Cos'è davvero la sensibilità al glutine

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Cos'è davvero la sensibilità al glutine

Certamente, la “sensibilità” è una cosa seria. Ma è anche un disturbo complesso e ancora in gran parte poco compreso dalla medicina stessa.

Il panorama del gluten-free è un grande casino, e nonostante il nostro articolo di qualche giorno fa, probabilmente c'è ancora molto da dire. Il motivo del contendere è soprattutto la "sensibilità al glutine", con i suoi innegabili disagi e la sua difficile diagnosi, che spesso lascia spazio alle affermazioni più fantasiose.

Certamente, la "sensibilità" è una cosa seria. Ma è anche un disturbo complesso e ancora in gran parte poco compreso dalla stessa medicina. Il fatto che i suoi sintomi siano tanto numerosi e diversi fra loro ha reso difficile uno studio sistematico della patologia, tanto che più di uno studioso ha espresso dubbi sull'esistenza di una malattia vera e propria. Il quadro si complica se si pensa che non esistono ancora test totalmente affidabili per diagnosticare la "sensibilità"—al contrario di quanto accade con la sua "sorella maggiore" celiachia.

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La stessa parola "sensibilità" è diventata uno strumento al servizio della disinformazione sul glutine e le sue presunte devastanti conseguenze: tanta parte dei no-gluten-chic moderni, vip in testa, si identificano come "sensibili" senza una diagnosi adeguata. Uno sguardo ai numeri rivela come la cosa sia fuori controllo: gli studi più attendibili dichiarano che la "sensibilità" compaia un po' meno spesso della celiachia (circa l'1 percento), ma in Italia il numero degli autoproclamati "sensibili" è quasi il doppio di quello dei celiaci.

Da qualche anno a questa parte, c'è stato un incremento nelle ricerche della parola "gutine," a discapito della parola "celiachia." Immagine: screenshot da Google Trends.

Come sempre, la confusione su un problema serio danneggia chi con quel problema deve bene o male fare i conti, in questo caso le persone realmente "sensibili al glutine" ancora più dei celiaci. Deciso a fare chiarezza una volta per tutte, ho chiesto lumi al dottor Umberto Volta, professore all'Università di Bologna e uno dei massimi esperti sulla "sensibilità" in Italia.

Motherboard: Professor Volta, cos'è la "sensibilità al glutine" e come si riconosce?
Umberto Volta: Un paziente è sensibile al glutine quando presenta determinati sintomi a seguito dell'ingestione di glutine, senza essere celiaco né allergico al frumento. Questi sintomi appaiono dopo un minimo di due ore dall'assunzione del glutine, fino a un massimo di uno o due giorni; sono molto vari e non sono presenti tutti assieme in tutti i pazienti. Dal punto di vista intestinale, troviamo meteorismo e dolori addominali nell'87 percento dei casi; diarrea nel 54 percento; reflusso gastroesofageo e stipsi in percentuali minori.

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Altri sintomi?
Ci sono i sintomi extra-intestinali, come la stomatite, che appare in circa il 15-20 percento dei "sensibili", la sensazione di stanchezza cronica, ma anche problemi neurologici come cefalea, ansia, depressione. Alcuni pazienti presentano anche dolori muscolari e sfoghi cutanei. Infine, circa il 20-25 percento dei "sensibili" sono anemici: è un segno di danni alle pareti dell'intestino , che non sono atrofiche come nella celiachia, ma infiammate.

Penso che ci sia una tendenza all'autodiagnosi, e si tratta di una tendenza da combattere.

Ma come si fa a capire se una persona con questi sintomi sia affetta da "sensibilità"?
Si tratta di una diagnosi differenziale, che va per esclusione. Innanzitutto bisogna assicurarsi che la persona in questione non abbia né la celiachia né l'allergia al grano, con test specifici. Una volta escluse queste due diagnosi, si deve procedere a verificare la diagnosi di "sensibilità".
Ci sono due test principali. Quello più affidabile è il trial in doppio cieco con placebo. Per due settimane, si somministrano al paziente delle compresse, che contengono o glutine o un placebo, una sostanza innocua. Il paziente ovviamente non sa cosa c'è in ogni compressa, per evitare autosuggestioni.
Dopodiché, si osserva se il paziente presenta quei famosi sintomi in corrispondenza all'ingestione di glutine, e se essi scompaiono quando invece prende il placebo.

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Quanto è affidabile questo test?
Ci sono ancora molti punti interrogativi. Ad esempio, c'è un dibattito su quale sia la quantità giusta di glutine da somministrare nel corso del test. In generale non ci sono ancora test standardizzati, ed è difficile farlo ovunque, in strutture non attrezzate adeguatamente. C'è anche il problema di convincere il paziente ad assumere glutine per il test, dato che molti vanno dal dottore dopo aver già eliminato il glutine dalla loro dieta.

Qual è il secondo metodo di diagnosi?
Bisogna verificare la presenza degli anticorpi anti-gliadina nel sangue del paziente. Si tratta di anticorpi presenti in circa il 50-60 percento dei "sensibili", e che scompaiono una volta che un paziente smette di mangiare cibi con glutine. Però, com'è evidente, essi si trovano solo in una parte della popolazione affetta dal disturbo.

A proposito di questo: qual è la prevalenza della "sensibilità"? Quanti sono i "sensibili"?
Ci sono dati molto contrastanti al riguardo, molto variabili. Il dottor Alessio Fasano [uno dei maggiori teorici della sensibilità, di cui avevamo già parlato nello scorso articolo, n.d.r.] parlava addirittura del 6 percento della popolazione. Lo studio di Fasano però era stato condotto in un centro specifico per la diagnosi e la cura della celiachia, per cui non è un dato facilmente applicabile alla popolazione generale. Uno studio, più ampio, sulla popolazione degli Stati Uniti, è stato condotto dal professor Peter Green della Columbia University, e lì si parlava di cifre molto inferiori: circa lo 0,6 percento. Da studi che ho condotto in centri diagnostici di secondo livello, credo che la prevalenza sia leggermente superiore a quella della celiachia, quindi circa all'1,5 percento della popolazione.

Lo sfruttamento intensivo, l'uso di fertilizzanti, pesticidi e fungicidi ha reso il grano moderno "diverso".

E come si spiega che in America quasi il 25 percento della popolazione si dichiari sensibile, o comunque abbia bandito il glutine dalla propria dieta?
Penso che ci sia una tendenza all'autodiagnosi, e si tratta di una tendenza da combattere. Penso che molte delle colpe per questo trend siano dei media, che alimentano questa moda, insieme a celebrità come Lady Gaga o Gwyneth Paltrow. Sono moltissimi i pazienti che vengono da me convinti di essere sensibili senza avere alcun sintomo.

Quali sono i rischi di questa moda?
Innanzitutto smettere di mangiare glutine senza una diagnosi potrebbe rendere la diagnosi più complicata. Inoltre chi mangia gluten-free pensando di dimagrire si sbaglia di grosso: gli alimenti per celiaci come le pizze e la pasta senza glutine sono molto grassi.
L'anno scorso lo studioso americano Peter Gibson ha pubblicato uno studio in cui, di fatto, dipingeva la "sensibilità" come un'autosuggestione, e suggeriva che i sintomi dipendessero da altre sostanze presenti nei farinacei, non dal glutine.Lo studio di Gibson partiva dal presupposto che la sensibilità sia un disturbo multifattoriale, che cioè a provocare il disturbo non sia solo il glutine ma anche altre sostanze. Fra queste, avrebbero un ruolo anche i cosiddetti "Fodmap" , degli zuccheri che provocano la formazione di gas e acqua nell'intestino. I "Fodmap" sono presenti in quasi tutti i cereali con glutine, perciò Gibson ha concluso che la "sensibilità" fosse provocata dai "Fodmap" e non dal glutine. Ora, io penso che i "Fodmap" abbiano un ruolo importante nei sintomi intestinali, ma non spiegano i sintomi extra-intestinali come le stomatiti, la cefalea e così via. Gibson si è concentrato sui soli sintomi intestinali, e per questo il suo studio è stato molto criticato da altri esperti.

Un'ultima domanda. I dati mostrano che negli ultimi anni il numero di persone che rinuncia al glutine è cresciuto esponenzialmente. Ora, a prescindere dalle mode, c'è un motivo per questo?
Nel caso della celiachia, ovviamente, molte più persone rinunciano al glutine perché molti più casi sono diagnosticati grazie alle tecniche moderne. Ma parlando anche con alcuni esperti di agricoltura, la sensazione è che qualcosa sia cambiato. Lo sfruttamento intensivo, l'uso di fertilizzanti, pesticidi e fungicidi ha reso il grano moderno "diverso". Il grano di oggi ha una quantità esagerata di amilasi tripsina: si tratta di una proteina che favorisce reazioni di immunità nell'organismo. Questo potrebbe aver giocato un ruolo importante nei disturbi da sensibilità.