La grande guida di Motherboard ai pianeti abitabili
Immagine via NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Carnegie Institution of Washington

FYI.

This story is over 5 years old.

Tecnologia

La grande guida di Motherboard ai pianeti abitabili

e siete stanchi della vita sulla Terra, una delle opzioni potrebbe essere cambiare atmosfera—seguendo i nostri consigli ovviamente.

Se siete stanchi della Terra, ma non siete ancora pronti a suicidarvi, una delle opzioni potrebbe essere cambiare aria. Nel senso di cambiare atmosfera e lasciare il pianeta. Ovviamente ci vorrà tempo. E moltissime risorse economiche, oltre a materiali e tecnologie di cui al momento non disponiamo. Ma a un certo punto ci troveremo nella situazione (tra sovrappopolazione, inquinamento e altri casini) di essere disposti ad accontentarci di qualsiasi posto pur di levarci di torno. Dopo tutto, con un po' di buona volontà e grandi capacità di inventiva, anche il buco più remoto e inospitale del Sistema Solare può trasformarsi in un bel posto per vivere.

Pubblicità

Per aiutarvi nella scelta della vostra prossima dimora, abbiamo stilato questa piccolo esercizio teorico di guida al terraforming del Sistema Solare.

MERCURIO

Data la vicinanza con il Sole e la mancanza di atmosfera, gran parte della superficie del pianeta è un autentico inferno con temperature che superano i 400 gradi. Per trovare una regione adatta a subire un processo di terraformazione parziale bisogna considerare i poli, dove la temperatura scende sotto i -130 gradi, e in particolare al polo settentrionale, dove la presenza di acqua allo stato solido e di molecole organiche rendono i crateri di Kandinsky, Prokofiev, Tolkien e Tryggvadottir le location perfette per dei soggiorni su Mercurio.

Un'opzione sarebbe quella di erigere cupole colossali strutturate per contenere al loro interno un'atmosfera adatta all'uomo. Il riscaldamento verrebbe fornito dalla luce solare riflessa attraverso un sistema di specchi giganteschi, questo aiuterebbe a fare evaporare il ghiaccio e a liberare le molecole organiche contenute in esso, modificando l'ambiente artificiale ricreato nelle cupole.

Se i poli non vi convincono, l'alternativa, è rintanarsi dentro ai tunnel di lava. Queste strutture naturali, infatti, rappresentano dei rifugi ideali che, se opportunamente pressurizzati possono contenere un'atmosfera respirabile, garantire un livello di protezione elevato contro le radiazioni cosmiche e solari, oltre che evitarvi di subire i disagi causati dagli sbalzi termici.

Pubblicità

Insomma, trasferirsi su Mercurio evita di incappare in tutte quelle situazioni sgradevoli in cui uscendo di casa al mattino, ci si pente subito di essersi vestiti troppo leggeri o troppo pesanti rispetto al clima della giornata, perché tanto su Mercurio non si esce mai.

Consigliato: ai pantofolai e in generale a chi apprezza le comodità domestiche.

VENERE

PIA00159_732x520.jpg

A causa delle sue caratteristiche geologiche, Venere è soprannominato anche il pianeta gemello della Terra, un gemello che si è perso per strada però. La sua atmosfera, costituita principalmente da anidride carbonica, è molto più densa di quella terrestre. Tutto questo favorisce la creazione di un imponente effetto serra, che lo rende il pianeta più caldo del Sistema Solare. Tuttavia, se non soffrite del complesso dell'eterno secondo nei confronti di qualche vostro fratello migliore di voi in tutto, ci sono molti aspetti interessanti da prendere in considerazione.

Il grosso problema di Venere è che assorbe quasi il doppio della luce solare rispetto alla Terra e, come saprete, raggi solari e effetto serra sono una miscela micidiale. Il primo obiettivo da raggiungere, quindi, è proprio quello di limitare questa influenza, sfruttando un sistema di schermi collocato nell'atmosfera, come enormi palloni aerostatici riflettenti realizzati con materiali a bassa albedo.

Questa situazione ricca di disagi nasconde anche qualche aspetto positivo: l'elevata densità dell'atmosfera venusiana, infatti, consentirebbe persino di ospitare delle città galleggianti sulle nuvole. Come proposto dallo scienziato della NASA Geoffrey A. Landis, queste strutture, oltre a svolgere la funzione di scudi solari, costituirebbero le basi operative su cui attendere il giorno in cui si potrà migrare sulla superficie.

Pubblicità

C'è solo un altro aspetto da considerare: la lentissima velocità di rotazione di Venere fa sì che le giornate venusiane abbiano una durata equivalente a 243 giorni terrestri. Insomma, sul pianeta i giorni e le notti sono estremamente lunghi. Di primo acchito, mi verrebbe da dire che è fantastico disporre di tutte quelle ore di luce da sfruttare nel tempo libero (io, ad esempio, adorerei l'atmosfera da perenne siesta pomeridiana che avrebbero le ore di sonno), ma mi rendo conto che la maggior parte delle specie terrestri avrebbe grosse difficoltà di adattamento e che, sopratutto, non potrei mai sopportare le lamentele continue di chi non riesce a dormire con la luce accesa.

Per risolvere questo inconveniente, Paul Birch della British Interplanetary Society ha suggerito di creare un sistema di specchi solari orbitali in prossimità del punto di Lagrange L1 tra Venere e il Sole che simulino un ciclo di luce di 24 ore simile al nostro. Tuttavia, questa soluzione non ovvierebbe all'altro effetto collaterale causato da una bassa velocità di rotazione: la mancanza di un campo magnetico sufficientemente intenso da fornire una adeguata protezione contro il vento solare.

L'opzione più radicale per risolvere due problemi in uno sarebbe quella di dirottare dei corpi celesti sufficientemente grandi (parliamo di asteroidi il cui diametro deve superare i 96,5 km) per farli impattare sulla superficie del pianeta, in modo da aumentarne la velocità di rotazione. Il tutto avrebbe anche il beneficio di espellere nello spazio parte della densissima atmosfera. Io non ho nulla contro questa ultima opzione, basta che mi avvisiate il giorno del dirottamento e soprattutto che la perdita di atmosfera non comporti lo smantellamento delle città venusiane sulle nuvole.

Pubblicità

Consigliato: questa è facile, ai fan di Lando Carlissian di Star Wars ma anche agli attivisti che si battono contro il buco nell'ozono.

LUNA

GPN-2000-0011271.jpg

La Luna è il nostro satellite naturale. Ma dopo la sbornia di missioni lunari di cui si è ubriacata l'umanità, ora tendiamo a sottovalutarla, presi come siamo dalla corsa verso Marte. Ma in fondo è il corpo celeste più vicino alla Terra, (dista solo 384.400 chilometri circa) e non è carino trascurare i parenti stretti.

Le tecniche di terraforming pensate per Mercurio e Venere sono papabili anche per la Luna, quindi eviterò di dilungarmi. Per cominciare, la Luna ha un'atmosfera così sottile da essere classificata solo come un esosfera. Inoltre, gli elementi volatili necessari per la vita (cioè idrogeno, azoto e carbonio) sono estremamente scarsi.

Per rifornire il nostro satellite degli elementi citati, bisognerebbe ricorrere, come nel caso di Venere, all'impatto con dei corpi celesti estranei. Comete contenenti ghiaccio e altre sostanze volatili, che sublimando, disperdano i gas e il vapore acqueo per creare un'atmosfera locale, oltre a liberare l'acqua presente nella regolite, la quale potrebbe accumularsi sulla superficie formando specchi d'acqua naturali.

Analogamente a Venere, gli impatti potrebbero essere studiati anche per fare in modo che il satellite ruoti su se stesso garantendo cicli diurni di 24 ore. Ovviamente si tratta di soluzioni che avrebbero grosse conseguenze anche sulla Terra, (si parla di modificare il ciclo delle maree) quindi prima di praticarle dovremmo chiedere il permesso ai suoi abitanti.

Pubblicità

Come già anticipato, le tecniche di paraterraforming per la Luna sono analoghe alla soluzioni che prevedono la costruzione di cupole illustrate nel polo settentrionale di Mercurio. La location lunare adatta al caso nostro sarebbe il cratere di Shackleton, un sito in cui gli scienziati hanno trovato le prove della presenza di acqua allo stato solido.

E sempre in maniera simile al pianeta più vicino al Sole, gli amanti delle soluzione più intime potrebbero trovare alloggio nei tubi di lava lunari. Rispetto ai due pianeti menzionati, le passeggiate sulla superficie lunare non sarebbero del tutto off-limits. L'ideale per chi ama gli sport estremi e l'esplorazione. L'unico inconveniente: la gravità, più bassa di quella terrestre, ha effetti negativi sui muscoli e le ossa umane. Ma per fare balzi di diversi metri con poco sforzo credo che molti sarebbero disposti ad affrontare il rischio.

Consigliato: a chi non vuole trasferirsi troppo lontano dalla famiglia e vuole risparmiare sul costo dei biglietti spaziali.

MARTE

pia19401-MAIN_sunset1.gif

Il terraforming di Marte è un grande classico. Anche il Pianeta Rosso, pur condividendo molte caratteristiche con la Terra, è avverso: fa freddo, la sua atmosfera è troppo sottile, manca la magnetosfera debolissima non garantisce sufficiente protezione contro le radiazioni e la sua pressione è circa l'1 percento di quella terrestre (vi ricordate cosa succedeva a Schartzie quando in Atto di Forza si avventurava sulla sua superficie senza protezione?)

Pubblicità

Quindi, la lista di priorità include: provocare il riscaldamento del pianeta, irrobustirne l'atmosfera e variarne la composizione. Al contrario di Venere, su Marte dobbiamo favorire l'effetto serra. Si tratta di sfruttare la nostra esperienza nell'impattare sull'ambiente consumando enormi quantità di fonti fossili per immettere anidride carbonica nell'atmosfera. E chi può farlo meglio dell'uomo?

Non starò a ripetervi le storie già note di fabbriche marziane mobili che immettono CO2 nell'atmosfera, ma piuttosto cercherò di stimolare il vostro lato di appassionati di styling: per riscaldare il pianeta, infatti, potrebbe rivelarsi necessario cambiare il suo classico aspetto rossiccio.

Come sostenuto dallo scienziato Carl Sagan, nel paper del 1973 "Planetary Engineering on Mars", rendere la superficie di Marte più scura per ridurne l'albedo aumenterebbe la quantità di luce assorbita dal pianeta. I materiali per attuare questo piano potrebbero essere estratti dai satelliti naturali Phobos e Deimos (due dei corpi più scuri del nostro sistema solare,) oppure, l'introduzione di licheni e piante di colore scuro sulle calotte polari marziane, assorbendo più calore, contribuirebbero a sciogliere i ghiacci e convertire il pianeta in condizioni simili alla Terra.

Consigliato: a chi ama ritinteggiare periodicamente le pareti di casa, a chi vuole espandere la fabbrichetta di papà, agli inquinatori incalliti, a chi si sposta in auto sempre e comunque, anche solo per andare dal tabaccaio.

Pubblicità

LUNE DI GIOVE

JEGIC-browse.jpg

Prima di parlare del terraforming nel Sistema Solare esterno va fatta una dovuta premessa: a causa della lontananza dalla Terra, rappresenta un'opzione poco praticabile se non abbiamo prima provato a stabilirci sulla Luna, su Marte e nella fascia degli asteroidi. Nella vita ci sono tappe che non possono essere saltate.

Il sistema di satelliti naturali di Giove comprende 67 lune di varia dimensione, forma e composizione. I quattro corpi più grandi vengono chiamati lune galileane e sono: Io, Europa, Ganimede e Callisto.

Molti scienziati ipotizzano che, sotto le superfici ghiacciate di Europa, Ganimede e Callisto si trovino degli oceani interni ospitanti forme di vita autoctone.

Ogni satellite di Giove ha i propri pro e contro a seconda della propria struttura, della composizione, della vicinanza a Giove, della disponibilità di acqua e dell'influenza esercitata dal campo magnetico del pianeta gigante.

EUROPA

Potrebbe ospitare al suo interno un oceano riscaldato dal nucleo contenente molecole organiche. Un tipo di ambiente adatto allo sviluppo di microbi, organismi unicellulari o pluri-cellullari, simili a quelli che popolano le sorgenti idrotermali situate nelle profondità oceaniche terrestri.

GANIMEDE

Ganimede è il satellite naturale più grande del Sistema Solare, supera le dimensioni di Mercurio. Ha una forza gravitazionale equivalente a 0,146 g, paragonabile a quella della Luna. La prevalenza di ghiaccio potrebbe favorire la produzione di ossigeno respirabile e acqua potabile. La sua magnetosfera garantisce una maggiore protezione dalle radiazioni di Giove rispetto ad Europa, pur superando comunque i livelli di guardia per gli esseri umani.

Pubblicità

CALLISTO

Callisto possiede un abbondante scorta di acqua sotto forma di ghiaccio superficiale (e forse allo stato liquido sotto la superficie, in un habitat che potrebbe ospitare organismi simili agli alofili che prosperano in situazioni ad elevata concentrazione salina sulla Terra.)

La sua distanza da Giove comporterebbe di non doversi preoccupare delle radiazioni provenienti dal pianeta, infatti, con un'esposizione superficiale di circa 0,01 rem al giorno, questi valori rientrerebbero entro i limiti di tolleranza umani.

Metodi

In ognuno di questi tre casi, l'obiettivo sarebbe di aumentare la temperatura locale per sciogliere gli strati di ghiaccio superficiali in modo da formare atmosfere di vapore acqueo. I metodi applicabili sarebbero (ancora) dirottare delle comete verso i satelliti o fare detonare altri dispositivi.

In ogni caso, ne risulterebbe un mondo oceanico, in cui occupare insediamenti galleggianti impossibili da ancorare sui fondali - i mari risultanti avrebbero profondità che vanno dai 100 agli 800 chilometri. Poco male, in ogni caso le ancore sarebbero inutili, dato che i satelliti di Giove si muovono in rotazione sincrona attorno al pianeta, questi finiscono per rivolgere costantemente la stessa faccia verso di il gigante notturno e le colonie galleggianti dovrebbero spostarsi costantemente per creare l'illusione di un ciclo diurno.

Attenzione: nel caso in cui venissero scoperte forme di vita autoctone, ovviamente qualsiasi processo di terraformazione le farebbe estinguere e l'umanità di macchierebbe di xenocidio.

Consigliato a: chi ha pelo sullo stomaco nei confronti dello sterminio di popolazioni aliene microbiche, a chi sopporta bene le radiazioni, agli amanti del mare o comunque a chi non soffre di mal di mare (non voglio neanche pensare a come possono essere le onde di un oceano profondo centinaia di chilometri) e in generale, data l'essenza nomadica delle vita nelle case galleggianti, a tutti quelli che si sentono un po' zingari nell'animo.