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Gli highlights della tappa di Risoul.Se le condizioni psichiche e fisiche di Nibali non deponevano certo a suo favore, su un piano più strettamente tecnico, va detto che l'impresa non sarebbe stata possibile, quasi certamente, senza la già citata caduta in discesa dell'olandese Kruijswijk. Anzi, i detrattori di Nibali fanno notare come le sue più grandi imprese, il Tour de France del 2014 e il Giro di quest'anno, siano legate a doppio filo agli infortuni dei suoi avversari: Froome e Contador in Francia, Kruijswijk in Italia.Nibali quindi ha vinto perché è stato molto fortunato? Certo, è stato fortunato. Tuttavia sarebbe fuorviante ammettere che sia solo frutto del caso. Nibali, già durante il secondo giorno di riposo nel punto più basso del suo Giro, aveva risposto con "certamente, la discesa" alla domanda su quale potesse essere il punto debole della maglia rosa e a impresa compiuta ha ribadito che "le discese fanno parte del ciclismo esattamente come le salite." Tradotto: se non cado mai è un merito, mica fortuna; se mi ricordo, unico tra i duellanti, di vestire la mantellina per proteggermi dal freddo prima di iniziare a scendere, è un merito, mica fortuna.A ulteriore sostegno dell'ipotesi-impresa, non si può tralasciare nemmeno il fatto che, oltre a Kruijswijk, ci fossero altri due uomini a precedere Nibali in classifica generale prima della partenza della 19esima tappa. E Nibali, sfruttando le sue note qualità di fondista (è capace di migliorare il suo rendimento alla fine di una corsa) e la sua abilità in altura (tra venerdì e sabato si è corso tanto sopra i 2000 metri), ha distanziato sensibilmente sia Chaves, poi secondo, che Valverde, terzo. Infine, siccome il ciclismo è al contempo sport individuale e gioco di squadra, è importante dire anche che Nibali ha potuto sfruttare il lavoro della squadra meglio attrezzata del Giro: il supporto di Michele Scarponi, in particolare, è stato decisivo almeno quanto le disattenzioni degli avversari.In definitiva, l'impressione che si ha da un primo sguardo d'insieme sul Giro d'Italia del 2016, è che complessivamente Nibali abbia vinto una competizione in cui non era l'atleta con le gambe migliori. E in uno sport come il ciclismo, dove è possibile nascondersi e fare catenaccio solo fino a un certo punto, vincere quando non si è nettamente i più forti richiede il ricorso ad altre doti, quelle che la "gente del ciclismo" apprezza da morire.
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