Viaggio a Bakersfield, una delle città più sanguinose d’America

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Viaggio a Bakersfield, una delle città più sanguinose d’America

Mentre siamo in macchina, Carrisalez mi mostra i proiettili incasellati nelle case del quartiere nello stesso modo in cui, in un'altra parte di California, si mostrano le case delle celebrità.

Gli uomini che hanno aperto il fuoco sembravano ombre senza contorni mentre si avvicinavano a casa Wallace, illuminati di quando in quando dalle luci giallastre dei fari delle auto. Ognuno di loro aveva una calibro 9 in mano. Erano almeno in due, con felpe nere e il cappuccio calato sul viso, e arrivati a metà della Stephens Drive, una via affiancata da alte palme alla periferia di Bakersfield, in California, hanno iniziato a sparare sulla folla colpendo chiunque si trovasse tra quei 160 liceali, spargendo sangue e provocando terrore.

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Dopo i primi spari, almeno una persona tra la folla ha risposto al fuoco.

Era la prima festa di compleanno di Jocelyn Wallace: per i suoi 15 anni i genitori avevano deciso di organizzarle qualcosa di speciale. Jesse Wallace, il padre, è un uomo magrolino, che sopravvive grazie agli assegni di disabilità, e mi ha raccontato che lui e sua moglie, Alicea, volevano fare una piccola festa e invitare solo gli amici più stretti della figlia. La polizia sostiene invece che la famiglia Wallace abbia perquisito gli invitati all'entrata, e quindi una sparatoria era forse presagibile.

Era un venerdì, il 15 luglio per la precisione, e si moriva di caldo anche per gli standard di Bakersfield. Quel giorno la temperatura era arrivata a 39 gradi. L'atmosfera, secondo quanto sostenuto dai primi ospiti arrivati, è stata calma e rilassata fino alle 11 circa, quando hanno cominciato ad arrivare sciami di ragazzini non invitati. Le forze dell'ordine pensano che tra la folla si siano nascosti i membri di due gang alleate del posto—i Westside Crips e i Country Boy Crips.
Gli invitati hanno descritto la serata come una normale festa con alcolici, erba e una rissa tra due ragazze nel giardino sul retro prima della mezzanotte, probabilmente a causa di un ragazzo, secondo la polizia. Le cose sono degenerate quando anche gli spettatori hanno iniziato a picchiarsi costringendo Alicea a mandare tutti via, ma la folla non ha fatto altro che spostarsi nel cortile anteriore, diventando un obiettivo particolarmente vulnerabile per i killer.

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La polizia sostiene che poco prima dell'una di notte i membri di una gang rivale, la Eastside Crips, si siano avvicinati all'abitazione dei Wallace per poi sparare oltre 40 proiettili sulla folla. Gli ospiti parlano di centinaia di spari, o di quelli che sono sembrati centinaia di spari, caduti su di loro come gocce di pioggia durante un tornado. Un'invitata mi ha raccontato che si è accovacciata dietro l'auto di un amico per proteggersi dai proiettili che impazzavano intorno a lei. Il suono che facevano quando si conficcavano nel tronco di una palma o nella carne umana era secco, quasi come una frustata. Si è buttata tra i sedili posteriori dell'auto, cercando di abbassarsi il più possibile sul fondo. Da lì ha udito grappoli di proiettili esplodere sopra la sua testa, rimbalzando da una parte all'altra e finendo poi lontani da lei.

"Ero terrorizzata," mi dice. "Non riuscivo ad alzarmi."

Jesse Wallace ha sentito gli spari arrivare dal fondo del suo vialetto d'ingresso e il suo istinto è stato di proteggere la figlia, che casualmente si trovava poco distante da lui.

Mentre le si avvicinava, un proiettile gli ha attraversato la cartilagine dell'orecchio sinistro per poi infilarsi nella parte posteriore del suo cranio e uscire vicino l'orecchio destro, come una spilla che entra ed esce da un capo d'abbigliamento. È caduto a terra davanti alla figlia, sanguinando sul pavimento. Jesse è stato solo il primo dei 14 feriti di quella notte.

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La sparatoria di Stephens Drive ha causato la morte di Miguel Bravo, un ventunenne vicino di casa dei Wallace che viveva a Belle Terrace, una strada perpendicolare alla Stephens Drive. Secondo un suo collega, quel giorno Bravo si era recato al lavoro da Jack in the Box, sulla Ming Avenue, nella filiale di un fast-food dove lavava i pavimenti e puliva la cucina. Dopodiché era tornato a casa per farsi un riposino e aveva spostato il materasso accanto alla porta d'ingresso, il punto più fresco dell'appartamento.

La polizia crede che lo scontro a fuoco tra le due gang rivali sia iniziato a casa Wallace per poi spostarsi più a nord. Uno degli ultimi colpi sparati quella notte ha colpito Bravo a più di 150 metri di distanza dal luogo d'inizio della sparatoria, precisamente all'angolo con la Bell Terrace, in un condominio dove un colpo ha attraversato la sottile porta di legno dell'appartamento di Miguel Bravo, penetrando nel suo cranio e uccidendolo sul colpo. Solo tre giorni dopo un conoscente del ragazzo ha chiamato la polizia perché senza sue notizie da troppo tempo.

Un vicino mi ha raccontato che all'arrivo della famiglia nell'appartamento, per l'identificazione del corpo, il materasso su cui dormiva era così inzuppato di sangue da sembrare una spugna color cremisi.

All'angolo tra la Bell Terrace e la Stephen, a due passi dall'appartamento in cui è morto Miguel Bravo, fino a poco tempo fa c'era un cartello di vigilanza del vicinato, ma è stato riverniciato e sostituito dalle lettere WS, West Side Crips. I vicini non ricordano con precisione se sia successo prima o dopo la sparatoria, ma tutti sanno cosa significa: lì comandano le gang, e chi ci vive deve saperlo.

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Secondo la polizia, le gang a Bakersfield spesso conquistano il potere attraverso gesti intimidatori, una delle ragioni per cui gli autori di questa e di molte altre stragi non vengono mai scoperti. Il detective Richard Anderson, della contea di Kern, investigatore capo nel caso di Stephens Drive, è convinto che gli ospiti e la famiglia Wallace conoscano l'identità dei killer e anche di chi ha risposto al fuoco, ma si rifiutino di fare i loro nomi per paura di ritorsioni. Questo è un problema comune per la polizia locale: qui nessuno vuole essere chiamato spia.

A rafforzare qualsiasi avversione a fare due chiacchiere con le forze dell'ordine ci pensa la reputazione del dipartimento di polizia: si dice che premano il grilletto con un po' troppa noncuranza. Lo scorso dicembre il Guardian ha pubblicato un reportage in cinque episodi sulla contea di Kern, dove si trova Bakersfield, chiamato "The County: the story of America's deadliest police." Gli autori sostengono che nel 2015 la polizia di Kern avrebbe ucciso più persone pro capite che in qualunque altra giurisdizione americana. Un successivo servizio dell'emittente locale KGET News ha però confutato tali cifre, sostenendo che sarebbero in linea con quelle delle altre contee dello stato. Ma la gente del posto spesso cita il primo articolo quando cerca prove a sostegno della poca affidabilità delle forze dell'ordine. I poliziotti invece citano il secondo, sostenendo che il Guardian avrebbe ingiustamente macchiato la loro reputazione.

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Se non altro, sia gli esponenti delle forze dell'ordine della città, sia le personalità di rilievo delle minoranze afroamericane e ispaniche sono d'accordo nell'affermare che tra poliziotti e persone di colore vi sia un'evidente mancanza di comunicazione. Inoltre, la sparatoria di Stephens Drive è stata solo una delle 50 avvenute in America nel mese di luglio, e una delle cinque avvenute il 16 luglio, secondo i dati contenuti nel Mass Shooting Tracker di VICE. In altre parole, Bakersfield è semplicemente uno dei tanti punti critici di una nazione colpita quotidianamente da molteplici sparatorie, alcune delle quali hanno come responsabili le gang cittadine.

Sono 934 le sparatorie riconducibili a scontri tra gang rivali avvenute tra il 2000 e l'agosto di quest'anno. A sostenerlo è Joe Mullins, capo del dipartimento della polizia di Bakersfield specializzato nella lotta alle gang. Mullins sa che le persone di East Bakersfield "vivono in un costante stato di terrore" e che gli Eastside Crips, i Westside Crips e i Country Boy Crips si sono spartiti la parte est della città e ora ne controllano ampie aree.

Ad esempio, sono le gang a gestire la florida industria della marijuana a scopo terapeutico, mettendo una tassa sulle attività di vendita al dettaglio. Secondo la polizia, a Bakersfield ci sono 94 esercizi in cui la marijuana viene venduta legalmente, gran parte dei quali si trova nei quartieri più poveri, dove hanno parzialmente preso il posto dei negozi di alcolici. In questi negozi si può pagare solo in contanti, quindi le rapine a mano armata sono piuttosto comuni, tanto che un'aria da Wild West ha ormai pervaso l'intera industria. Un esempio è la testimonianza della coppia che nel settembre del 2015 è stata rinchiusa, picchiata e torturata e che ha dovuto subire violenze sessuali nella loro attività di rivendita di marijuana.

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Come altrove, uno dei fattori chiave nella proliferazione delle gang, nonostante le loro intricate origini, è sicuramente la povertà. Circa il 20 percento degli abitanti di Bakersfield vive sotto la soglia della povertà, un numero poco al di sopra della media nazionale, che si attesta al 16 percento. Ma un'analisi più dettagliata suggerisce che il numero di persone povere nella parte est sarebbe di gran lunga maggiore rispetto alla parte ovest della città, con picchi del 50 percento in alcuni quartieri.

Sebbene Stephens Drive si trovi nella parte est della città, non è comunque considerata una delle zone peggiori di Bakersfield—è un quartiere multiculturale, con una forte predominanza della classe operaia. Nonostante questo, cartelli stradali, staccionate e tronchi delle palme sono costellati di proiettili.

Fred Lancaster è un uomo bianco di mezz'età che lavora come caposquadra edile nella San Joaquin Valley e ricorda ancora com'era non doversi preoccupare delle rivalità tra gang. La notte della sparatoria, a poche case di distanza dall'abitazione dei Wallace, stava guardando la tv con suo cugino Bruce. Stavano facendo zapping quando hanno sentito i primi colpi, ma hanno pensato che qualcuno stesse scoppiando gli ultimi petardi rimasti dopo il Quattro Luglio. Molti hanno fatto questo errore a causa della vicinanza tra i due eventi.

Ma agli scoppi sono seguite le urla, e Lancaster ha subito capito che a due passi da casa sua stava avvenendo una sparatoria. Dopo i primi sei colpi e le grida di paura si sono susseguiti "una bella dose" di altri spari, forse 30 o 40, e poi altri otto più vicini al suo garage—più o meno all'altezza dello stop all'incrocio tra la Stephen Drive e la Belle Terrace. Ognuno di quei suoni potenzialmente mortali è stato intervallato da non più di un minuto di relativa calma, ricorda Lancaster. Il suo primo impulso è stato quello di correre fuori dal garage e andare a vedere cosa stesse succedendo, ma il cugino l'ha fermato.

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"Mio padre ha costruito questa casa con le sue stesse mani. Da bambino, qui nessuno ha mai chiuso la porta a chiave," mi racconta. "Adesso però c'è davvero troppa violenza a Bakersfield."

Dopo i recenti avvenimenti, Lancaster tiene una pistola carica sul comodino, nell'eventualità che gli "tocchi sparare a un figlio di puttana qualunque che vuole entrarmi in casa."

Anche Julie Burton, 64enne di origini filippine che vive con la sua numerosa famiglia a un isolato dai Wallace, si sente sempre più impaurita di fronte all'aumento di sparatorie degli ultimi anni. Paure esacerbate dopo la notte dello scontro armato a pochi passi da casa sua: la signora Burton mi dice di essere rientrata verso le undici di sera e di essersi fermata nel portico per ascoltare i rumori della festa. Era nella sua stanza da letto quando "ho sentito solo bang-bang-bang-bang."

Ha aspettato che la furia di proiettili si placasse prima di avventurarsi fuori dalle mura di casa, combattendo contro il terrore per vedere cosa fosse successo. Ricorda di aver registrato la scena come in singoli fotogrammi: ragazze che scappavano terrorizzate, vetri rotti, sangue fresco, un ragazzino vestito di nero, gente che camminava sul marciapiede come zombie, le mani appoggiate sulle ferite alla testa. Ricorda adolescenti scappare saltando la staccionata d'ingresso, diretti verso una casa abbandonata spesso usata come rifugio dai senzatetto. L'auto della ragazza di suo nipote puntellata dai buchi dei proiettili.

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Quando ho incontrato Manuel Carrizalez, un ex membro di una gang ora fervido sostenitore della tregua, abbiamo accostato l'auto a un incrocio circondato da negozi con le serrande abbassate e banchi del pegno; voleva farmi vedere le cicatrici che ha sulle braccia. Per il furgone svolazzano volantini e piccoli libretti informativi dell'organizzazione non-profit che gestisce la Stay Focused Ministries—un gruppo che fornisce supporto e guida alle comunità piagate dalle lotte tra gang.

Carrizalez faceva parte di una gang già da bambino, ed è stato in carcere per rapina. Poi, dice, ha trovato Dio. Ora cerca di proteggere i bambini dalla minaccia delle gang. Mi ha mostrato i proiettili incasellati nelle case del quartiere nello stesso modo in cui, in un'altra parte di California, si mostrano le case delle celebrità. Mi spiega che l'estrema povertà di East Bakersfield e la violenza della zona sono strettamente legate: con un incremento della povertà—dovuta in parte allo sgretolamento dell'industria petrolifera e in generale alla disgregazione della manodopera operaia—anche le violenze aumentano.

Carrizalez sostiene di aver celebrato come sacerdote dell'East Bakersfield almeno 50 funerali, solo nel 2016.

Durante una sorta di visita guidata del quartiere, Carrizalez mi porta nei pressi di una delle strade principali della città, la MLK Boulevard, e mentre guida mi parla delle strade che imbocchiamo, descrivendomi le sparatorie che vi sono avvenute. Ci tiene a ricordare la Feliz Drive, dove ad aprile c'è stato uno scontro a fuoco tra civili e poliziotti, dopo che un uomo di 37 anni è stato accusato di non aver rispettato le norme stradali. Poco dopo mi porta a conoscere i volontari della sua organizzazione; stanno portando i bambini a scuola, offrendo loro protezione fisica così che siano liberi di giocare all'aria aperta. I genitori sono felici della nuova iniziativa: una madre mi ha detto che quando sente degli spari corre semplicemente in strada per riportare i figli in casa al sicuro—un po' come prima di un temporale. I sette bambini che erano lì con i membri dell'organizzazione di Carrizalez quando l'ho visitata avevano tra i cinque e i 13 anni ed erano tenuti d'occhio da due volontarie. Tutti, femmine e maschi, erano afroamericani e tutti dicevano di aver già visto un'arma con i loro occhi.

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Ecco come una bambina di 11 anni mi ha descritto il suo primo incontro diretto con una pistola: "Lui sembrava messicano, o forse bianco, e aveva una bandana blu sulla bocca. Camminava per strada con una pistola in mano."

Una sparatoria in particolare ricorre con una certa frequenza nei racconti degli abitanti di Bakersfield quando si discute di scontri fra gang e pericoli per i minori: l'attacco fuori da un Chuck E. Cheese, una catena di ristorazione per bambini. I membri di due gang rivali hanno aperto il fuoco nel parcheggio mentre i bambini assistevano alla scena dall'interno del ristorante, urlando terrorizzati. Il manager del locale, Curtis Harmon, mi ha detto di essere subito corso fuori e di aver visto due uomini: uno vestito completamente di nero e l'altro con una tuta dei Lakers.

"Volevo proteggere i bambini nel mio ristorante," dice, e anche se si è accorto del pericolo che stava correndo "non ci ho pensato."

Tre degli uomini coinvolti nello scontro armato sono stati arrestati. Le ferite causate dalle sparatorie, metaforiche e non, sono però ancora aperte, proprio come in seguito agli eventi di Stephens Drive; un esempio sono i buchi di proiettili ancora incastonati nelle pareti esterne del ristorante.

La famiglia Wallace ha deciso di non parlare più con la stampa poco dopo il ritorno di Jesse dall'ospedale, il giorno successivo l'accaduto. Quando l'ho incontrato, Jesse mi ha solo rivolto una manciata di parole attraverso lo spioncino della porta d'ingresso. Aveva appena annullato un'intervista con tutta la famiglia, spiegando che rivivere l'accaduto avrebbe potuto essere troppo per loro.

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"Mia figlia non vuole rivivere quella notte," mi ha spiegato. "Non vuole rivedere nella sua testa il papà che sanguina a terra."

Non tutti credono che i Wallace siano senza colpe: alcuni abitanti della città ritengono che durante la festa vi fosse un'atmosfera troppo tollerante nei confronti di armi e gang, o che comunque dei minori abbiano fatto uso di alcol e droghe. Jesse Wallace ha negato di aver deliberatamente lasciato entrare alcuni membri delle gang di Bakersfield alla festa della figlia, rifiutandosi di commentare le accuse riguardo il consumo di alcol e droghe durante la serata.

Gli ospiti mi hanno detto di aver saputo della festa da un post su Facebook, che si sarebbe diffuso senza controllo portando al sovraffollamento e alla presenza di membri della criminalità organizzata cittadina. Il detective Anderson non crede a tali affermazioni, ritenendo invece più plausibile che i dettagli della serata sarebbero stati tenuti nascosti fino all'ultimo minuto perché la famiglia Wallace sapeva che anche dei membri della Westside e della Country Boy Crips avrebbero partecipato. Mi ha detto che con l'avvicinarsi della festa ha iniziato a circolare un volantino virtuale che pubblicizzava la vendita di alcolici.

Wallace mi ha raccontato che lui e la sua famiglia volevano partecipare alla marcia per la pace organizzata dalla Wendale Davis Foundation, un'organizzazione che si impegna a combattere la violenza in città. La marcia era stata pensata per i membri della comunità di Bakersfield oppressi dagli scontri tra gang, un modo per mostrarsi solidali e coraggiosi di fronte alle continue sparatorie. La fondazione prende il nome da Wendale Davis, un adolescente innocente assassinato dal 2006 dai membri di una gang.

Il giorno della marcia, alla fine di settembre, le famiglie che hanno perso i loro cari camminano al fianco delle forze dell'ordine. Ci sono delle ragazze che ballano e cantano "When our hands are up, don't shoot," riferendosi alla facilità con cui la polizia tende a fare fuoco a Bakersfield. Sulle magliette di chi cammina ci sono i volti delle persone morte nelle sparatorie. Ci sono persone che piangono al margine della strada cercando di superare il dolore che la marcia ha riportato a galla.

Dagli altoparlanti arrivano canzoni che inneggiano alla pace, come "Stop the Violence" dei Chestnut Brothers, mentre i bambini si fanno tagliare i capelli gratuitamente in un piccolo stand allestito nel parcheggio. C'è anche un collage pieno di fotografie delle persone uccise durante gli scontri a fuoco a Bakersfield, sia per mano della polizia, sia per mano delle gang. Anche le vittime della sparatoria di Stephens Drive hanno partecipato alla marcia. "La gente sa chi è stato," mi ha spiegato il fratello minore di Wendale Davis, anche lui presente. "So i loro nomi e comunque non auguro loro nessun male. Sono solo arrabbiato perché mi hanno portato via mio fratello."

Sempre durante la marcia, una quindicenne sopravvissuta alla sparatoria di Stephens Dive mi ha mostrato le cicatrici sulla gamba. Il proiettile l'ha colpita da dietro, mi dice, e il suo arto si è improvvisamente fatto di fuoco per poi intorpidirsi. Barcollando, si è avvicinata alla porta d'ingresso dei Wallace, lasciando una scia di sangue dietro di lei a causa della lacerazione di un'arteria. Una volta in casa è crollata sul tappeto della sala da pranzo, dove è rimasta ad ascoltare il rumore della sparatoria dall'altra parte del muro. Prima di svenire, ricorda di aver visto la pozza di sangue allargarsi sempre più dietro la sua gamba.

Anche Saddam Ali, che la polizia mi ha detto essere un membro della Westside Crips, è sopravvissuto allo scontro di Stephens Drive, ma solo per essere ucciso in un'altra sparatoria tra gang rivali 24 ore dopo.

Surena Dixon, la sua ragazza, durante la marcia camminava mano nella mano con la madre e la figlia di dieci mesi. Aveva una maglietta con sopra stampata una foto di Ali in cui indossa un cappellino da baseball girato all'indietro. Lo descrive come un elettricista, un buon padre, e un uomo dedito al lavoro. Dice che è stato ucciso alle 10:30, mentre erano insieme fuori dalla loro casa e un killer è saltato fuori dal buio.

La famiglia Wallace all'ultimo ha deciso di non partecipare alla marcia per ragioni che hanno preferito tenere per loro, ma è possibile che l'aria di paranoia che ancora si respira nel quartiere abbia qualcosa a che fare con la loro decisione.

All'entrata del loro complesso residenziale, vi è da poco un appartamento in affitto: "dai 475$ ai 550$", dice l'annuncio. Uno degli immobili, il numero cinque per la precisione, non è più stato affittato. Dietro la sua porta d'ingresso, Miguel Bravo ha vissuto per tre settimane della sua vita prima di essere ucciso nel sonno. C'è un solo armadio vuoto al quale penzola un attaccapanni, vuoto anche lui. Sul pavimento si fanno compagnia polvere e scarafaggi.

Nella parte inferiore della porta c'è ancora un piccolo buco nero, che ricorda a tutti il singolo proiettile che ha portato via la vita a Miguel.