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Due chiacchiere sulle scarpe, le illustrazioni e il metal

Intervista a Scarful.

Il 1960, in Italia, è l’anno del “miracolo”. L’anno del PIL più alto della storia d’Italia, l’anno in cui esce La Dolce Vita di Fellini, che da noi viene censurato ma poi vince la Palma d’Oro a Cannes, l’anno della migrazione massiccia da sud a nord. Nel 1960 un operaio prende uno stipendio medio di 47.000 lire al mese, un giornale costa 30 lire, un caffè al bar 50. Ma il 1960 è soprattutto l’anno delle Olimpiadi di Roma. Sono le prime Olimpiadi trasmesse in televisione, non ci sono né la Cina né la Corea del Nord, l’Italia arriva terza nel medagliere generale, e Abebe Bikila vince la sua prima maratona correndo a piedi nudi. Altri tempi. Ed è proprio per celebrare questi altri tempi che i ragazzi di Nike hanno deciso di aprire un temporary store all’interno del teatro Belli, a Trastevere. L’hanno inaugurato giusto giusto il giorno in cui sono iniziate le Olimpiadi di Pechino, e hanno pensato di chiamare alcuni artisti romani a reinterpretare le loro scarpe più famose. Tra di loro c’era anche un nostro collaboratore e caro amico, Scarful, e visto che non lo sentivamo da un po’ abbiamo pensato di chiamarlo per fare due chiacchiere sulle scarpe, le illustrazioni, e il metal.

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VICE: Ci racconti com'è nata la tua idea per questo progetto?
Scarful: I ragazzi di Nike mi hanno chiesto di customizzare le Air Force 1 e di realizzare un paio di installazioni, una per il Teatro Belli, che è più rappresentativa perché si trova all’interno del temporary store, e la seconda per Be Cool, uno degli altri negozi che Nike ha scelto in giro per la città. Ovviamente le Air Force 1 sono diventate nere, perché ho deciso di intitolare la mia installazione blackness.

Come mai blackness?
Forse perché mi vesto sempre di nero, non saprei darti un'altra spiegazione. Quando ho pensato alla struttura mi sono immaginato un’esplosione che veniva da terra, così ho preso del legno e ho cominciato a lavorarci su.

Come mai hai scelto di utilizzare il legno?
Ultimamente sto lavorando quasi esclusivamente con il legno, mi piace molto come materiale, è interessante, versatile, ci puoi fare di tutto e di più e comunque dà sempre soddisfazione. L’ho utilizzato anche per la struttura che ho realizzato per Be Cool, dove invece ho sezionato una piramide, sempre nera. L’ho riempita di immagini simboliche, come vedi ci sono una goccia, un occhio, la scritta black, la stella a sei punte, il numero tredici. L’ho fatta tutta un po’ bombata, sicuramente ho subìto molto l’influenza degli Swans, soprattutto delle loro ultime cose prima che si sciogliessero. A livello iconografico, Michael Gira utilizzava molto simboli come il dollaro, la bocca, la stella, la luna piena. E sempre e soltanto i colori rosso, nero e bianco. Io alla fine c’ho aggiunto un po’ di oro, sennò mi davano del misticone del cazzo.

Ahah. In effetti sei la persona più metallara/esoterica che conosco. Ah, e la cover del disco dei Dimension X, è una figata.
Ti ringrazio. In realtà era una cosa che dovevo sviluppare in modo diverso, però poi ho iniziato a fare questi sketch molto veloci, senza farmi troppe pippe e ho visto che funzionava. Alla fine ne è uscito un prodotto suggestivo, particolare, poi si vedono le influenze di Jack Kirby, che io amo, è un po’ il ciuccio con cui sono cresciuto come illustratore. Sei sempre stato molto legato alla musica. Ti ho sempre sentito parlare di Earth, Burning Witch, Mastodon.
Sì, ora sto preparando una cosa per gli Zu, un disco cattivissimo, bello metallone caciarone. Anche se ultimamente sono molto più tranquillo, ascolto più cose come i Current93, soprattutto il loro penultimo disco e una riedizione di un album di 10 anni fa, una raccolta di ninne nanne distruttive che parlano di rituali di ragazzini sgozzati, morte…

Sbaglio o quello che sento in sottofondo è il tuo bambino che piange?
Sì, è lui. Anche se devo dire che è raro sentirlo piangere, lo fa solo quando ha fame. È un angelo. Alla fine come l’hai chiamato?
Leonardo Rodan, come il mostro di Godzilla. Avevo sentito dire che volevi chiamarlo Aron.
Sì, se l’avessi chiamato Aron sarebbe stata la sua condanna. Aron Maida. Come gli Iron Maiden. Mi avrebbe odiato per il resto della sua vita.