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Puoi davvero rimanerci sotto dopo una pasticca di ecstasy?

Abbiamo chiesto a uno psichiatra se nelle leggende sulle persone "rimaste sotto" all'ecstasy c'è del vero. E lui non solo ci ha detto di sì, ma ci ha anche detto che i motivi per cui succede sono ancora largamente sconosciuti.

Foto via Flickr.

Una sera di novembre ero a bere con un amico in un bar di Bastille, a Parigi. Mentre tornavo dal bagno mi sono accorto che un ragazzo si era seduto al nostro tavolo. Non aveva più di trent'anni. All'inizio ho pensato si trattasse di un senzatetto, a volte nei bar succede, ma dai vestiti sembrava uscito più da un'Accademia di Belle Arti—anche se concorderete che è facile confonderli.

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Mi sono seduto mentre il mio amico tentava di intavolare una conversazione. Aveva chiaramente qualcosa che non andava. Si voltava di continuo verso la strada, anche quando non c'era nessuno. Era accigliato, non sorrideva mai. Aveva un tic alla gamba, continuava a muoverla. Si grattava la testa. Non prendeva mai l'iniziativa quando si trattava di parlare, perciò la sua presenza diventava sempre più assurda. Gli abbiamo fatto una domanda e lui è rimasto a fissarci negli occhi per almeno dieci secondi—che a noi sono parsi un'eternità—in silenzio. A un certo punto mi sono chiesto se non stesse semplicemente aspettando il momento giusto per piantarci un coltello in pancia.

Ha detto di chiamarsi Alexandre e di essere "originario della Russia." Ha raccontato di essere venuto a piedi dalla Siberia a Parigi "all'età di 11-12 anni." Non abbiamo osato dirgli che ci sembrava improbabile perché eravamo un po' a disagio, e con qualche altra battuta ci ha fatti risprofondare nel silenzio. Ci ha detto che viveva per strada. Mentre le conversazione si faceva sempre più imbarazzante e lui sembrava sempre più impanicato, ci ha confidato che aveva preso una pasticca dieci anni prima e che da quel momento "c'era rimasto sotto".

Non era la prima volta che sentivo storie del genere sull'ecstasy. Ma era la prima volta che ci credevo, visto il mondo folle in cui sembrava vivere il ragazzo. Perciò, si può davvero rimanerci sotto? Ho chiamato Daniel Bailly, psichiatra infantile e professore di psichiatria a Marsiglia, per parlare degli effetti dell'MDMA sul cervello.

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VICE: Cosa succede concretamente nel cervello quando si prende una pasticca?
Prof. Bailly: L'ecstasy distrugge i neuroni serotoninergici. La serotonina è un neurotrasmettitore coinvolto in molte funzioni riguardanti in particolare l'umore, l'impulsività, la regolazione del sonno etc. Questa droga agisce anche sulla trasmissione della dopamina, che regola la motivazione.

L'ecstasy è stata ampiamente usata in psicoterapia all'epoca di Gordon Alles, il padre delle anfetamine. Si ritiene che migliori i livelli di empatia; essendo uno stimolante, provoca anche euforia e uno stato di benessere e armonia con l'ambiente esterno. Penso che Alles l'avesse chiamata la "pillola della felicità" o qualcosa del genere.

L'altro giorno ho incontrato un ragazzo che sostiene di essere "rimasto sotto" per una dose di ecstasy che avrebbe assunto dieci anni fa. È una storia che si sente molto spesso. Secondo lei è possibile?
Il problema è la causalità. Se mi stai chiedendo se l'ecstasy è in grado di creare tali problemi di per sé, la risposta è no. Tuttavia può agire come fattore scatenante. Gli effetti dipendono molto dalla personalità di chi l'assume, e dalle condizioni psicologiche.

In parole povere se c'è una predisposizione può succedere, giusto?
Esatto. Non è tanto la dose o la frequenza d'uso, si può benissimo sviluppare uno stato di demenza dopo una sola assunzione. Ho avuto pazienti così, ragazzi che hanno sviluppato una demenza dopo una sola pasticca. Ci sono anche quelli che ne hanno sempre fatto uso senza conseguenze negative, e poi arriva la volta in cui succede. Mancano ancora molte risposte: probabilmente entrano in gioco fattori di vulnerabilità genetica e di personalità.

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Foto via Flickr.

Prendere ecstasy rende sempre più empatici?
Come per tutte le sostanze, dipende dalla persona.

Cioè?
Può avere l'effetto opposto. Può rendere molto tristi e depressi, ma in linea di massima è una droga nota per provocare euforia. È per questo che viene usata molto alle serate.

Capisco. E quali possono essere gli effetti a lungo termine?
Alcuni riscontrano effetti a lungo termine. Possono essere sintomi depressivi o episodi di depersonalizzazione, vale a dire, chi li sperimenta ha l'impressione di dividersi. Possono essere flashback, anche se di solito succede più con gli allucinogeni. In quei casi possono anche svilupparsi sindromi psicotiche: allucinazioni, stato di delirio, etc.

Si conoscono, ad oggi, le cause del fenomeno?
No, la genetica è troppo complessa. Per scoprire la propria suscettibilità individuale uno dovrebbe sperimentare. Ma il problema con l'ecstasy è che anche solo la prima dose può essere problematica.

Per tornare al mio incontro, è possibile che quest'uomo subisca gli effetti della droga anche dieci anni dopo?
Certo. Ma per giudicare avresti dovuto conoscerlo anche prima. Non so esattamente cos'abbia questo signore, ma dalla tua descrizione sembra presentare le caratteristiche dello psicotico. Senza dubbio aveva una vulnerabilità e una predisposizione.

La qualità della droga gioca qualche ruolo?
Ad alcune feste ci sono kit che permettono di misurare la purezza della droga, per conoscerne la pericolosità. Ma non servono a niente. Come ho detto prima, non si può sapere quale sia la dose tossica individuale.

Per quanto io non sia preoccupato dall'aumento nell'uso di cannabis, credo che l'assunzione di ecstasy sia pericolosa—[dal punto di vista medico, nel caso di predisposizioni] si tratta di un vero e proprio veleno neurotossico, distrugge i neuroni. Il problema si pone soprattutto sul lungo termine. Invecchiando, lo stock di neuroni si riduce: partendo da una base limitata, a 40-50 anni si potrebbero avere problemi di demenza. Chi assume ecstasy dovrebbe tenerlo presente.

Se io le dico che "l'ho presa e non mi è successo niente," cosa mi risponde?
Non sai come andrà la prossima volta, però. Nessuno lo può sapere. Bisogna essere consapevoli dei rischi, poi è responsabilità del singolo.

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