Quella volta che Eminem perse un contest di freestyle in finale

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Quella volta che Eminem perse un contest di freestyle in finale

E trovò la fama proprio grazie a quella sconfitta, arrivata vent'anni fa.

Il dibattito sul miglior rapper di sempre non troverà, probabilmente, mai una fine. Chi è nel gioco del rap da tanti anni cita spesso Eminem, quando gli viene chiesto quale sia il principale modello a cui si è ispirato, anche se la sua carriera è in fase calante ormai da una decina d'anni. Certo, con qualche esplosione di vitalità e ispirazione qua e là—proprio come quando vostro nonno con l'Alzheimer ha momenti di lucidità e si mette a risolvere cubi di Rubik. Il motivo di tutto questo, però, non va identificato nell'avanzare della sua età o nelle droghe: il problema più grande di Eminem è che non è morto al top, e ha quindi avuto tutto il tempo di cominciare la sua discesa. Se Tupac e Biggie non se ne fossero andati una ventina d'anni fa probabilmente oggi sarebbero reliquie di un tempo passato, perse nell'illusione di una fama volatile, impegnati a chiedere versi a Chief Keef e Future per ritrovare la vitalità dei loro esordi. L'unica macchia sulla leggenda di Eminem è stato il suo continuare a buttare fuori musica fino a diventare una versione smussata di sé stesso. Ma Marshall Mathers ha toccato il fondo un sacco di volte, nella sua vita, e il suo viaggio può qualificarsi come un'epica quasi cristiana, fatta di morti artistiche che culminano in resurrezioni commerciali. Prima di qualsiasi successo, dei milioni di dollari e delle prime posizioni in classifica, Eminem ha vissuto un'esperienza che potrebbe tranquillamente diventare un copione scritto da Martin Scorsese: dopo che il suo primo album, Infinite, si rivelò un buco nell'acqua, Em dedicò ogni energia che gli era rimasta in corpo alla sua stessa autodistruzione. Alcol, droghe, tentati suicidi: tutto il meglio del migliore dei mondi possibili. Ma, come in ogni trama che possa definirsi "classica," Marshall trovò la salvezza nel suo amore per la musica. Continuò a rappare con i suoi amici di Detroit, a partecipare a sessioni di freestyle e a registrare demo—una delle quali finì tra le mani di Wendy Day, una ragazza che si guadagnava da vivere dando aiuti legali a rapper che si erano resi conto di aver firmato un contratto-fregatura con le loro etichette.

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"Infinite," tratta dall'omonimo album di Eminem. La Day ascoltò Eminem e si convinse di avere tra le mani una potenziale superstar. Lo prese sotto la sua ala e lo presentò a dozzine di case discografiche, senza però riuscire a trovargli un contratto. Nonostante le sue ovvie qualità artistiche, nessuno osava scommettere su un rapper bianco: "Non solo la maggior parte dei rapper bianchi prima di lui non aveva avuto grandi successi, erano pure stati presi per il culo praticamente da chiunque," spiegò Wendy al magazine francese Abcdrc du Son nel 2011. Dopo qualche mese, Wendy scelse di dedicarsi all'organizzazione di eventi e riprese un concetto ideato da Gregory Thomas nel 1993: quello delle Olimpiadi del Rap, o Rap Olympics. In quegli anni, l'evento si basava su un principio molto semplice: era una competizione tra rapper provenienti da tre stati americani (Pennsylvania, New Jersey e New York), e una miseria di premio per il vincitore—nessuna promessa di contratto o di pubblicazione di un album, per esempio. Tecnicamente, anche se il nome "Olimpiadi del Rap" suona piuttosto prestigioso, stiamo parlando solo di un grande contest di freestyle. Qualcosa di simile alle Tecniche Perfette o al 2TheBeat, insomma. La versione della Day si tenne nel 1997. Era leggermente più ampia e organizzata, ma non aveva comunque poi molto di "olimpico."In palio c'erano un Rolex di basso rango e un assegno per cinquecento dollari, con due o tre cameramen a filmare le migliori battle dell'evento, pubblicate poi su VHS (e rippate su YouTube vent'anni dopo). Eminem si trovò in mezzo a un reggimento di rapper più o meno emergenti. Gente del calibro di Kwest Tha Madd Ladd, la cui carriera durò solo un album, pubblicato nel 1996. La finale, che si tenne a Los Angeles, vedeva scontrarsi proprio Em e MC Juice, un rapper di Chicago—il tutto, in un'era in cui il rap di Chicago era tutto tranne che conosciuto a livello nazionale. Fu una battle in cinque round: Juicy si prese il primo punto, ma Eminem pareggiò e lo superò al terzo turno, in particolare grazie a una punchline decisamente ben riuscita: "Stampa pure un doppio album, tanto non venderai il doppio delle copie." Juicy riuscì però a trovare la vittoria basandosi su quella che era universalmente percepita come la debolezza del suo avversario, il colore della sua pelle, e si portò quindi a casa un bell'orologio e qualche centinaio di dollari.

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Il video di quella battle tra Eminem e MC Juice. Eminem perse quella finale, ma trovò una svolta fondamentale per la sua carriera in quell'esperienza. Proprio come Michael B. Jordan in Creed—Nato per combattere, la sconfitta forgiò la sua mente e gli diede la forza di credere veramente in sé stesso. Per aggiungere un ulteriore elemento hollywoodiano alla vicenda, va detto che Eminem era stato sfrattato dal suo appartamento di Detroit il giorno prima della sua partenza per la finale del contest, passando quindi dall'essere un senzatetto dalle tendenze suicide al vincitore morale di una competizione da due soldi. La storia, ovviamente, non finisce qua. Dopo aver ricevuto risposte negative dalla maggior parte delle etichette a cui si era proposto, Em trovò fortuna in un ragazzino di diciassette anni, un postino che consegnava spesso lettere e pacchi alla Interscope. Dopo essersi appassionato alla sua musica seguendolo di battle in battle, quel postino riuscì a recuperare un suo demo e lo infilò nella casella di Jimmy Lovine, capo dell'etichetta e futuro miliardario—una leggenda così perfettamente romanzata che è probabilmente vera solo a metà. Coerentemente, alcuni dei versi che Eminem usò durante quel cruciale contest verranno riutilizzati in 8 Mile, film che si prese qualche libertà narrativa nel raccontare la vita di Marshall prima del successo.

Juice, l'altro grande attore di questo racconto, sfortunatamente non catturerà davvero l'attenzione di nessuno. Essendo molto più bravo nelle battle che in studio basò la sua reputazione sulle sue abilità nei live, fino a una sonora sconfitta per mano dell'incredibile Supernatural—comunque tutto molto hollywoodiano. La sua carriera si condenserà in qualche progetto pubblicato durante gli anni Duemila, e un breve periodo come ghostwiter di Kanye West.

Ad ogni modo: un altro premio per i protagonisti delle "Olimpiadi" era un'apparizione al Wake Up Show, un programma della celebre stazione radio americana Sirius XM. La leggenda narra che Dr. Dre sentì Eminem per la prima volta proprio durante quel programma, e che gli propose un contratto immediatamente. Indipendentemente da quello che potete pensare dell'Eminem di oggi, è difficile ammettere che i suoi freestyle di un tempo non fossero davvero convincenti. C'è anche un video di quell'apparizione, che potete guardare qua sotto, e la cosa più bella è vedere Juice a qualche metro di distanza rendersi conto che ha battuto un avversario dalle capacità quasi sacre. Chissà se poteva immaginare quanto la sua vittoria avrebbe cambiato la vita di quel ragazzino dalla pelle bianca.

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