FYI.

This story is over 5 years old.

Stuff

L’ex capo dei Latin Kings che è finita nel carcere di "Orange is the new black"

Dopo essere stata a capo di una sezione locale dei Latin Kings, Beatrice Codianni è finita nel carcere che ha ispirato 'Orange is the new black'. Abbiamo parlato di com'è la vita nelle prigioni femminili degli Stati Uniti.

Beatrice Codianni (la terza da sinistra) al penitenziario di Danbury con altre tre detenute. Tutte le foto per gentile concessione di Beatrice Codianni

Beatrice Codianni ha scontato la sua pena nel Danbury Federal Correctional Institute, la prigione che ha ispirato la serie tv Orange is the new black. Piper Kerman, la protagonista della serie, è stata condannata a 13 mesi; Codianni è stata condannata per estorsione, e di anni in carcere ne ha passati 17. Inoltre, al contrario di Piper, da quando è stata rilasciata, nel 2009, non ha pubblicato un libro né ispirato una serie tv. Invece, è diventata un'attivista per la riforma del sistema penitenziario e gestisce il sito Reentry Central. È stata anche tra le fondatrici di Real Women Real Voices, un gruppo di ex detenute di Danbury per la sensibilizzazione dell'opinione pubblica sulla realtà della prigione.

Pubblicità

Codianni è finita a Danbury nel 1994 per via dei suoi legami con i Latin Kings. Non è latinoamericana, ma era entrata in contatto con uno dei capi della sezione del Connecticut dopo che la gang aveva aiutato il figlio maggiore a disintossicarsi dall'eroina. Alla fine, era diventata lei stessa uno dei capi della banda, finché il suo ruolo nei Latin Kings aveva fatto sì che venisse accusata di aver tratto profitto dal traffico di droga e di aver ordinato l'aggressione di uno spacciatore rivale.

Il cinquantesimo compleanno di Codianni nel penitenziario di

Danbury

In carcere Codianni ha incontrato Piper e altre detenute che compaiono nel libro e nella serie tv—incluse le vere Crazy Eyes, Red (che nella realtà si chiamava Pop), e Yoga Jone (il cui vero soprannome era Yoga Janet, e che, sostiene Codianni, avrebbe definito la sua controparte sullo schermo "un'istruttrice di yoga piuttosto mediocre"). A Danbury, Codianni ha partecipato come volontaria a diversi programmi di alfabetizzazione e di sensibilizzazione sul tema dell'AIDS. Dice che spesso le altre detenute si rivolgevano a lei quando avevano bisogno d'aiuto per problemi burocratici e amministrativi. Negli anni Novanta ha anche ottenuto che le donne vittime di stupro venissero esentate dalle perquisizioni per mano di secondini maschi.

Anche se Codianni ha usato il periodo della sua detenzione per cambiare vita, l'esperienza del carcere ha segnato profondamente la sua esistenza e la sua famiglia. I padri di due dei suoi figli sono morti di morte violenta. Il suo secondo figlio, che faceva il meccanico, si è dovuto occupare del fratellastro più piccolo, che aveva abbandonato la scuola. È su questo genere di problemi familiari che si basa la nuova stagione di Orange Is the New Black. La serie inizia nel giorno della festa della mamma, e quello della maternità in carcere è un tema ricorrente in questa terza stagione.

Pubblicità

La settimana scorsa ho contattato Codianni su Skype. Abbiamo parlato della sua vita prima e dopo Danbury, e delle somiglianze e differenze con il modo in cui viene rappresentata in Orange Is the New Black. Abbiamo anche parlato di com'è crescere dei figli in prigione, e dei problemi del sistema penitenziario americano. Questo è quello che mi ha detto.

VICE: Nel suo libro, Piper Kerman ti descrive come "un'ex intellettuale radicale degli anni Sessanta che è stata coinvolta a livelli piuttosto alti nelle attività di una gang."
Beatrice Codianni: Sì, è una descrizione in cui mi ritrovo. Sono sempre stata un'attivista politica. Ho manifestato contro la guerra e contro il razzismo. Poi sono entrata nei Latin Kings—non perché erano un gruppo di spacciatori e di violenti, ma perché nel mio quartiere i ragazzini latinoamericani si suicidavano, venivano arrestati e venivano presi di mira dalla polizia senza motivo. E alcuni di questi erano amici di mio figlio.

Com'era la tua vita quando facevi parte dei Latin Kings?
Cercavo di limitare i conflitti. Facevo da mediatrice tra i Latin Kings e le altre organizzazioni criminali avversarie. Andavo agli incontri con i capi delle organizzazioni, e dato che ero una donna e non mi atteggiavo da dura, riuscivo a ottenere più risultati. Facevo da mediatrice. Ci incontravamo in un parco o in un ristorante, in luoghi neutrali. Conoscevo i capi di alcune altre organizzazioni, erano arrivati a fidarsi di me e io ero arrivata a fidarmi di loro, e così sono riuscita a evitare di spargere altro sangue.

Pubblicità

Alla fine però mi hanno accusata di estorsione. E continuo a negare di aver mandato qualcuno a spezzare le gambe o a sparare a qualcun altro. Non ho mai fatto questo genere di cose. Ero una madre che aveva quasi perso un figlio in una rapina a mano armata. Non metterei mai un'altra madre nella situazione in cui mi sono trovata io. Mai.

Qual è stata la prima cosa che hai pensato quando sei arrivata a Danbury?
Ho pensato, Passerò il resto della mia vita qui dentro, perché non sapevo ancora quanti anni mi avrebbero dato. Poi ho notato che i secondini maschi erano molto duri con le detenute donne.

Codianni con il marito Aldo nel 1967, quando era incinta del

figlio Andrew

Nella serie questo ruolo si ritrova in Mendez. Pensi che il suo personaggio sia basato su una vera guardia carceraria?
Il personaggio di Mendez è basato su diverse persone. È una combinazione di diverse guardie carcerarie molto perverse e sadiche.

Una delle persone reali su cui si basa il personaggio di Mendez andava sempre in giro con grande cautela, come se avesse paura di essere aggredito, anche quando noi eravamo rinchiuse nelle nostre celle. Si arrampicava sul tetto alla ricerca di merce di contrabbando. Si aspettava di trovare esplosivi o qualcosa del genere.

C'era un altro secondino che, se qualcuno non era al suo posto o si spostava durante la conta, tornava in cella, rovesciava il materasso e rivoltava l'armadietto. La violenza e gli sfoghi di rabbia sono cose che succedevano davvero.

Pubblicità

Nella serie Mendez non è solo violento, ma ha anche rapporti sessuali con le detenute.
C'erano anche agenti che avevano rapporti sessuali con le detenute. In sostanza gli agenti si dividevano in due gruppi: quelli che erano violenti e quelli che facevano sesso con le detenute. Mendez rappresenta in un solo personaggio entrambi i gruppi.

C'erano casi di molestie sessuali?
Sì! Mentre ero in carcere, ho portato avanti un'iniziativa legale per ottenere che non fossero gli agenti uomini a perquisirci. Ho portato in tribunale una lista di 25 casi di guardie che erano state licenziate per aver avuto relazioni sessuali con detenute.

Queste cose di solito succedevano dopo che le celle venivano chiuse per la notte. Dopo che le luci erano state spente, un secondino chiedeva a una detenuta di andare a pulire le aree sul retro. Ovviamente il vero motivo era un altro. Una volta, una guardia ha detto a una donna di uscire a buttare la spazzatura quando tutte le detenute erano già a letto. Le detenute che avevano relazioni con i secondini passavano ore nei loro uffici a parlare. Tra le guardie carcerarie, sia gli uomini che le donne avevano relazioni con le detenute.

In carcere le donne sono molto vulnerabili, e alcuni secondini ne approfittano. Prendono di mira queste donne con lo scopo dichiarato di avere dei rapporti sessuali. Ho anche visto donne usare il sesso per uscire prima di prigione. Nella maggior parte dei casi, però, la donna usa la relazione per distrarsi—d'altro canto, non ha scelta. Non sono veri e propri rapporti consensuali.

Pubblicità

Mi sorprende scoprire che alcune donne riuscivano davvero ad accorciare la durata delle loro pene andando a letto con le guardie.
Succede soprattutto nel caso delle condanne più brevi: sanno che se riescono a dimostrare che una guardia carceraria le ha molestate possono ottenere una riduzione della pena. È successo. La maggior parte delle donne, però, finisce dentro per crimini non violenti legati alla droga, e si ritrova a dover scontare anni o magari decenni di carcere. Vogliono stare con le loro famiglie, ottenere il permesso di andare al diploma del figlio e fanno quello che devono fare. E in cambio le guardie carcerarie le accontentano. Alcune donne rimangono anche incinte.

Cosa succede quando una donna rimane incinta in prigione?
Be', durante la mia detenzione c'è stato il caso di una donna che ha avuto due gemelli, che sono stati affidati a dei parenti finché non è stata rilasciata. Il padre era un secondino—non so se sia stato arrestato, ma di certo è stato licenziato. Più tardi ha avuto una specie di folgorazione religiosa. Quando lei è uscita dal carcere hanno provato a stare insieme, ma non ha funzionato, perché lui era diventato un bigotto e lei era la persona che era. La relazione è finita quando lei ha testimoniato. Non avrebbe voluto farlo, ma c'era la prova del DNA e tutto. Conosco un consulente carcerario che era innamorato di una colombiana. Quando lei è stata convocata all'incontro per il rimpatrio, si è presentato anche lui. Uno degli agenti lo ha riconosciuto, e così è stato beccato. Ho sentito dire che poi si è trasferito in Colombia.

Pubblicità

Come funzionava per le madri che volevano ricevere le visite dei figli?
In Orange is the New Black le scene delle visite sono rappresentate in modo totalmente diverso da come avvengono nella realtà. Per prima cosa, non ci sono tavolini, non ci si può sedere né tenere per mano. Ci sono solo delle sedie, e ci si siede uno accanto all'altro. Non puoi prendere in braccio tuo figlio, non puoi consolarlo abbracciandolo se si mette a piangere. E scorrono un sacco di lacrime in quelle stanze. Un sacco.

Nella nuova stagione c'è un episodio in cui, per la festa della mamma, i bambini possono entrare in prigione, giocare con le madri e passare tutto il giorno con loro.
C'è una giornata dedicata alle famiglie. O meglio, c'era, finché il dipartimento non l'ha cancellata. All'epoca i familiari potevano entrare e mangiare all'aperto con i detenuti, si organizzavano giochi per i bambini e via dicendo. Adesso non succede più.

Da quello che ho capito, quando le donne vengono rilasciate devono dimostrare di avere una casa per riottenere la custodia dei figli.
Molte donne finiscono per tornare a vivere con i loro mariti, in situazioni di abuso e violenza domestica, perché sono disoccupate e senza un posto dove stare. Alcune finiscono per avere relazioni con gli spacciatori, magari le stesse persone che le hanno fatte arrestare, perché sono le uniche persone che conoscono e che possono trovare loro una sistemazione o dar loro dei soldi per trovarsene una. Avere una casa è fondamentale per le donne che escono dal carcere. Mi piacerebbe che Netflix investisse alcuni dei milioni che sta guadagnando con la serie per creare un fondo che aiuti le donne che escono dal carcere a trovare un luogo decente dove vivere.

Pubblicità

Tu hai conosciuto Piper. Credi che nella serie sia rappresentata in modo accurato?
Piper non era una che spiccava. Era silenziosa, non si faceva notare. Ma non era nemmeno terrorizzata dall'ambiente in cui si trovava o a rischio suicidio. Si vedeva che era ben educata, che veniva da passato privilegiato, ma non lo faceva notare.

Ho condiviso con lei le mie copie del New Yorker. Entrambe ricevevamo libri dai nostri familiari e dai nostri amici, libri di caratura superiore rispetto a quelli che si trovano nella biblioteca della prigione. Ogni tanto ce li scambiavamo.

Quindi nella vita reale è più simpatica?
Piper era sempre disponibile ad aggiustare gli oggetti delle altre detenute con gli strumenti che aveva a disposizione per il suo lavoro. Distribuiva anche tappi per le orecchie—un bene molto ambito—a chi glieli chiedeva. Aveva un tatuaggio di un delfino, e piaceva a tutte, perché era un'immagine che emanava pace e tranquillità. Non era snob, ma era dotata di un certo sarcasmo e faceva ridere la gente. Chi la conosceva era dispiaciuto per la sua situazione, per la fregatura che si era presa dalla polizia. Nonostante la differenza di età e di esperienze, Piper era diventata molto amica di "Pops," una ragazza greca che nella serie è rappresentata come una donna russa che lavora in cucina.

Che mi dici delle altre donne rappresentate nella serie?
La donna russa della serie si è fatta un sacco di tempo in carcere. Ed era davvero tra le responsabili della cucina. Ma non ha mai messo un Tampax nel panino di qualcuno. Era una detenuta, ma aveva molti privilegi perché era brava in quello che faceva, e le guardie la rispettavano per questo. Crazy Eyes non era nera. Era lesbica e sì, era piuttosto strana. Ma non seguiva la gente, o almeno non l'ho mai vista farlo. Sembrava a posto tutto sommato. Yoga Janet era una donna molto gentile, era finita in carcere per possesso di marijuana. Faceva parte del mio stesso gruppo di yoga.

Pubblicità

Sister Ardeth, una pacifista che si batte contro il nucleare, è una brava donna, una donna molto forte.

Nella serie, il carcere cade a pezzi—i muri sono coperti di muffa, e i bagni sono sempre intasati.
Il carcere faceva schifo. Il posto veniva pulito e imbiancato solo quando venivano gli ispettori, una volta l'anno. I bagni venivano bonificati dalle mosche e dai vermi. I letti sono a castello e si trovano nello scantinato, perciò le donne che dormono sul letto di sopra hanno i tubi a pochi centimetri dalla faccia. Quando venivano gli ispettori le guardie carcerarie ci facevano mettere i piedi davanti alle porte per coprire i buchi che queste avevano.

L'aula studio era piena di muffa, e alla fine è stata chiusa. Ma le detenute erano costrette a pulire quella muffa senza alcuna protezione.

Quando pioveva forte, i tubi di scarico della cucina sgorgavano e portavano in superficie un sacco di rifiuti, tra cui gli scarichi dei bagni. Ci sono state volte in cui nei bagni non c'era acqua, e non potevamo scaricare. Una volta, io e un'altra donna ci siamo fatte la doccia all'aperto, semi-svestite, bagnandoci con la pioggia e sciacquandoci con un tubo di gomma. È stata la doccia migliore che abbia mai fatto in carcere.

Nella serie, per punire determinati comportamenti, tra cui le relazioni omosessuali, le donne vengono mandate nel braccio speciale. Quel posto era terribile com'è rappresentato?
Sì, le relazioni omosessuali erano vietate. Non si sgusciava nella cappella o nella biblioteca per fare sesso. Alcuni dei secondini erano a dir poco omofobi. Se due donne venivano beccate a fare sesso venivano mandate nel braccio speciale. In certi casi, le guardie carcerarie si assicuravano anche di dividere la coppia, facendo trasferire una delle donne in un'altra prigione.

Le celle del braccio speciale sono chiuse da sbarre di metallo. Hanno un letto a castello e un lavandino che fungeva anche da water. La doccia si fa tre volte a settimana, e ti portano a farla ammanettata. La privacy non esiste, e devi assicurarti che i secondini maschi non siano nei paraggi quando esci dalla doccia. Il cibo è lo stesso che è nella struttura principale.

Hai detto che a volte le altre detenute facevano cose carine per quelle che si trovavano nel braccio speciale.
Spesso le donne che preparavano i vassoi per le detenute che si trovavano nel braccio speciale abbondavano con le dosi. Se una donna rimaneva incinta, la aiutavano facendole arrivare del latte o della frutta, cose che potevano far finire anche loro nel braccio speciale. Le lavavano i vestiti, controllavano che stesse bene e che nella cella non ci fosse troppa confusione. Erano molto gentili. Nel braccio speciale si possono passare cose di cella in cella con un metodo che chiamano "pesca"—in pratica le si tira verso la cella vicina, e la detenuta che la occupa cerca di trascinarla verso la sua cella usando un asciugamano. Ma è una cosa difficile, perché bisogna stare molto attenti a non farsi beccare.

Per che genere di cose si veniva mandate nel braccio speciale?
Per i litigi, soprattutto. La maggior parte dei litigi avveniva quando le coppie si lasciavano. Oppure ci venivano mandate per non essere andate a lavorare o per essere state beccate in qualche posto dove non avevano il permesso di stare. Nei periodi in cui arrivavano molte nuove detenute ti mandavano nel braccio speciale per qualsiasi cosa. Lo facevano semplicemente per fare spazio, per liberare i letti. Io stessa sono finita nel braccio speciale per una lite, per aver discusso con il secondino che ha ispirato il personaggio di Mendez. Mi ha detto che non mi avrebbero mai rilasciata. Sono scoppiata a piangere, perché pensavo che non sarei mai tornata in libertà.

Ma il braccio speciale non è così isolato come si vede nella serie. Dalla cella vedi la gente che passa. Prima si poteva anche guardare dalle finestre, ma poi le hanno dipinte di nero, togliendoci anche il diritto di vedere uno scorcio di cielo o di luna.

Per saperne di più, visita il sito di Reentry Central.

Segui Delaney Nolan su Twitter.