto potevo essere annoiato.

Dopo Piñata, sapevo che sarebbe stato difficile trovare altri stronzi più bravi di me a rappare. Mi preoccupavo di cose tipo “Oh cazzo, devo essere IL MIGLIORE in questo pezzo," o "Devo avere i migliori testi." Lo sapevo già di essere tutto questo. Non mi serve una placca di platino sul disco o il ricnoscimento di una label per saperlo. Lo so già, tecnicamente, di essere tra i migliori cinque del mondo intero. Quando ho messo in piedi il progetto SOD uno dei vantaggi era essere svincolati da queste regole. Ero libero e basta. Non ho mai più dovuto fare i conti con questi principi. Arrivavo e spingevo la mia roba più che potevo senza troppe seghe mentali.

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Credi ci sia troppa gente che canta nel rap, oggi?
No, assolutamente no. Anzi, c'è stato un punto, nel rap, in cui il rap era bello saturo di quell'atteggiamento rapper autoreferenziale che adesso tutti danno per scontato. Gran parte di questa attitudine si è radicata irreversibilmente nella musica di oggi. Anche la melodia non è niente di nuovo. Pimp C già inseriva elementi melodici nel suo rap, decenni fa. Infatti Pimp C è nella mia personale top 5 di rapper del mondo, vivi o morti. Molti stronzi non si sognano di inserirlo in nessuna classifica, ma io ce lo metto perché fare un pezzo rap è molto più di quello che si crede. Tanti creono sia questione di testi. Come quella top ten appena uscita non so ove. Pimp C può anche non essere tecnicamente infallibile come Black Thought, ma evoca lo stesso tipo di emozioni in me, quando rappa, o quando tira fuori versi come “I got a baby, but his momma act like he ain’t mine.” Ti scalfisce il cuore a vita, non tanto per le parole o per la tecnica adottata, ma per il sentimento che ti procura e l'energia che ne scaturisce. Ci sono tanti parametri di cui tener conto, se si vuole stabilire il miglior rapper di sempre. Per come la vedo io, ci fissiamo troppo su chi è il miglior liricista. Questo perché ce l'hanno insegnato quelli di New York. La verità è che è tutto molto più profondo e complicato dei testi e basta.

Cosa pensi del ritorno di T-Pain?
Adoravo T-Pain ai tempi e lo adoro anche adeso. Non credo gli sia stato dato tutto il riconoscimento che si merita. Quando sei la prima persona a fare qualcosa, non sempre ti viene riconosciuto. È un pioniere. Ha praticamente trasformato la voce dei rapper in strumentali. Come Future oggi, ha fatto la differenza. È una forza della natura perché la sua voce è come quella di una chitarra, o qualcosa del genere. Oggi il rap è praticamente dancehall.

I ritmi sono relativamente gli stessi, ma il taglio finale è diverso.
Esattamente. Molti credono di fare rap, ma non si accorgono di trasudare melodie peggio dei neomelodici. E pure l'uso dell'autotune è bello peso ormai. Uno che ha apportato tanta innovazione nel rap è stato Drake. Un sacco di parametri nuovi stanno influendo molto sulla piega che sta prendendo il rap ultimamente. Non mi sto incazzando eh, sto solo constatando. Mi piace. Sento che mi è affine. Tutti gli sfigati che se ne lamentano invece sono solo vecchi rincoglioniti impossibilitati a guardare più in là del loro naso. Mica si scherza qui, lasciamoli al loro schifo. Se non sai evolverti devi solo andartene affanculo.

Pensi che il gangsta rap rivestirà ancora un ruolo nella musica?
Finché ci sono di mezzo io sì. Gente come me mantiene alto il livello. Ci sono ragazzini per strada che parlano di cose che non hanno mai fatto e che mai faranno, suona ridicolo. Quelli come me riescono ancora a mantenere il livello tollerabile. Ho sentito che Trick Daddy, in un'invervista l'altro giorno ha detto, "Come un rapper si mette a rappare di soldi, ecco che diventa ricco." Stronzate. Quando ho cominciato io, col cazzo che era così. Non ho mai parlato di soldi nei miei pezzi, e non ho intenzione di farlo. Forse sto davvero arrivando al punto in cui potrei anche parlare di macchinoni stranieri e cagate del genere, solo perché lo fanno tutti. Ma mi sembra stupido. Voglio far vedere a tutti questi coglioni che nei miei dischi c'è qualcosa di diverso.

Vorresti un futuro in cui negli Stati Uniti non sussistano più le circostanze che permettono l'esistenza del gangsta rap?
Mmmh…no [ride]. Come sarebbe il mondo senzaScarface? Deve esistere una qualche condizione di sofferenza con cui lottare. È quello il bello. Questo paese è stato costruito con la corruzione, con il sangue dei poveri e degli schiavi. Non ci sarà mai un cazzo da festeggiare, per questo. Fintanto che sarà così scorretto, avremo sempre motivo per ribellarci con la nostra musica. I neri sono così ancora così discriminati che pensarci fa solo incazzare. Non possiamo neanche fare le robe più semplici, come mettere da parte un po' di soldi e fare business come fanno tutte le altre razze del mondo, qui in America. È di questo che vorrò sempre parlare nelle mie canzoni, mano a mano che cresco. Cronaca sociale, come direbbe Pimp C.

C'è una traccia nel disco che si chiama “Freddie Gordy”, dove mi apro completamente. Dico qualcosa sulla mia vecchia dipendenza da sostanze. Mi sono drogato davvero un sacco in passato, Codeina, Xanax, Ossicodone, e tutta quella merda lì. Mi imbottivo le canne di quella merda. Oppure cocaina. Nominami una droga qualsiasi e io l'ho provata. “Freddy Gordy” è il nome che davo al cocktail di droghe che mi facevo fuori quotidianamente ai tempi. Mi guardavo allo specchio e mi chiedevo "Sei un tossico buono o un tossico cattivo?" Potevi vendere un bel quantitativo di crack, ma poi quei soldi li ridavi indietro a chi ti vendeva le paste e tutti gli altri magici ingredienti che ti tenevano in piedi. Tutti quelli che si bullano di aver venduto una roba, ma poi ci sono sotto con altre sei droghe diverse, be' diciamo che non credo che facciano tanti soldi. Se ti fai un po' di conti puoi vedere chi sono gli stronzi che parlano troppo. Personalmente, non mi metto mai sul piedistallo, non sono un predicatore. Preferisco coinvolgere chi mi ascolta e fare in modo che si senta vicino alla mia lotta.