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Gli ebrei ultraortodossi non vogliono entrare nell'esercito israeliano

Domenica centinaia di migliaia di ebrei ultra-ortodossi si sono riuniti nel centro di Gerusalemme per protestare contro una proposta di legge che potrebbe sottoporli al servizio di leva obbligatorio, da cui ora sono esclusi per motivi religiosi.

Domenica, centinaia di migliaia di ebrei ultra-ortodossi, i charedim, si sono riuniti nel centro di Gerusalemme per protestare contro il servizio di leva obbligatorio. Al momento sono esonerati dalla leva militare così da poter portare avanti il loro stile di vita ortodosso, ma una proposta di legge potrebbe cambiare le cose, e i charedim non ne sono contenti.

Il centro cittadino è stato travolto da un’ondata di cappelli neri, camice bianche e barbe lunghe, senza alcun discorso irruento o coro. I charedim hanno scelto un’altra forma di protesta e si sono riuniti in grande numero a pregare. Un uomo ha iniziato ad intonare la preghiera tradizionale dell'Amidah. Corpi di ogni fattezza oscillavano avanti e indietro mentre le labbra si muovevano senza emettere alcun rumore.

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Alla protesta, rivolta a tutti i charedim di età superiore ai nove anni, erano state convocate anche le donne, che hanno partecipato in gruppi separati ai lati della folla. Il numero di partecipanti previsto era intorno ai 500.000, anche se i media locali hanno poi riportato tra le 250.000 e le 400.000 presenze. Ad ogni modo, era la più grande folla in cui mi fossi mai ritrovato, e in cui al tempo stesso tutto era stranamente silenzioso.

Fino all’anno scorso, gli ultra-ortodossi erano esonerati dal servizio nell’esercito israeliano per una legge in vigore sin dalla creazione dello stato, alla fine degli anni Quaranta. Mentre l’esercito ha l’autorità di chiamare alle armi ogni cittadino o residente permanente maggiore di 18 anni, i ragazzi charedì possono evitare la leva studiando testi religiosi in istituti chiamati yeshiva. I charedim considerano questi studi un contributo all’ebraismo che equivale ad un servizio militare, se non di più, mentre la leva obbligatoria è percepita come una forma di persecuzione religiosa in quanto nega loro il diritto di praticare e li spinge verso uno stile di vita più laico.

Una fetta della popolazione ebraica d'Israele non vede positivamente la comunità ultra-ortodossa. Ai loro occhi, i charedim non sono propensi a collaborare per il bene comune, rappresentano un fardello finanziario per il paese ed esercitano un controllo culturale sugli ebrei liberali e laici attraverso i tribunali rabbinici. I charedim rappresentano il dieci percento degli otto milioni di abitanti ebrei in Israele. Ricevono le sovvenzioni statali più alte e sono allo stesso tempo il gruppo demografico con il tasso di occupazione più basso. Questo segmento della popolazione cresce sempre più rapidamente: si calcola che, nei prossimi 25 anni, un quarto della popolazione ebraica di Israele sarà ultra-ortodossa.

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Haim, un adolescente charedì, è venuto da me durante la protesta chiedendomi se volessi indossare il tefilin, ovvero due piccole scatole nere poste sulle braccia che contengono dei rotoli con i versi della Torah. Ho rifiutato gentilmente e gli ho chiesto cose pensava della protesta. Haim è nato a Gerusalemme e sarebbe costretto ad arruolarsi, nel caso la legge passasse. Per lui lo stato sta cercando di adescare con l’inganno i giovani religiosi allontanandoli dal loro pio stile di vita. Eppure, aggiunge Haim, la manifestazione l’ha reso più positivo verso il futuro. “L’intera comunità sta mettendo da parte le differenze, si sta unendo in nome del bene comune,” ha detto. Pensa che questa legge passerà, ma mi dice che “la protesta è per dimostrare al mondo che noi ci opponiamo. Ci opponiamo allo stato che cerca di liberarsi della preghiera.”

Nel 2012, la Corte Suprema israeliana ha dichiarato illegale l’esenzione degli ultra-ortodossi in quanto discriminatoria. Il mese scorso il governo ha proposto un disegno di legge che chiamerebbe al servizio un numero prefissato di studenti delle yeshiva ammettendo comunque una certa quantità di esenzioni. Coloro che rifiutassero potrebbero rischiare il carcere. Sebbene la proposta di legge dovrebbe passare alla fine del mese, entrerà in vigore solo tra circa tre anni, un periodo molto lungo per gli standard della politica israeliana. La comunità charedì non ha comunque intenzione di lasciar correre, ed eserciterà pressioni attraverso preghiere e manifestazioni, sperando di bloccare la legge prima che entri in vigore.

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La manifestazione è stata un’impressionante prova dei grandi numeri che la comunità ultra-ortodossa può raccogliere in strada in caso di bisogno. Le strade principali che portavano alla città erano bloccate. La stazione dei bus e la rete metropolitana sono state chiuse. Migliaia di agenti della polizia stazionavano nella zona per prevenire eventuali atti di violenza, come quelli verificatisi recentemente durante altre proteste ultra-ortodosse. Domenica però la polizia ha scelto di restare indietro.

I volantini con gli slogan dei manifestanti hanno inondato le strade e i ragazzi impugnavano cartelloni che recitavano, in inglese ed ebraico, “Il governo israeliano perseguita e calpesta gli ebrei osservanti!” e, “Avete creato voi il problema fondando lo Stato d’Israele. Non chiedeteci di risolverlo facendoci arruolare nell’IDF!”  Questa seconda affermazione è la prova di un forte sentimento anti-sionista da parte di alcuni segmenti della popolazione charedì, in particolare tra gli ebrei chassidici.

Gli ebrei chassidici credono in un’antica forma di ebraismo ultra-ortodosso che ha origine nell’Europa del diciottesimo secolo. Sono facilmente riconoscibili grazie ai loro abiti tradizionali e ai payot, i lunghi riccioli ai lati del viso. Il sionismo degli inizi aveva infatti trovato una forte opposizione tra gli ebrei chassidici, che lo vedevano come un movimento troppo secolare e che sostenevano che gli ebrei avessero stretto un patto con Dio con la promessa di non usare la forza per creare uno stato in Israele. Ovviamente non sono per niente contenti di come sono andate le cose.

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Uno dei principali movimenti anti-sionisti, i satmar, con comunità molto nutrite a New York e Londra, è talmente contro lo stato d’Israele che non accetta nemmeno aiuti economici dal governo. Di recente, uno dei leader religiosi ha dichiarato un “jihad" contro il governo israeliano.

Prima che cominciasse la protesta ho incontrato Yakov, un satmar chassidico inglese di 20 anni che mi ha detto che “sarebbe meglio convertirsi all’Islam che arruolarsi.” Ha spiegato poi che “almeno in questo caso sei ancora monoteista. Nell’esercito invece veneri lo stato.” Yakov è contro ogni tipo di interferenza in quello che definisce uno stile di vita “puro”. Secondo lui, essere chassidico vuol dire vivere una vita di preghiera.

Non vede dell’ipocrisia nell’essere anti-sionista e vivere in Israele. “Non ho nessun’altra scelta, voglio vivere in un ambiente in cui posso essere immerso in uno stile di vita religioso. Vivere a Mea Shearim [un'enclave chassidica a Gerusalemme] mi mantiene puro. Posso uscire e non vedere nulla di laico.” Anche se per un chassidico è un posto relativamente idilliaco in cui vivere, a Mea Shearim le tensioni contro lo stato spesso si trasformano in vere e proprie rivolte. Lo scorso luglio, un soldato charedì che era in visita dalla famiglia nel quartiere è stato salvato dalla polizia perché accerchiato da una folla inferocita.

Dato che Yakov non è un cittadino israeliano, non è obbligato a servire l’esercito. È comunque molto contrario all’idea e non pensa che il governo riuscirà a mantenere la promessa di incarcerare chiunque non voglia arruolarsi. “Non possono arrestare ogni studente yeshiva,” dice. “Dovranno costruire dei campi di detenzione appositamente per loro, e cosa ne verrà fuori? Davvero vogliono mettere degli ebrei nei campi?”

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Non ha del tutto torto.

“Anche se lo facessero davvero, noi inizieremmo le yeshiva nelle prigioni. Ovunque ci mettano studieremo, non ci sarà alcuna differenza.”

Dopo la preghiera, ha iniziato a echeggiare nella piazza la musica religiosa proveniente dagli altoparlanti posizionati nella zona circostante. C’era un’atmosfera di festa e i charedim hanno iniziato a danzare in grandi cerchi tenendosi sotto braccio. Al tramonto, decine di migliaia di charedim riempivano le strade. Incoraggiati dalla folla che avevano radunato, sembravano fiduciosi in Dio e nel fatto che avrebbe ascoltato le loro preghiere. Non si sa ancora se sarà grazie alle strategie politiche o all’intervento divino, ma secondo Yakov “una cosa è certa: noi non serviremo l’esercito israeliano.”

Segui Daniel su Twitter: @daniel_tepper

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