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Musica

Le recensioni della settimana

Quali dischi ci hanno fatto esprimere delle opinioni questa settimana: Vince Staples, Melvins, Clams Casino e altri.

Noisey è cresciuto e non usa più le faccine col vomito, ma le recensioni restano sempre scritte da persone piene di problemi che non vogliono necessariamente essere prese sul serio.

VINCE STAPLES
Big Fish Theory
(Def Jam / Blacksmith)

vince staples big fish theory recensione review copertina cover album streaming mp3 2017

Di solito la retorica dell'hip hop mi fa cacare, ma in questo caso Vince Staples sembra trasformare una paranoia personale in qualcosa di universale. La teoria del pesce grande approfondisce infatti i rischi delle star hip hop esposte al proprio pubblico, il che è una cosa di una banalità direi sconvolgente, ma il modo in cui è espressa ci fa pensare anche al semplice rischio di uscire di casa e vedere la gente al bar, cosa che tutti noi proviamo quotidianamente. Detto questo, il disco ospita personaggi illustri quali SOPHIE e Jimmy Edgar, notizia che da sola già fa illuminare le orecchie, e per di più non sono comparsate fini a se stesse; anzi, la loro presenza costringe Staples a cambiare modo di rappare e a confezionare una roba compatta ma anche nervosa, cupa ma ariosa, in un certo senso anche sulle difensive come se volesse il più possibile farsi scudo sonoro, senza aggredire. Insomma una serie di opposti che si incontrano e che trasformano quello che dovrebbe essere una roba da club in un sogno in reverse che paralizza. Elettroniche sbucciate, ritmiche che si pestano i piedi fra di loro, inni iniziati e non finiti, esplosioni vitalistiche che però prendono male. Immaginate di stare ballando e di essere gonfi di vodka di pessima qualità e vedete tutto verde: ecco, questo è The Big Fish Theory. Dopo "Blood on the Dancefloor" di Micheal Jackson, "Vomit in the Club" di Vince Staples: e noi creature della notte cadute nella pozione magica lo apprezziamo assai (il tipo di Mondo Convenienza che invece mi ha citofonato svegliandomi alle sette di mattina queste cose evidentemente non le può capire).
BALLROOMDANCING BOB (DB)

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CLAMS CASINO
Instrumental Mixtape 4
(Self-released)

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Diciamoci la verità: è difficile fare dischi solo di beat strumentali e rimanere sempre super interessanti se non ti chiami J Dilla. Clams Casino è bravissimo, e il suo primo Instumental Mixtape del 2011 con le sue atmosfere lente e rarefatte ha praticamente definito un genere, portando aria fresca (oddio, aria piuttosto drogata e fetida) in un ambiente che ne aveva bisogno. Poi ha continuato a fare il suo, le sue strumentali sono state usate anche da nomi come Lil B o ASAP Rocky, e questo è il quarto capitolo della serie. Il produttore del New Jersey (di origine italiana, di cognome fa Volpe) resta un fenomeno e i suoi beat perfetti: il disco è bello… però lo riascolteremo altre dieci volte? Probabilmente no. Resta il fatto che per un certo tipo di serate poche colonne sonore sono più perfette di quelle che confeziona lui.
BESTIA DI SATANA (FS)

SHEER MAG
Need to Feel Your Love
(Static Shock)

sheer mag need to feel your love recensione review copertina cover album streaming mp3 2017

Il discorso per cui se ascolti ancora gli AC/DC dopo che sei diventato un essere umano autosufficiente sei un idiota incapace di evolvere il proprio gusto musicale fa un po' acqua, secondo me. Sarei molto felice se mio zio Moreno la smettesse di indossare quasi solo esclusivamente la sua canottiera rosa tarocca dei Motörhead (true story) e si mettesse a esplorare il catalogo PAN scoprendosi toccato nell'intimo da un ruscello di synth, per dire, ma al contempo lo adoro esattamente perché negli ultimi trent'anni le sue orecchie non hanno lasciato entrare nulla che non fosse partorito da una chitarra elettrica suonata da un maschio. Da un lato non me la sento di dire che è stronzo perché la musica non lo incuriosisce, ma soprattutto mi affascina il fatto che incarni un tempo passato, in cui tutto era bande e odio e la vostra roba fa cacare e hang the DJ e posers must die. Non gliene frega nulla dell'ibridazione in musica, della sperimentazione, della retromania, né ha gli strumenti per capirle se vi prendeste qualche oretta per spiegargliele. Tutti avete almeno uno zio Moreno tra le vostre conoscenze. Ecco: fategli sentire Need to Feel Your Love senza dargli contesto, e poi rivelategli che è un gruppo contemporaneo di Philadelphia con alla voce una tipa che sul palco si svena di gioia, e guardate la sua testa che esplode in rivoli di sangue e cervella e pezzetti di teschio. Poi procedete a fare un balletto sulle note di "Pure Desire" e allontanatevi verso il tramonto facendo un'impennata sulla vostra mountain bike.
EDDIE VAN TALENT (EA)

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DECAPITATED
Anticult
(Nuclear Blast)

decapitated anticult recensione review copertina cover album streaming mp3 2017

Non sono mai stato un detrattore a tutti i costi dei Decapitated versione seconda, anzi, Carnival Is Forever mi piacque pure discretamente e lo ascoltai per un pezzo, ma via via che passano gli album la verve compositiva di Vogg diventa meno interessante e più uguale a se stessa. Carine le atmosfere groovy, soprattutto perché lette in chiave non sfacciatamente americana, i suoni pulitissimi e plastificati possono pure piacere a tratti perché minchia oh paura il death metal moderno, ma la verità è che Anticult è un disco orribile e non bastano l'atmosfera da duri e una produzione ipertrofica a salvarlo. Ormai i Decapitated non possono avere altra funzione che quella della band da mettere in cuffia quando vai alla 20 Hours, con la faccia cattiva, tentando di costruire l'addominale e il pettorale che non hai mai avuto con la playlist "I believe in fitness". Tempo due canzoni, sale la noia e torni a cantare le sigle di Cristina D'Avena, che al pettorale ci ripensi nel 2018.
I PUFFI SUNN O))) (AB)

MARK CONE
Now Showing
(Neck Chop)

mark cone now showing recensione review copertina cover album streaming mp3 2017

Mark Cone è un tizio che si chiama Jack McDermott e che possiamo identificare come la versione cresciuta di un ragazzino americano che passa il 99% del tempo nel suo seminterrato a vivisezionare scarafaggi e costruire invenzioni bislacche. Oggi che è grande è riuscito anche a uscire di casa e a fondare un gruppo, gli Urochromes, che l'anno scorso ha fatto molto parlare di sé con alcuni EP di frenetico punk hardcore a propulsione meccanica con testi tra umorismo scatologico e nerdismo estremo. Ora esce questo LP di debutto del suo progetto solista Mark Cone ed è un trionfo di synth vintage, drum machine giocattolose e il favoloso cantato ultranervoso di Jack. Il disco è un viaggio in un mondo fatto di iperattività e paranoia, dove i muri sono sì troppo vicini ma sono anche decorati con disegni naïf e colori sgargianti. È musica minimale, veloce, stupida e pazza e, per quanto le influenze (Screamers, Devo, Dow Jones and the Industrials, Primitive Calculators e Instant Automatons, tanto per dare un'idea, ma fanno capolino anche suggestioni alla Darvocets) siano palesi, il progetto-Mark Cone ha personalità da vendere: bastano l'intermezzo recitato "If The Cone Fits", il bizzarro manifesto "Chin Music" e il pop tutto storto ma azzeccatissimo di "Hoity Toity Boy" per dimostrarlo.
CONTACTEE CONTACTEE (GS)

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BROKEN SOCIAL SCENE
Hug Of Thunder
(Arts & Crafts)

broken social scene hug of thunder recensione review copertina cover album streaming mp3 2017

La mia storia con il collettivo canadese risale all'epoca del formidabile You Forgot It In People. Era un perfetto compendio di indie-rock e tutto quello che volevo sentire all'epoca (no, ok, non proprio tutto, ma è un modo di dire). Andai a vederli all'ora defunto Rainbow di Milano e venimmo tutti sbattuti fuori dopo poche canzoni, e il concerto interrotto, perché doveva cominciare la discoteca. Ci rimasi così male che andai a vederli a Torino pochi giorni dopo, e fecero un concerto esaltante. Poi ci siamo un po' persi di vista: io ho cominciato a seguire di più altre cose, e loro a fare buoni dischi che mi arrivavano meno. Questa è la prima volta che mi ritrovo ad ascoltarli con attenzione con un disco nuovo dall'inizio alla fine, e non li trovo in grande forma: sembra tutto molto annacquato, molto pop nel senso meno positivo del termine - di quello che fa rima con inconsistenza - i suoni non sono davvero niente di che, e a tratti alcune cose mi ricordano un po' il peggior Billy Corgan. Mi sa che la nostra storia d'amore è davvero finita.
AMANTE DELUSO (FS)

MELVINS
A Walk With Love And Death
(Ipecac)

melvins a walk with love and death recensione review copertina cover album streaming mp3 2017

Tornano i grandi saggi del rock, perché di questo parliamo: di un disco RUOCK. I Melvins sono forse tra i pochi gruppi a sbattersene delle mode e dei modi, fanno quello che vogliono e quello che gli viene, riuscendo sempre a ottenere qualcosa di nuovo senza rinnegare una virgola del loro stile riconoscibilissimo. In questo caso abbiamo un doppio album, diviso in una parte in studio e un'altra parte pensata per essere la colonna sonora di un corto correlato al progetto, progetto che sembra proprio una delle migliori prove della band. In Death, il lato in studio, troviamo dei Melvins meditabondi che si concedono anche spruzzi kraut tipo riff a spirale: il sound è contenuto, dai contorni acidi e le esplosioni chitarristiche più che deflagrare all'esterno sono introiettate, regna un fuoco che brucia da dentro in maniera subdola e ogni tanto si torna al grunge inteso come forma canzone anche se fortunatamente solo di sfuggita e probabilmente per negarlo (ci sono anche dei recuperi, come ad esempio la splendida "Euthanasia" che originariamente era targata 1990). Si tratta di classic rock mutante che diventa automaticamente altro smaciullandosi, d'altronde i nostri c'hanno una certa e non vogliono giustamente mettersi il fondotinta per nasconderlo, anzi, puntano proprio ad apparire come vecchi incazzati e rancorosi seduti davanti a un bar a bucare i palloni ai regazzini. Ma poi metti il lato Love, quello della colonna sonora, e tutto cambia: i Melvins diventano degli sperimentatori estremisti al limite dell'inascoltabile. Una pietra di paragone potrebbe essere il controverso Airlock: the Soundtrack dei Cure periodo Pornography, ma la realtà è che sono i Melvins, solo i Melvins. Un gruppo che appena lo nomini già diventa Snivlem.
DIAVOLETTO FURBETTO (DB)

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21 SAVAGE
Issa Album
(Slaughter Gang/Epic)

21 savage issa album recensione review copertina cover album streaming mp3 2017

21 Savage dovrebbe proprio starmi sul cazzo. Mi dà l'impressione di essere un pezzo di merda che, solo perché ha un botto di stile—e ha un botto di stile, provate a dire il contrario e verrete immediatamente prelevati dalla trap police e lasciati a marcire nel retro di un sexy shop incrostato di sperma a Greensboro, GA mentre pensate ai vostri errori—è riuscito a diventare un grosso del rap. Non è più bravo di nessun altro in alcun modo, ma è molto più convincente della stragrande maggioranza di quelli che vogliono fare i duri. Si è preso un po' di proiettili, Drake se l'è ingraziato e gli ha regalato una Ferrari, Tyga l'ha dissato perché ha detto che voleva sodomizzare la sua fidanzata, guida senza patente e si fa gamare e si lamenta perché deve andare a tagliare l'erba invece di poter pagare una multa e continuare a fare il cazzo che vuole. Ha solo due espressioni, scazzato e sorrisino beffardo, una più fastidiosa dell'altra. Non prova in alcun modo a essere un personaggio piacevole, e ovviamente piace un sacco a tutti esattamente per questo. 21 Savage è una macchina perfetta che non può fallire: ormai può dire cose standard su sesso, droga e violenza e fare cento milioni di visualizzazioni come se nulla fosse, con tanti saluti a Young Thug che si veste da donna e Chance che prega iddio e Jay che riflette sui suoi errori e chiede scusa a Bey. 21 Savage ha vinto la lotteria della vita e andrà avanti a godere delle sue enormi ricchezze arricciandosi in un guscio d'oro, fortuna e risultati. Quindi tanto vale prendere Issa Album per quello che è: un disco di trap canonica, piena d'odio, sangue e stripper, che non si prende alcun rischio né ha intenzione di farlo e avrà un successo clamoroso esattamente per questo.
21 SAVATAGE (EA)

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DEAFCULT
Auras
(Hobbledehoy)

deafcult auras recensione review copertina cover album streaming mp3 2017

Faccio zapping su Bandcamp ostentando superiorità nei confronti dell'ennesimo EP indie dalla copertina terrificante quando, accanto al disco degli Slowdive, nella chart dei più venduti album shoegaze compaiono i Deafcult con la loro illustrazione che ricorda tanto i droni più teneri degli Angelic Process e dai colori così vaporwave. Poi il disco non è neanche lontanamente pesante come la roba degli Angelic Process, e anche se di chitarre ce n'è tante lo stesso, i ragazzi di Brisbane è proprio con i redivivi Neil Halstead e Rachel Goswell che hanno un debito che forse non riusciranno mai a ripagare. Rispetto agli Slowdive però, qui siamo più dalle parti della canzone: niente lunghe intro, niente costruzioni strumentali, ma canzoncine pop dritte, rapide, suadenti. Millennial che si mettono addosso i vestiti di mamma e papà quando erano giovani, ma pur nella nostalgia e nella malinconia non riescono a nascondere del tutto la loro freschezza un po' hip, tanto che a volte spunta addirittura qualche ghiribizzo electro ("Echoes") e la voglia di saltellare allegramente con dei bordoni My Bloody Valentine che si mischiano a squilli jangle da presa bene ("Summertime"). Disco per i vecchiazzi, per i giovini e per tutti quelli nel mezzo.
FUZZ ME MOAR (AB)

SQUADRA OMEGA
Nervoso
(Holidays)

E siamo a quota due album nel 2017 per il collettivo d'improvvisazione veneto che gira intorno a Matt Bordin dell'Outside/Inside Studio e Andrea "G8" Giotto, ex With Love e Be Maledetto Now!. Dopo Materia Oscura, uscito per Soave poco più di un mese fa e contenente tre lunghe jam psychedeliche tutto sommato relativamente "easy listening", con i loro passaggi soffici tra momenti di sospensione spaziale, esplosioni free jazz e rockeggio prog, i due, questa volta in versione trio con OmegaFrank alla batteria, pubblicano Nervoso per Holidays—ed è tutta un'altra storia. Due lati, due brani in cui a farla da padrone è proprio il nervosismo, all'insegna dell'atonalità: frammenti di chitarra jazz primordiale s'infrangono contro percussioni sibilanti, tappeti elettronici che sembrano formati solo da riverbero e poche, dissonanti note di basso. Ogni tanto fa capolino un sax che, a differenza che nel sopracitato Materia Oscura, si concede un'espressione pura di suono, tra squilli e fischi e cascate di note. Sul finale del primo lato la tensione accumulata deflagra in un funk irresistibile, per poi scomporsi di nuovo. Di certo non si tratta di un album facile, ma si tratta senza dubbio dell'ennesima, fulminea testimonianza dell'ecletticità e del talento multiforme del collettivo veneto, e scusate se è poco.
AGIT-PROT (GS)

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