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I servizi segreti usano i social network per spiarvi

Ok, non è una novità. Ma la cosa non vi spaventerà finché non capirete quanto è semplice.

Vi capita mai di preoccuparvi del fatto che il governo non sappia abbastanza a proposito di quello che fate? A me sì, per questo mi sono esaltato sentendo dell’ottimo lavoro che sta facendo la Raytheon. È una delle più grosse aziende attive nel settore della difesa, e si guadagna la pagnotta con le armi di distruzione di massa (come i Tomahawk, missili da crociera lanciati dai sottomarini). E ora vi sta osservando.

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Vedete, i bravi dipendenti della Raytheon hanno segretamente sviluppato un programma per computer chiamato “Riot”. So che suona bene, ma sta per Rapid Information Overlay Technology, ovvero, in sostanza, una sofisticata apparecchiatura di sorveglianza. Il Guardian l’ha definito “Google per le spie” e pare che i governi siano molto interessati.

Riot è un software sviluppato con l’aiuto del governo statunitense. Raccoglie i “check-in” fatti tramite i social media per seguire i vostri movimenti su Google Maps, e mette insieme tutte le attività su quelle stesse piattaforme per capire tanto chi sono i vostri amici quanto cosa vi piace fare. Unite tutta quella roba e avrete un algoritmo per prevedere il vostro comportamento.

Se questo vi preoccupa, probabilmente è meglio che non pensiate ai milioni di telecamere a circuito chiuso distribuiti per le strade.

Un missile Tomahawk.

Duncan Mee è una vecchia conoscenza di VICE, un investigatore privato che passa le sue giornate a dare la caccia ai fuggitivi per l’agenzia privata Cerberus. Secondo lui, la sorveglianza digitale è il corrispondente attuale dei servizi segreti, e allo stesso modo i suoi poteri di fermare e perquisire vengono utilizzati per criminalizzare gruppi specifici.

“La Stasi aveva tutti in pugno,” mi dice Duncan al telefono dal suo ufficio a Covent Garden. “Si sapeva che qualcuno, sicuramente tra i tuoi parenti, era senza volerlo in pugno a un’enorme macchina che raccoglieva dati su tutti. E ora quello stesso livello di informazioni è lì, solo in maniera meno apparente.”

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“Arriverà un momento in cui sarà un po’ come essere fermati per un controllo. Verremo fermati e perquisiti se corrispondenti al profilo—se per caso sei nero o guidi un macinino scassato. È un ambiente pieno di bersagli per la polizia; sanno che è più probabile raggiungere dei risultati facendo quei tentativi, e deve essere allettante, armati con strumenti di questo genere, iniziare a guardare.”

Secondo Duncan la polizia controlla già i tifosi di calcio con tecnologie di sorveglianza avanzate, anche se dovrebbero essere utilizzate soltanto contro i sospetti terroristi. Quindi, proprio come i droni si sono spostati dalla politica estera americana alla sfera nazionale, le tecniche un tempo riservate alle minacce più serie vengono ora utilizzate per lottare un po' contro tutti.

La localizzazione dei movimenti di un obiettivo fatta da Riot su Google Maps, pronta per essere analizzata.

Per ora, Riot avrà informazioni molto dettagliate sulle persone che si affidano ai social media per raccontare le proprie vite, ma non sarà sempre così. Frank Ahearn—ex detective privato e autore di libri con titoli da spia come come The Digital Hit Man e How to Disappear—pensa che sia solo l'inizio. Nella sua opinione, Riot potrebbe potenzialmente essere collegato a qualunque altra banca dati che contenga informazioni su di noi, creando un sistema di sorveglianza statale onnicomprensivo.

“Deduco che non sei a conoscenza del software TIA (Total Information Awareness) a cui lavoravano gli Stati Uniti diversi anni fa,” mi chiede Ahearn al telefono. “Fondamentalmente,” continua lui, “prendeva le informazioni da ogni azienda con banche dati sui suoi clienti. Avrebbe dovuto creare un'enorme rete di profili su ogni singolo americano.”

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Il TIA è stato ufficialmente abbandonato nel 2003, ma molti credono che esista ancora in via non ufficiale, semplicemente con un nome diverso. In effetti, le analisi di Riot dei social media potrebbero essere il pezzo finale del database completo dei cittadini americani che sognava l’amministrazione Bush tra l’invasione di un Paese e una partita a golf.

Ahearn sembra essere d’accordo: “La domanda da porsi per quanto riguarda il software Riot è: che cos’altro stanno facendo? Stanno abbinando i dati agli archivi di Stato? Li stanno incrociando con le informazioni delle utenze? Il problema dal mio punto di vista è la possibilità di unire la tua presenza online a quella offline.”

Malgrado tutte le proteste contro l’invasione della privacy, uno sguardo veloce ai vostri amici su Facebook dovrebbe bastare a dimostrare che poche persone sembrano minimamente interessate alla cosa. Ma secondo Frank lo saremo tutti, una volta che ci renderemo conto che non possiamo cancellare nulla delle cose private che abbiamo pubblicato, e che altri Paesi hanno iniziato a comprare i nostri segreti.

“Quando premi invio su un computer, crei una traccia digitale indelebile. Puoi eliminare un account di Facebook, ma questo non significa che loro lo cancellino. Lo tengono nel database e tra cinque anni, i loro termini di utilizzo potrebbero cambiare o essere acquistati dalla Cina, e a quel punto diranno, ‘Si fottano–ora metteremo tutto su, che l’abbiano cancellato o meno.’ È questo che la gente non prende in considerazione. È come un tatuaggio: non sempre puoi rimuoverlo.”

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I risultati delle ricerche di Riot mostrano le immagini con i dati di longitudine e latitudine e la localizzazione su Google Maps.

Parlando con queste persone e leggendo varie cose su Riot, ho cominciato a chiedermi quanto io abbia pubblicato sulla mia pagina Facebook. Quindi, con una percezione esagerata delle mie capacità su Excel e una disomogenea analisi di Facebook, ho prodotto il mio software Riot fai da te per tracciare e studiare me stesso—tipo una riflessione sul sé 2.0, o qualcosa del genere.

Comincia tutto dalla barra delle informazioni in cima alla pagina del profilo Facebook. Da lì si può accedere alla Mappa, che mostra tutti i luoghi in cui ci si è registrati.

Se fate spesso check-in, la vostra mappa sarà un sontuoso banchetto per gli stalker. A me non capita così di frequente, per fortuna—non solo perché così do meno informazioni all’azienda (e di conseguenza a Riot/Raytheon), ma anche perché raccoglievo tutti questi dati manualmente, e numeri più consistenti avrebbero richiesto un tempo infinito. Riot, ovviamente, fa tutto ciò automaticamente e confronta istantaneamente date, orari e il numero di check-in in determinati luoghi.

Sfruttando Excel ho fatto un sacco di grafici a torta e a barre, un po’ come fa Riot, contando i posti in cui mi sono registrato di più. Il risultato? La mia vita è una masochistica miscela di abusi d’alcool e attività fisica. Se qualche minaccioso ficcanaso volesse scovarmi, presumibilmente per portarmi a bere qualcosa o per ammirare i miei enormi pettorali, i dati suggeriscono che dovrebbe iniziare a cercare nella palestra o nei pub della mia zona. Il che non è poi così significativo.

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Ma la cosa si fa un po' più più minacciosa quando capisci che i dati possono rivelare i giorni in cui è più probabile che tu sia nel luogo della registrazione. Per esempio, malgrado io abbia da zero a pochi muscoli sul corpo a dimostrarlo, Facebook mi dice che il posto in cui vado di più è la palestra, e che i giorni in cui sono lì più spesso sono il martedì e il sabato. Non lunedì, però. Non puoi andare in palestra di lunedì: fa venire voglia di ammazzarti.

Estraendo manualmente gli orari da ogni registrazione su Facebook ho compilato un grafico ancora più preciso. Solitamente sono lì tra le sette e le nove di sera. Tutto ciò mi spaventa comunque meno di quanto mi preoccupino la tristezza e la prevedibilità della mia vita. E ovviamente, se fossi un’importante figura politica e non un hipster ossessionato dalla palestra queste informazioni sarebbero più preziose.

Tenete a mente che questo studio è stato fatto usando la tecnologia più rudimentale nota all’uomo: l’uomo. Riot ha la capacità di raccogliere quelle informazioni istantaneamente e di integrarle perfettamente a qualunque altro dato riesca a trovare online. Attualmente non penso di dover commettere alcun crimine importante, o di essere di particolare interesse per qualunque persona potrebbe volermi rintracciare, ma il pensiero che c'è chi potrebbe farlo (e il semplice fatto che quelle informazioni siano lì a prescindere) mi spaventa un po’. Ovviamente non mi registrerò più; questo dovrebbe risolvere la cosa. Oh, cosa dite? Altre persone ti possono taggare? Meeeeeeerda.

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