Sean Vegezzi fotografa la New York segreta

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Sean Vegezzi fotografa la New York segreta

Le foto di Sean ritraggono parti di New York sconosciute ai più. Per evitarvi una discesa nei tombini o un inseguimento da parte della polizia, le abbiamo riunite in questa gallery.

Sean Vegezzi è un giovane fotografo newyorkese a cui piace passare il tempo tra i condotti degli ascensori e farsi dare la caccia dai poliziotti nei cimiteri. A poco più di vent'anni, Sean sta per pubblicare il suo primo libro, I Don’t Warna Grow Up, dove esplora quello stadio liminale in cui gli adolescenti sono troppo grandi per entusiasmarsi di fronte ai gelati ma non abbastanza da potersi permettere quintali di cocaina.

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VICE: Ciao Sean, complimenti per il tuo libro! Hai detto che ti ci sono voluti cinque anni per ultimarlo, quindi immagino tu sia piuttosto entusiasta di averlo finalmente tra le mani.
Sean Vegezzi: Ad essere onesto, sono molto sorpreso da come è andata. Sapevo che lavorando a un libro mi sarei dovuto concentrare molto su sulla mia persona, ma non immaginavo che mi sarebbe piaciuto così tanto. Non avevo mai sperimentato la gioia del rimanere a casa tutto solo! Prima di febbraio dello scorso anno, ogni sera uscivo in cerca di avventure. Raramente tornavo a casa a dormire.

Be', sembra un bell'impegno. Come andavano le tue frequenze a scuola?
Be', il liceo è stato un periodaccio in tutti i sensi. Non per fare quello che si lamenta, ma avrei voluto frequentare un istituto d'arte dai 14 ai 18 anni, però la commissione non mi ha accettato, e sono finito in una scuola ad impostazione più scientifica. Non vedevo l'ora che suonasse la campanella di fine giornata. A volte arrivavo a lezione dopo essere sfuggito a un inseguimento della polizia, in cimiteri, per strada o altrove, e non avevo le forze per affrontare la scuola.

Terribile. Pensi che quell'ambiente ti abbia spinto a cercare di realizzarti autonomamente? Personalmente, mi manca avere un nemico a cui ribellarmi. 
Esatto. È così che funziona la transizione dall'adolescenza all'età adulta. Persa quella rete di persone che dubita costantemente di te e ti critica per ogni cosa, è tutto in mano tua. Non c'è nessun altro a cui andare contro. È strano. Penso che molte persone esitino a intraprendere quel cambiamento, e direi che è questo il tema affrontato dal mio libro.

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Quando andavi a scuola lavoravi part-time per lo studio di Annie Leibovitz. Com'era? Hai mai visto Miley Cyrus nuda?
Il lavoro da Annie è stata la mia salvezza. Agli occhi di molti non sarei nessuno senza l'esperienza che ne ho ricavato. Ho imparato più nel suo studio che a scuola. Lì venivo accettato per quello che ero. Una volta ho chiamato il mio capo dopo essere stato trattenuto dalla polizia. Ero preoccupato all'idea di non poter andare al lavoro, ma lui non ha fatto problemi. Ero sorpreso, in senso positivo intendo. Hanno sempre sostenuto ciò che facevo.

Sembra un gruppetto di belle persone. A differenza di tanta fotografia della cosiddetta "urban exploration", i tuoi scatti si concentrano più sulle esperienze all'interno degli spazi che non sugli spazi stessi. Potremmo definirli ritrattistica urbana. Cosa ti ha ispirato?
La fotografia era parte integrante della mia vita, di ciò che già facevo. Ovvero, principalmente, scorribande con gli amici. Ho sempre pensato di dover trarre il massimo dai miei anni di adolescente e avevo continuamente paura di non viverli abbastanza intensamente, così stavo pochissimo a casa. Uscivo non appena potevo, e cercavo di convincere i miei amici a fare lo stesso. Andavamo in giro per Tribeca, ci infilavamo in ogni porta aperta. I posti più divertenti erano condotti, seminterrati, gallerie, tetti degli edifici…

È anche questo che rende le tue foto così interessanti, tutti quegli spazi segreti in cui ti sei imbattuto esplorando la città.
Un tempo mi portavo dietro una digitale, curiosavo un po' e poi tornavo a casa, dove mostravo le foto ai miei amici tramite il computer. Avrò avuto 11 anni, all'epoca. 
 
Carino. A fine libro c'è un testo dal tono piuttosto contemplativo, quasi retrospettivo. È perché ora sei cresciuto?
Tutti quelli che l'hanno letto me ne hanno parlato in questi termini, e mi piace. Le cose non sono più le stesse, ed è naturale. Non sopporto l'idea di prolungare la giovinezza. I fotografi avanti con gli anni fissati con queste cose mi disgustano.

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Be', tu non sei di certo avanti con gli anni…
Lo so! Non voglio suonare come un vecchio. Il libro non mette fine al progetto, ho ancora molto lavoro da fare e non lo abbandonerò. Ma sentivo che quelle parole dovevano accompagnare le immagini.

Un'ultima cosa, i testi sono di una certa Adeline. Chi è?
Ci conosciamo da sempre, da quando avevamo tre anni. Abbiamo passato momenti in cui ci vedevano ogni giorno e altri in cui non ci parlavamo nemmeno. Siamo su traiettorie molto diverse. Non siamo coinvolti in una relazione fisica, se è quello che volevi sapere. Anche se a volte provo a convincerla. E di tanto in tanto ci sta.

I Donʼt Warna Grow Up è pubblicato da Fourteen-Nineteen. Per ordinarlo, cliccate qui

Questo è un video che accompagna il libro: