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Tecnologia

In Italia il futuro dei soldi assomiglia al passato

Pagare con la sola imposizione dello smartphone è una prospettiva interessante: la sola possibilità di eliminare il portafogli ed avere una preoccupazione in meno in tasca è già un ottimo motivo per voler dire definitivamente no al denaro contante.

La tecnologia NFC, near field communication, e le app di mobile payment rendono possibile tutto ciò, ed in teoria molti di noi hanno già gli strumenti adatti in tasca, eppure nessuno sembra sfruttarli. A quattro anni dal lancio negli USA di Google Wallet—trasformatosi poi in Android Pay—, a più di un anno da quello di Apple Pay, qui da noi nessuno dei due è ancora disponibile, nonostante la diffusione in crescita dei POS contactless nei negozi e dell'adozione da parte del pubblico di modelli di smartphone abilitati.

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Gli ultimi due smartphone che ho avuto erano dotati di NFC, ma in questi anni non ho avuto modo di sfruttare questa tecnologia. Al massimo ho provato a scambiare qualche file con gli amici, prima di capire che mandarli via WhatsApp o e-mail era più facile di trovare un amico con NFC e spiegargli tutto il procedimento.

Essendo particolarmente gasato all'idea di questo futuristico mondo fatto di trasferimenti dati degni di Minority Report, ho vissuto questi anni un po' come quando le prime versioni dei Pokémon ci mettevano uno o due anni ad arrivare nel Vecchio Continente, ed io sentivo e soffrivo per il mio Game Boy vuoto in tasca, mentre ero sicuro che oltreoceano si stesse consumando la più importante rivoluzione videoludica della storia.

Ma, nel caso del mobile payment, si può davvero parlare di rivoluzione?

Il fatto è che, detto con franchezza, sembra esserci poco interesse verso l'utilizzo di questi servizi. Un recente report della Trustev rebloggato da NFCWorld ha raccolto dati a riguardo ed ha mostrato come solo il 20% dei possessori di iPhone abilitati all'utilizzo di Apple Pay usufruisca effettivamente dell'applicazione. Tra i possessori di Samsung Galaxy S5 o S6, addirittura, solo il 14% aveva mai usato Android Pay o il nuovo arrivato Samsung Pay.

Tra i non-utilizzatori la maggior parte semplicemente non è interessata, seguita da chi non ne era proprio a conoscenza, e da una minoranza trascurabile di utenti che dichiarano di non trovare esercizi che accettino i pagamenti. Mentre anche LG ha annunciato di voler prendersi una fetta di mercato con LG G Pay (di cui però si sa ancora poco), Samsung sembra fare i salti mortali per aumentare l'adozione di Samsung Pay, annunciando di voler includere chip NFC nei prossimi telefoni di fascia medio-bassa, ed addirittura offrendo 50$ ai propri utenti che attivano l'applicazione.

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Messo il cuore in pace perché non potrò avere quei 50$, come posso fare qui in Italia se sono carico e voglio pagare le cose col telefono? In realtà c'è una scelta varia e in espansione di app nostrane per il mobile payment: per esempio, TIM, Vodafone e Poste Mobile hanno sviluppato i propri wallet offrendo anche molte funzionalità aggiuntive.

Su tutte e tre le applicazioni è possibile, oltre alle carte di credito/debito, salvare anche carte fedeltà e biglietti dei mezzi per le città abilitate—per ora praticamente solo Milano e Torino—, un po' come con Passbook. La compatibilità delle carte varia molto: nel caso TIM si può sceglere tra alcuni modelli di Intesa Sanpaolo, Mediolanum, UBI Banca, BNL e Hello Bank!; Vodafone è solo compatibile con la propria SmartPass e due carte Mediolanum; Poste Mobile invece ammette solo carte del conto BancoPosta, BancoPosta Click e Postepay nominative.

Tutte le banche sopra citate offrono la propria versione dell'app wallet, limitata ovviamente ai servizi della banca specifica. Il problema è che tutte queste alternative hanno delle problematiche comuni, che ne rendono l'adozione da parte di un vasto pubblico tutto fuorché facile.

Per prima cosa, sono tutte applicazioni disponibili unicamente su Android, ed ecco che più di metà del mercato rimane tagliata fuori. Ovviamente il telefono deve avere un chip NFC, cosa che si verifica più o meno solo in un terzo di questi casi. Inoltre sia per i wallet degli operatori telefonici che per quelli delle banche è richiesta una SIM NFC di uno degli operatori citati (che coprono appena il 50% del mercato), nonché un conto o carta compatibile.

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Se il cliente è riuscito a spuntare tutte le voci di questa lista può provare ad utilizzare l'app che fa al caso suo, ma si renderà conto molto velocemente che sul Play Store nessuna delle applicazioni citate gode di buona fama. C'è un pattern molto evidente nelle recensioni: nessuna di queste opzioni riesce a superare le 3,5 stelle perché quasi la metà degli utenti che le ha installate non è riuscito ad utilizzare il servizio. A volte si tratta di problemi di compatibilità, ma spesso sono i bug interni ad impedirne il funzionamento.

Ho paura di essere davvero l'unico gasato all'idea di sborsare attraverso onde elettromagnetiche a distanza.

Lo stato dei pagamenti NFC qui da noi non è quindi dei migliori. La buona notizia è che l'arrivo dei big (Apple/Android/Samsung Pay) è previsto non oltre il 2016. È ancora da vedere quali carte di quali banche si potranno usare, ma la cosa sicura è che non sarà richiesta la SIM NFC. Purtroppo non sono ancora state comunicate date precise.

Per i pagamenti da persona a persona la situazione migliora. La scelta più ovvia è PayPal, che richiede solamente che entrambe le persone siano iscritte per permettere transazioni. Unico lato negativo sono le commissioni, applicate principalmente quando il denaro passa dal conto PayPal ad una carta di credito associata.

Un servizio simile sarà offerto da Facebook Messenger e Snapchat, entrambi intenzionati ad invadere il campo permettendo di inviare denaro agli amici con semplici messaggi. Abbiamo trattato di entrambi in passato su queste pagine e per entrambi mancano notizie ufficiali sull'arrivo nel nostro Paese.

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Prima di informarmi sulle ragioni che rallentavano la diffusione in Europa del mobile payment mi immaginavo che la situazione fosse simile a quelle di app come Spotify o Netflix, ovvero che si trattasse di problemi di licenze e burocrazia. Immaginavo lobby che opponevano l'adozione del mobile payment, così comodo nell'utilizzo ma scomodo in quanto troppo tracciabile. Eppure tutto ciò non c'entrava nulla, si trattava semplicemente di mancanza di interesse da parte degli utenti.

Questa tecnologia ha i mezzi, ma manca di slancio ed incentivi per superare la fase di early adoption e convincere una fetta abbastanza grande di pubblico a cambiare le proprie abitudini.

Alcuni analisti sono comunque molto ottimisti: ad esempio, il Global Payments Report della multinazionale Worldpay, di cui ha parlato anche il Sole 24 Ore, stima che nel 2019 il pagamento via smartphone sarà il più usato al mondo, seguito da carte di credito, bancomat e solo in piccola parte dai contanti. Questa rivoluzione sarebbe da attribuire principalmente agli Stati e le Città che hanno annunciato di voler diventare completamente cashless entro quell'anno, di fatto costringendo i cittadini ad adottare nuove forme di pagamento.

Al netto di tutto, ho paura di essere davvero l'unico gasato all'idea di sborsare attraverso onde elettromagnetiche a distanza. Spero di essere smentito.

Segui Lorenzo su Twitter: @lorenzopardi