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Risate isteriche

Checco Zalone non è il problema

Da quando è uscito Sole a catinelle è diventato il mostro che sta rovinando la comicità italiana, ma non è colpa sua se il suo pubblico è quel che è.

Una scena dal suo ultimo film, Sole a catinelle.

Checco Zalone, Luca Medici per la SIAE, è un musicista e comico pugliese. Inizia a Telenorba, dove spopolano Toti e Tata (Emilio Solfrizzi e quello che non ha fatto Sei Forte Maestro) collaborando con il loro autore Gennaro Nunziante. I comici che si portano dietro una forte connotazione regionale hanno due strade davanti: o esaltarla rendendosi comprensibili solo ai residenti della regione e diventare Dei in un piccolo territorio, oppure adattarla allo stereotipo dell'abitante della regione di provenienza, e perpetrarlo per il dileggio degli abitanti delle altre regioni. Checco Zalone, quando arriva a Zelig nel 2006, è la quota pugliese insieme a Pino Campagna. Parla male, è scostante, a malapena finisce le frasi. Nel giro di un anno si dimostra troppo bravo per essere considerato solo un pugliese.

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Dopo una campagna per l'Onitsuka Tiger, il contro-inno dei mondiali di calcio 2006, qualche esperienza da presentatore, nel 2009 esce il primo film, Cado dalle nubi, una commedia romantica carina come sono spesso carini i film fatti dai comici di Zelig che a un certo punto si danno al cinema (Ale & Franz, Ficarra e Picone, i Fichi d'India, ecc.). Qui è presente uno dei temi preferiti di Checco Zalone, e della comicità del sud: l'omosessualità (al nord preferiscono il tema delle mogli che rompono). Il film va molto bene. È politicamente scorretto abbastanza da non essere banale, ma ha quella trama lineare e abusata che è una sicurezza. Nel 2011 esce il secondo film, Che bella giornata, che in un mese incassa 42 milioni di euro. Anche questa è una commedia romantica con protagonisti Checco guardiano della Madonnina e Farah, terrorista che vuole far saltare il Duomo ma alla fine si innamora di lui e tutto finisce bene. Il produttore di entrambi i film, e anche dei successivi, è Pietro Valsecchi, la stessa persona che sta dietro a I Soliti Idioti. Il regista è sempre Gennaro Nunziante.

Fino al 2011 Checco Zalone era un comico lodato da tutti per quel modo che faceva divertire gli intelligenti (inteso come categoria dello spirito, non come le persone dotate di intelligenza) e dava man forte agli stupidi. In un periodo era riuscito ad essere contemporaneamente il comico di sinistra e di destra. Da una parte, il pubblico di destra apprezzava i picchi di leggerezza e le imitazioni di Vendola e Saviano, e finalmente potevano vedere un comico "dalla loro" oltretutto infiltrato a Zelig. La sinistra amava il fatto che fosse chiaramente ignorante e dicesse cose che potevano suonare omofobe e razziste mantenendo il lato becero in prima vista, giustificando la formula omofobia + razzismo = ignoranza = destra ma tutta virata al LOL.

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Checco Zalone aveva messo fine alla guerra fredda tra cultura pop di destra e cultura pop di sinistra. Era il Willy Brandt del cabaret.

Poi è uscito Sole a Catinelle e la guerra è ricominciata. Se ne è parlato come di una vergogna, del peggio che potesse andare al cinema, di un ritorno ai tempi bui del comico italiano. Esagerano, ma tutti questi critici su una cosa hanno ragione: il film è brutto forte.

Sole a catinelle ha una struttura fatiscente che sta in piedi grazie al protagonista. Chiunque altro avrebbe reso evidente il fatto che le battute in molti casi non sembrano neanche scritte, le vicende del film si risolvono con forzature che neanche tutta la sospensione di incredulità del mondo potrebbe giustificare, e persino i luoghi comuni sono confusi (sono comunisti sia i ricchi che fanno yoga, sia le operaie che manifestano per riavere il posto di lavoro). Rispetto alle precedenti commedie romantiche, questo film è un tentativo di fare qualcosa sul sociale, sulla crisi, sull'economia—credo—con l'elemento familiare che predomina su quello amoroso, e questo è uno sforzo non indifferente. Solo che il tutto finisce per essere una favoletta di un personaggio orgogliosamente orrendo che solo a colpi di botte di culo riesce a far riaprire l'azienda in cui lavorava la moglie. Nessuno ne esce più sensibile al tema, o più speranzoso per la fine della crisi. Ok, il bambino protagonista è molto bravo; e sì, Zalone è un "naturalmente comico", di quelli che farebbero ridere senza neanche alzare un dito; e certo, ha incassato un sacco di soldi ed è piaciuto pure a Gianni Morandi; però è comprensibile che alcune persone vadano al cinema e restino sconcertate. Ma non si può restare male per il film in sé, di film venuti male è pieno il mondo e ci si può sempre rifare. E qualche cosa, in fondo, è salvabile.

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È la reazione del pubblico ad essere agghiacciante. Una platea dai venti ai cinquant'anni che ride per "stronzo" o "cazzo" o "Eva HEGEL" o "comunisti". Quando esce dalla sala, dice: "Meraviglioso." Ridono con il personaggio di Checco Zalone nel film, un wannabe imprenditore liberale forgiato sullo stereotipo del berlusconiano più ignorante e recidivo, invece di ridere DI quel personaggio.

Forse sono io che sbaglio a sentirmi così a disagio a vedere questo personaggio e a pensare a tutte le persone fatte così, molte delle quali sono in sala con me a guardare questo film e a ridere pensando "AHAH, ora mi sento tutto bello giustificato a continuare a credere nell'esistenza dei comunisti." Poi penso che in questi anni il comico italiano, quello in televisione tre volte a settimana per tre ore al giorno, è servito a giustificare o alleggerire di responsabilità comportamenti stupidi, cosa che una volta era relegata a qualche film natalizio e forse al Bagaglino, anche se lì c'era troppa figa per capire se ci fosse un qualsiasi altro scopo. Se uno dei personaggi più noti di una delle trasmissioni che hanno abusato della comicità fa un personaggio che assomiglia molto al suo pubblico, questo si sentirà più lusingato che messo alla berlina. Ovviamente il contesto ha una grossa importanza; dubito che le ricche signore dell'Olgiata si siano sentite coinvolte e felici dello sketch di Aniene—anzi, difficilmente avranno visto il programma.

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Ovviamente poi possiamo stare qui a dirci che si fa per ridere, che non sussiste il problema, E FATTI UNA CAZZO DI RISATA. Ma non riconoscere una presa in giro non è forse la dimostrazione di stupidità più banale?

Magari Checco Zalone non voleva prendere in giro nessuno e voleva solo farsi i suoi 18 milioni di incasso, e noi (cioè, io) siamo qui a farci i pipponi sul senso di tutto questo. Però, dato che il potenziale per rendere felici tutti (facendo ridere con i "cazzo" e contemporaneamente mostrando del contenuto) c'è, uno non può fare a meno di crearsi delle speranze.

Ah, aggiungo: un film di satira sociale fatto decentemente con Checco Zalone  >  un "film italiano d'autore" che qualcuno dice muoiano ogni giorno a causa di Zalone. Chissà dove smaltiscono i feti dei film d'autore mai nati.

Segui Chiara su Twitter: @chialerazzi

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