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E qui veniamo alla seconda domanda che penso potremmo farci nel rassegnarci, per ora, a ignorare l'identità di Elena Ferrante: perché vogliamo sapere a qualunque costo chi è? Anzitutto, credo, perché non riusciamo a farci una ragione del fatto che l'autrice si stia sottraendo al nostro diritto di sapere—al suo dover essere, appunto, una persona pubblica. Credo che Elena Ferrante si stia in qualche modo rifiutando di essere un prodotto d'esportazione, una specie di Sofia Loren della letteratura italiana: che è invece quello che le chiedono quanti ne vogliono scoprire a tutti i costi l'identità. Si sta rifiutando di rappresentarci più di quanto non stia già succedendo al di là della sua volontà. E infatti c'è anche chi l'ha messa in catastrofici termini geopolitici: cosa sarà di noi quando gli americani si accorgeranno che ci siamo fatti prendere per il naso? Non succederà niente, è la risposta, come noi non abbiamo intentato causa ai francesi quando hanno dato due Goncourt a Gary non sapendo che Émile Ajar era proprio lui.Perciò, mi chiedo, in fin dei conti cosa vogliamo da Elena Ferrante? Che partecipi ai salotti TV—che sono un po' i paparazzi della vita culturale—che si faccia intervistare a qualunque nuovo programma RAI creerà Daria Bignardi, che sieda alla destra di Fabio Fazio insieme a Fabio Volo? Oppure ci basta darle un volto, un volto di cui poi rispetteremo l'assenza mediatica, crogiolandoci nella certezza che almeno esiste come rappresentante di "quella cosa lì"?"Quella cosa lì", forse, è il locus dell'intellettuale italiano pubblico, anche un po' mainstream. Se è vero, come sosteneva qualche mese fa Carlo Mazza Galanti, che al posto di Vittorini, Montale e Moravia in una nota foto della metà dello scorso secolo potrebbero oggi sorseggiare drink solo grossi calibri come Mari, Moresco e Siti, è anche vero che questi intellettuali non sono mai stati visti sorseggiare drink insieme da nessuno (che io sappia). Che la comunità a cui appartengono è anzitutto una comunità delle idee e dei libri, che poco ha a che fare con una posizione politica o in altro modo di riferimento. Perciò mi chiedo se chi cerca di dare un volto a Elena Ferrante voglia vederla scendere in campo per le unioni civili, o prendere parti politiche come Joan Didion. Per poi contestarla, immagino, perché non si è mai visto che una donna che scrive "romanzetti" possa avere un'opinione inattaccabile.In questi termini, a volte la caccia a Elena Ferrante mi sembra non la caccia a un prodigio che vuole rimanere anonimo—altri casi ci sono stati, per svariati motivi, nella letteratura—ma una caccia di frodo. Tant'è vero che gli unici che sembrano rispettare la sua richiesta di anonimato sono proprio i lettori. Gli studiosi fanno il loro lavoro, e se si può appassionare la gente a un dibattito culturale, ben venga. Ma una caccia di questo tipo rischia anche di diventare gratuita, visto che la critica non si decide a considerare le sue opere, ma solo il mistero della sua identità, e che l'unica cosa che sappiamo di Elena Ferrante è che vuole rimanere solo Elena Ferrante.Segui Elena su Twitter.Segui la nuova pagina Facebook di VICE Italia:Gli (altri) indizi su Elena Ferrante «Ecco chi è» Video|Foto|Speciale
Due ore col fan… — Corriere della Sera (@Corriereit)14 marzo 2016