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In una scuola di Genova un carabiniere si è finto un bidello per beccare gli studenti che spacciavano

Alcuni studenti di un liceo di Genova sarebbero stati denunciati per spaccio dopo che un maresciallo dei carabinieri ha passato tre giorni "sotto copertura" travestito da bidello.

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Non so voi, ma quando andavo al liceo i bagni erano il luogo predisposto per fumare. Ai tempi—ma forse succede tutt'ora—si fumava nascosti nei bagni e qualcuno (a volte una bidella) faceva il palo e ci avvertiva se l'insegnante veniva a controllare. Capite dunque come mai la notizia secondo cui alcuni studenti di un liceo di Genova sarebbero stati segnalati per spaccio da un maresciallo dei carabinieri travestito da bidello mi ha preso particolarmente male.

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Secondo quanto riporta Il Secolo XIX, la fonte principale della notizia, le cose sarebbero andate così: un maresciallo dei carabinieri avrebbe passato tre giorni in un liceo di Genova "sotto copertura"—ovvero, travestito da bidello—a indagare sul consumo di stupefacenti nell'istituto. Le informazioni così ottenute avrebbero fatto scattere il blitz dei carabinieri.

"Tre carabinieri in divisa sono entrati alla fine della lezione in tre classi diverse chiedendo agli studenti di mettere le mani sul banco," si legge nell'articolo. Il blitz, nel corso del quale sarebbe stato utilizzato anche un cane antidroga, ha portato a denunciare tre studenti per spaccio e a segnalarne altri due come consumatori. Più tardi, durante le perquisizioni in casa dei denunciati sono stati sequestrati 25 grammi di hashish, 15 grammi di marijuana e 210 euro.

L'episodio in sé può sembrare un fatto di cronaca decisamente marginale, ma è interessante almeno per due motivi. In primis per i metodi utilizzati: l'operazione "sotto copertura," decisamente singolare visto il contesto scolastico e che secondo alcuni rappresenterebbe "un nuovo salto di qualità della repressione." In secondo luogo, perché non si tratta di un episodio isolato, ma di un caso che si inserisce nel filone della "caccia alla canne" scatenata da qualche mese a questa parte dalla polizia nelle scuole italiane.

Circa un mese fa, infatti, erano successi fatti analoghi in diversi istituti superiori. L'8 marzo gli agenti della polizia cinofila si erano presentati in una succursale del liceo Bassi di Bologna, dove avevano interrotto le lezioni e condotto delle perquisizioni, trovando solo due grammi di marijuana nascosti nei bagni. Due giorni dopo, altre perquisizioni erano state condotte nei licei Sabin e Manzoni, sempre a Bologna, nel corso delle quali era stato arrestato uno studente 17enne per possesso di marijuana. Lo scorso 22 marzo, infine, c'era stato il caso del liceo classico Virgilio di Roma, in cui due carabinieri in borghese erano entrati nella scuola per perquisire cinque studenti "sospetti," uno dei quali era poi stato fermato. In tutti i casi, gli studenti avevano protestato fortemente contro la "militarizzazione" delle scuole.

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E questi sono stati solo i casi più eclatanti: negli ultimi mesi, infatti, i controlli antidroga nelle scuole italiane si sono intensificati e sono state condotte ispezioni un po' ovunque, da Monza a Macerata passando per Ferrara, Modena e Firenze.

L'esito di questi controlli è sempre lo stesso: piccole quantità di cannabis sequestrate e qualche studente denunciato. Secondo Maria Stagnitta, presidente di Forum Droghe, "l'inutilità dei blitz antidroga dentro le scuole è certificata dal fatto che, malgrado ogni anno si ripetano questi rituali dal sapore totalitario, il consumo di cannabis fra gli adolescenti non accenna a diminuire, come certificato da tutti i rapporti e le ricerche epidemiologiche."

Qualche giorno fa, è girato molto un articolo pubblicato su Gli Stati Generali e scritto da un professore a cui è capitato di assistere proprio a una di queste perquisizioni, eseguita durante una sua lezione. Oltre a raccontare l'episodio, l'autore ha provato a riflettere sul suo significato sociale, educativo e politico.

"Quando io vengo a casa tua—perché la scuola è la casa degli studenti—e ti sottopongo a perquisizione, io ti sto dando diversi messaggi," si legge nell'articolo. "Il primo è che ti considero una persona poco raccomandabile.(…) Il secondo messaggio è che la scuola è un posto in cui non ti puoi sentire come a casa. (…) La scuola è un luogo in cui siete controllati e controllabili, perquisiti e perquisibili."

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