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Ventenni di tutto il mondo parlano di soldi, debiti e futuro

I ventenni non sono in una pessima situazione economica soltanto in Italia. Abbiamo parlato con giovani di tutto il mondo di debiti, disoccupazione e delle loro prospettive future.

Alcuni studenti di Londra protestano contro l'aumento delle tasse universitarie. Foto di Adam Barnett

Una delle caratteristiche che definiscono l'essere giovane oggi è il fatto di avere davanti a sé un futuro economico piuttosto incerto. Sì, questa generazione ha il privilegio di poter rendere famosi dei gatti su Instagram, ma dal punto di vista finanziario non se la passa poi tanto bene. E ciò non vale solo per l'Italia.

Che i millennial siano messi peggio di ogni altra generazione è un fatto e un argomento che finisce regolarmente in prima pagina sui giornali di mezzo mondo. Ma tutti questi articoli tendono quasi sempre ad analizzare la situazione da un punto di vista molto ampio invece che cercare di capire come ciò influisca sulla vita delle singole persone. Abbiamo quindi chiesto ai nostri uffici in Nord America, Europa e Australia di intervistare un giovane per ogni paese e farsi raccontare la sua situazione economica, per capire quanto è diversa rispetto a quella italiana.

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Foto di Lucia Florence

Max, 22 anni, Inghilterra

Non ho avuto altra scelta che contrarre debiti, perché altrimenti non sarei potuto andare all'università. Ho 22 anni e tra un anno avrò 66mila sterline di debito. Cosa farò poi? È un peso piuttosto grande da portare.

Quest'anno ho fatto lo stage curricolare previsto dal mio corso universitario. È stata un'ottima opportunità, perché mi ha fatto fare esperienza. Ma la maggior parte degli stage a Londra non sono retribuiti e la cosa peggiore è che se fai uno stage l'azienda che si occupa del tuo prestito universitario ti passa meno soldi. Per cui, quest'anno, mi è stato chiesto di lavorare gratis e allo stesso tempo mi sono state date 6mila sterline in meno. Dovendo vivere solo del mio prestito, avrei dovuto spendere 3mila sterline solo per pagare l'affitto. A Londra, vivere con una cifra del genere è impossibile. A essere sincero, il mio prestito universitario non mi è mai bastato per pagarmi l'affitto.

Purtroppo, per tutte queste ragioni ho dovuto lasciare lo stage—uno stage che in teoria stavo facendo come parte del mio corso di studi—perché non potevo permettermi di lavorare gratis. Sono dovuto tornare a casa dei miei genitori a Portsmouth. Ora sono tornato a Londra, ma questa volta lavoro a tempo pieno come commesso. Mi piacerebbe fare ancora uno stage mentre studio, ma non me lo posso permettere. E la cosa più preoccupante è che gli stage sono fondamentali per avere il genere di lavoro che voglio.

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Karalyn, 27 anni, Stati Uniti

Se quando mi sono laureata qualcuno mi avesse detto che a 27 anni mi sarei trovata a vivere ancora con tre coinquiline e a non essere in grado di mantenermi, non gli avrei creduto. Non avrei mai pensato che sarei stata in questa situazione. Pensavo che per quell'età sarei stata in grado di farmi la mia vita, avrei avuto una casa mia e sarei riuscita ad arrivare a fine mese. Invece eccomi qui, con mio fratello che mi paga ancora la bolletta del telefono.

Di recente mi è capitata quest'ottima opportunità di lavoro, così ho accettato. Pensavo che sarei stata pagata molto di più, ma alla fine del colloquio mi è stato detto che avrei guadagnato 17 dollari all'ora. Il che mi ha messo in una brutta posizione, perché non volevo che pensassero che mi interessavano solo mi soldi. Almeno ho due settimane di ferie pagate all'anno, che non è una cosa che ti danno molte aziende. Ma la metà dei soldi che guadagno la spendo per pagare l'affitto. Non posso permettermi una carta di credito. Quando ho lasciato l'università il mio debito era sui 25mila dollari (22mila euro), ora è arrivato a 30mila (26mila euro).

Tra cinque anni, spero di guadagnare almeno tre volte quello che guadagno ora. La maggior parte delle donne della mia età inizia a pensare al matrimonio e ai figli ma io non posso neanche permettermi di abbozzare l'idea. Riesco a malapena a prendermi cura di me stessa.

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Foto di Daniel Sigge

Francesca, 30 anni, Germania

Tempo fa lavoravo per un galleria d'arte e guadagnavo abbastanza bene, ma poi un giorno ho capito che avevo delle responsabilità che non volevo. Così mi sono dimessa e ho aperto la mia galleria d'arte. Dal punto di vista finanziario, è andato tutto a rotoli. Guadagnavo 800 euro al mese e dopo aver pagato l'affitto me ne rimanevano 350 per vivere. Stavo sopravvivendo, non vivendo—ma ero comunque felice, perché stavo gestendo la mia galleria.

Un anno dopo ho dovuto chiudere perché non riuscivo più a pagare le spese. Adesso vediamo cosa riuscirà a fare. Non voglio fare un lavoro che non mi piace. Al momento le cose mi vanno abbastanza bene, anche se ho sempre pochi soldi, perché ci sono cose più importanti dei soldi. Sono sicura che troverò la mia strada.

Etienne, 24 anni, Francia

Negli ultimi anni mi sono trovato spesso a fare sempre lo stesso pensiero verso la metà del mese: 'Merda, ho finito i soldi.' Sto facendo uno stage a Parigi, per cui è abbastanza inevitabile. In Francia, quando un'azienda assume uno stagista per più di due mesi deve pagargli il salario minimo di 3,60 euro all'ora—una cifra con cui tra l'altro è impossibile vivere in una città come Parigi. Ma gli stagisti che lavorano in un'azienda per meno di due mesi—come il sottoscritto—non devono per forza essere pagati.

Quando sono andato in Inghilterra a studiare ho chiesto un prestito di 13mila euro alla mia banca. Quei soldi mi sarebbero dovuti bastare per un anno, ma li ho finiti in sei mesi. Ho trovato un lavoro part-time che mi ha permesso di rimanere in Inghilterra, ma a ottobre dovrò cominciare a ripagare il mio debito e non ho idea di come fare. Dovrò scegliere se tornare a vivere con i miei genitori e provare a pagarlo facendo il giornalista freelance—che non è facile—o trovarmi un altro lavoro.

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Per ora me la cavo abbastanza bene perché ho avuto la fortuna di trovare un piccolo appartamento a 500 euro al mese con la mia ragazza. Non sono troppo preoccupato dal futuro, perché ho i miei genitori e molti amici che potrebbero aiutarmi, se dovessi averne bisogno. Ma odio il fatto di dover essere dipendente da qualcun altro dal punto di vista economico, e non voglio chiedere aiuto ad altri per pagare i miei debiti.

Foto di Sarah Buthmann

Ismar, 26 anni, Danimarca

Il tasso di disoccupazione giovanile in Danimarca è tra i più bassi d'Europa. L'educazione superiore è gratuita e gli studenti ricevono un contributo statale mensile, detto "SU," di circa 5mila corone (670 euro), oltre ad aver accesso a prestiti a tassi molto bassi tramite il sistema SU. Per questo motivo, i giovani danesi tendono a non essere oberati dai debiti come le loro controparti americane, australiane e di altri paesi europei.

Sono cresciuto in campagna, ma mi sono trasferito a Copenaghen quando avevo 17 anni. Quando me ne sono andato di casa ho iniziato a uscire spesso la sera e comprare un sacco di vestiti che non potevo permettermi. Era diventata un'abitudine chiamare la banca per chiedere di maggiore elasticità sui liquidi. In sostanza ho continuato a contrarre debiti per potermi permettere uno stile di vita sopra le mie possibilità.

Non penso troppo spesso al fatto di avere questo grosso debito. Ma se mi capita una giornata storta o in cui faccio pensieri negativi, allora inizio a pensarci. Inizio a pensare di essere stato stupido nel gestire i miei soldi e che non sarò mai in grado di mantenermi da solo.

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Jamie, 23 anni, Canada

Mi sono laureata l'anno scorso con un piccolo debito sulle spalle. Qualche migliaio di dollari, ma ora ho ripagato tutto. Il problema non era il debito studentesco (i miei genitori mi hanno aiutata molto durante l'università) ma piuttosto quello che mi aspettava dopo la laurea: la totale assenza di lavoro nel mio campo. Quando andavo all'università era molto ottimista. Pensavo che mi sarei laureata, avrei fatto uno stage e poi avrei trovato un buon posto. Mi sbagliavo.

Al momento lavoro circa 10 ore a settimana come barista. Durante le vacanze riuscivo ad arrivare a 30 ore, ma quest'anno mi hanno ridotto i turni. Ora il mio budget è più ristretto. Questa è la prima volta nella mia vita in cui vivo quasi alla giornata, ed è un po' strano.

Quelli che riescono a lavorare tutto il giorno, da lunedì a venerdì, e trovano anche il tempo per avere una vita, sono dei superuomini. Non solo non ho alcuna motivazione che mi spinga a trovarmi un altro lavoro, ma sono anche svuotata dal punto di vista creativo. Il sistema economico attuale, così com'è costruito, è fatto per rendere le persone docili. Perdi tutta la voglia di fare perché finisci intrappolato in questa routine da cui senti di non poter uscire. Nel migliore dei casi—in un mondo ideale—mi piacerebbe guadagnarmi da vivere nell'ambito delle produzioni video. Fino a quel momento, però, credo che mi trascinerò avanti e basta.

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Aida, 22 anni, Spagna

Quando i miei genitori avevano la mia età non erano laureati, ma entrambi avevano un lavoro ben retribuito come camerieri. All'epoca era abbastanza frequente che persone senza una laurea trovassero lavoro e riuscissero a mettere da parte abbastanza soldi per comprare una casa, due auto, fare un figlio, pagare un'assicurazione sanitaria e andare in vacanza una volta all'anno.

Oggi, non conosco nessuno della mia età che sia in grado di permettersi queste cose. La maggior parte dei lavori non pagano bene, non sono a tempo pieno e i contratti non sono mai a tempo indeterminato. Ci battiamo tutti per assicurarci uno di questi lavori, a prescindere dal titolo di studio che possediamo, ma oggi un buon lavoro paga meno rispetto a 15 anni fa—e le ore di lavoro sono aumentate.

Io faccio la cameriera e non guadagno abbastanza per andarmene da casa dei miei—nemmeno abbastanza per condividere un appartamento con un'amica. Risparmio tutto quello che guadagno per pagarmi gli studi, perché quest'anno mi hanno tolto la borsa di studio. Per quanto mi riguarda, la parte peggiore è sapere che finirò incastrata in un qualche lavoro di merda a prescindere da quanto mi sforzi per evitarlo.

Simon, 25 anni, Australia

L'ultima volta che l'Australia è entrata in recessione l'annuncio è stato dato tre giorni prima che io nascessi, nel 1990. Non siamo mai stati veramente colpiti dal crisi finanziaria globale del 2008, per cui il problema principale qui è il costo degli affitti e delle case. L'altro giorno ho letto che dal 2008 il prezzo delle case a Melbourne è aumentato del 60 percento. Ovviamente questo aumento non è andato di pari passo con un aumento degli stipendi.

Questo è il motivo per cui sto tornando all'università. Ho capito che devo guadagnare un sacco se voglio una vita decente, per cui mi sono iscritto a economia. Alla fine del mio corso di studi avrò speso 75mila dollari (50mila euro). È tanto, ma non troppo. In Australia il welfare funziona ancora e penso che quella di andare all'università sia una scelta personale per cui bisogna pagare individualmente. Qualcuno deve pagare per l'istruzione superiore—non è gratis e non è giusto che altre persone paghino per un corso di studi che mi porterà a guadagnare più di loro.

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