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L'opera d'arte che fa acquisti random nella darknet

!Mediengruppe Bitnik è un collettivo artistico che ha programmato un bot per acquistare oggetti sulla darknet in maniera casuale.

Un paio di Nike acquistate nella darknet. Immagine: !Mediengruppe Bitnik

La darknet la conoscono tutti. Deep web, Tor, droghe, archivi pieni di pornografia perversa, serial killer su commissione. Chiunque sembra sapere cosa significhi addentrarsi in questo oscuro luogo del non-internet. Quasi nessuno, però, ci è mai veramente andato.

Mentre internet viene sempre più limitato dalle istituzioni nazionali, grondanti di sudore per la corsa alla legiferazione, quella della darknet è una realtà dove tutto è consentito a patto di avere le palle di entrarvi. Tor, un paio di proxy, qualche conoscenza base e, a colpi di BitCoin, si incomincia il proprio giro nel centro commerciale più felice del mondo.

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La costante, in questa equazione è una sola: la mancanza di fiducia. Comodo ordinare chissà quanti etti di sostanze illegali su internet e vederseli recapitati comodamente a casa, ma lo faremmo davvero? Rifornimento per la vita di canne e paste con il rischio di ricevera una visita dalla Guardia di Finanza alle 5 del mattino? Sotto questa luce i vicoli bui a notte inoltrata assumono un nuovo fascino.

Ma non c’è bisogno di disperarsi, perché qualcuno si è preso la briga di fare un tour del centro commerciale più eterogeneo del mondo al posto nostro. !Mediengruppe Bitnik è un collettivo artistico che sfrutta l’hacking come mezzo creativo: prende contesti comuni del mondo dell’informatica e li decostruisce per offrire al pubblico accecato da porno e gattini un nuovo punto di vista.

Dieci paste di ecstasy, arrivate comodamente a casa all'interno di una custodia per DVD. Immagine: !Mediengruppe Bitnik

La loro ultima installazione si chiama “ Random Darknet Shopper”, e nel caso il nome non fosse già abbastanza eloquente consiste in un bot che, rifornito di 100$ in BitCoin a settimana, scandaglia i negozi online non indicizzati del deep web e acquista un oggetto, per poi spedirlo nella sede del collettivo. L’acquisto, lo dice il titolo, è completamente randomizzato: il collettivo non sa cosa ha comprato fino al momento della consegna. Il materiale è esposto alla mostra “The Darknet. From Memes to Onionland”, presso la Kunst Halle Sankt Gallen, in Svizzera.

Gli oggetti acquistati sono tra i più svariati e in qualche modo sfatano l’aria di malaffare che circonda la darknet. Un paio di jeans, delle sneakers, ben due cappelli muniti di telecamera e un mazzo di chiavi passe-partout dei vigili del fuoco. In tutto questo, una lattina di CocaCola piena di soldi e un DVD munito di dieci pastiglie d’ecstasy non sembrano poi così incredibili, considerando le leggende sulla darknet.

!Mediengruppe Bitnik mi ha parecchio incuriosito, quindi li ho contattati. “Il nostro lavoro si occupa del potenziale e delle possibilità date dal pubblico e dagli spazi pubblici. Nelle nostre opere ci facciamo riferimento all’impatto dei media digitali e analogici sulla società,” mi dicono Carmen e Doma, del collettivo.

Ciò che mi incuriosisce di più riguarda proprio il messaggio che stanno tentando di trasmettere: le loro installazioni sono tutto fuorché comuni e il rischio, per lo spettatore, di dire “questo potevo farlo anche io” è piuttosto alto. “Si potrebbe dire che l’hacking è la via che preferiamo per operare la nostra arte: noi prendiamo le varie strategie di hacking e le decliniamo nella nostra pratica artistica."

“Quindi se un hacker è ‘una persona a cui piace esplorare i dettagli dei sistemi programmabili e cercare di portare all’estremo le loro capacità, a differenza della maggior parte degli utenti che preferiscono apprendere solamente il minimo indispensabile,’ noi, in quanto artisti, facciamo questo: sfruttiamo i sistemi della cultura e della società come nostro materiale artistico,” mi dicono i Mediengruppe.

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