Questi potrebbero essere i sette videogiochi migliori del 2016
Immagine da 'Fire Emblem Fates'.

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Questi potrebbero essere i sette videogiochi migliori del 2016

Tra giochi soltanto provati, giochi che mi hanno portato a fare le tre di mattina o a rovinare interi weekend, ho cercato di creare una selezione dei migliori tra quelli nei quali mi sono imbattuto in questi sei mesi.

Perché sette? Non c'è una ragione precisa, ci sono semplicemente io che non ho voglia di stare qui tutto il giorno a sfinirvi mentre parlo di tutti i videogiochi a cui ho giocato nella prima metà del 2016. Ovviamente è fisicamente impossibile giocare a tutti i titoli disponibili, ma nel corso degli ultimi sei mesi ho sinceramente provato a far passare il maggior numero di essi davanti ai miei occhi, per quanto mi fosse fisicamente possibile.

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Così, tra giochi soltanto provati, giochi che mi hanno portato a fare le tre di mattina o a rovinare weekend che sembravano perfetti per lavorare, ho cercato di creare una selezione dei migliori tra quelli nei quali mi sono imbattuto. Probabilmente non sarete d'accordo. È normale. Non perdete tempo, però, a scrivere "dov'è questo? dov'è quello?" nei commenti. Se non è in questa lista, o non mi è piaciuto o non ci ho giocato.

UNCHARTED 4: FINE DI UN LADRO Se per gli aficionados la grande esclusiva Playstation di questa prima metà del 2016 ha rispettato bene o male le aspettative—arrampicate su palazzi di rilevanza più o meno storica e successiva contemplazione dei suddetti palazzi che crollano, proiettili esplosi direttamente in faccia a ignoti, Nate che fa brutto agli NPC—, Uncharted 4 si colloca a una distanza sufficiente dai precedenti capitoli così da rappresentare un ottimo punto di partenza per i neofiti di Sony. È il miglior Uncharted di sempre? Forse, ma sarei felice di ascoltarvi qualora voleste sostenere Il covo di ladri. Quel che è certo è che Fine di un Ladro ci regala alcuni dei momenti più mozzafiato dell'intera saga. Ma offre anche momenti più intimi, scene tranquille di interazione tra personaggi senza pistole che dimostrano il gran lavoro di casting di Naughty Dog. Per due terzi della sua (un tantino eccessiva) durata, è un ottimo action game tripla A dei giorni nostri, nonché il videogioco graficamente migliore su PS4.

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FIREWATCH

Nonostante i problemi tecnici e prestazionali che ne hanno condizionato il lancio, Firewatch, opera prima dello studio Campo Santo di base a San Francisco, è il gioco più immersivo dell'anno, con una narrazione molto letteraria. Tu sei Henry, e Henry non sta passando un bel periodo, ultimamente. Fugge per un'estate nel Wyoming per fare il guardiaboschi e lì "incontra"—solo via radio, mai di persona—Delilah. I due personaggi, doppiati splendidamente, condividono storie, solidificando il loro rapporto a distanza e flirtando. Si tratta di un vero rapporto tra due esseri umani sensibili davvero ben definiti, che diventa più intimo andando avanti con il gioco, fino a evolversi in uno scambio incredibilmente denso nelle ultime fasi, quando le prime inquietudini iniziano a imporsi nella confortevole solitudine della coppia. Non è propriamente un gioco horror, ma c'è un gran clima di tensione, un insieme di nervosismo e curiosità per ciò che accadrà dopo—un insieme che altri giochi recenti possono solo sfiorare. Anche visivamente è una bomba, realizzato per condividere praticamente ogni frame.

DOOM Siamo sinceri: non mi aspettavo troppo da DOOM. Un insieme cacofonico di morti cruente e un buffet di armi impressionanti, ma non molto più della violenza elegante che ricorderete. E non sembra che i produttori, Bethesda, abbiano fatto un gran lavoro nella campagna giocatore singolo. L'interesse principale, in effetti, sembrava rivolto tutto verso il multiplayer e le mappe realizzate dai giocatori.

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La storia non è niente di che, ma il gioco fila che è un piacere, i teschi si frantumano con la giusta croccantezza e ogni singola glory kill eseguibile si prospetta come un perfetto connubio di carneficina e caos. Tra i vari prodotti di questa generazione di sparatutto, DOOM è sicuramente il meno serio—una specie di abbandono estatico ultraviolento che si svolge indisturbato come un blockbuster hollywoodiano con la sceneggiatura di una pubblicità di cibo per gatti. È eccessivo? Personalmente, credo di no (e in fondo in passato era così, e DOOM è in tutto e per tutto un omaggio al passato). Ma non escludo che qualche stomaco meno robusto del mio possa avere da ridire. Non giocateci la domenica quando c'è nonna a pranzo.

INSIDE

Il seguito di Limbo, breve, ma perfetto, è uno di quei giochi che SAREI tentato di chiamare "capolavoro", ma è difficile convincermi a farlo. È ancora troppo presto, credo. Lo studio danese Playdead non ha sconvolto la formula in modo eccessivo—chi lavorava su Limbo ha lavorato anche qui, e i due giochi risultano molto simili. Ma la storia, raccontata senza che venga pronunciata una parola, è incredibilmente dark, diabolicamente grottesca, e il fatto che le morti del giocatore che controlliamo siano al centro del gioco rende Limbo molto più soft. In questo episodio, Playdead mette in fila una serie di ostacoli in cui anche la minima vittoria assume la sua rilevanza, e il percorso non è mai interrotto da spessi muri di confusione. Inside è un bella creazione da incubo, che chiunque abbia nel suo cuore Limbo deve assolutamente provare.

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OXENFREE

Altro debutto di una nuova casa statunitense (in questo caso la Night School, di Los Angeles), Oxenfree è una ghost story punta e clicca ambientata su un'isola sede di un'ex base militare. È un posto pieno di brutte vibrazioni, vibrazioni che si impossessano immediatamente del gruppo di protagonisti attraverso le onde radio. Il gioco trasmette un certo disagio, e il tappeto sonoro colpisce ben più a fondo di quanto non facciano i visual a tratti un po' stucchevoli. Anche lo slang usato dai giovani protagonisti potrebbe innervosire—un po' come successo per Life Is Strange; ma proprio come per la creatura di Dontnod, i personaggi di Oxenfree sono talmente credibili che è impossibile non immedesimarsi un po'. I protagonisti possono sopravvivere in toto o meno, lasciando aperti vari finali rimpolpati dalle aggiunte in stile "director's cut" dello scorso maggio. Come Firewatch e Inside, Oxenfree è un gioco breve, che al primo giro può essere completato in un paio di serate; ma a differenza degli altri due, un primo giro non basta—perché ogni volta la tentazione sarà quella di regalare un destino diverso, possibilmente migliore, ai vari protagonisti.

FIRE EMBLEM FATES

La vostra esperienza sarà probabilmente diversa dalla mia, dal momento che Fates —uno strategico per il 3DS sviluppato da Intelligent Systems— permette di scegliere tra tre percorsi diversi, ma io sono ancora immerso nel percorso Retaggio (il più facile, se vi interessa) e ci sguazzo volentieri. Il mio Lord Gary—che è il nome che do a tutti i miei avatar senza un motivo preciso—si è fatto un suo esercito (e anche una specie di storiella), ha salvato diversi villaggi dai saccheggi, ucciso un'infinità di nemici, mollato e ritrovato vecchi alleati e convinto persone a caso a unirsi alla sua causa. Non l'ho ancora finito e non lo finirò a breve, ma dalla sua uscita sul mercato europeo, a maggio, è diventato il mio gioco preferito durante gli spostamenti, e nei prossimi mesi continuerò a giocarci a intermittenza. La possibilità di salvare i propri progressi in ogni momento del gioco è una lezione che molti altri GdR su dispositivi portatili dovrebbero imparare da Fates. Bravely Default, hai sentito?

THE WITCHER 3: BLOOD AND WINE

Sì, è un DLC. Ma è anche così bello e invitante che merita eccome il suo posto in questa classifica. The Witcher 3: Wild Hunt è stato il mio videogioco preferito del 2015, e quest'ultima espansione di una durata di oltre 30 ore ci porta un Geralt in tutto il suo splendore. Mentre Wild Hunt manteneva la sua facciata di serietà aprendosi solo saltuariamente a qualche momento di svago (animali impagliati inclusi), Blood and Wine ci va giù più leggero. Per quanto il tono appaia più scanzonato, però, alcuni momenti di gioco superano tranquillamente i più memorabili di Wild Hunt—non capita tutti i giorni di sfruttare i tuoi poteri da stregone per individuare il luogo di sepoltura dei gioielli di famiglia. Se si tratta davvero dell'episodio in cui Geralt appende al chiodo spada, balestra e pozioni, i fan della serie non avrebbero potuto chiedere un epilogo migliore.

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