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Ventisette anni dopo, la morte del calciatore Denis Bergamini è ancora un mistero

I familiari del giocatore del Cosenza continuano a parlare di omicidio, ma il caso sembra ancora lontano dall'essere chiuso.
Thumbnail via Wikimedia Commons.

Quello di Denis Bergamini, il calciatore del Cosenza morto in circostanze misteriose il 18 novembre 1989, è uno dei cold case più famosi della cronaca nera italiana. Dopo quasi trent'anni e due processi conclusi senza nessun colpevole, lo scorso aprile il procuratore di Castrovillari Eugenio Facciolla ha disposto la riapertura delle indagini e l'11 luglio la salma di Bergamini è stata riesumata per essere sottoposta a una nuova autopsia. Ma cos'è che da decenni impedisce di fare luce sulla vicenda, e spinge da sempre i familiari della vittima a parlare di omicidio?

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Secondo la versione ufficiale, e l'unica confermata da sentenza, Denis Bergamini si sarebbe suicidato gettandosi sotto le ruote di un camion sulla strada statale 106 Jonica, presso Roseto Capo Spulico, a poco più di cento chilometri da Cosenza. Stando al racconto di Isabella Internò—l'ex fidanzata del calciatore che era con lui in quel momento—quel giorno Bergamini le avrebbe detto che voleva lasciare il calcio e fuggire dall'Italia, chiedendole di accompagnarlo a Taranto dove si sarebbe imbarcato per la Grecia. Al suo rifiuto, Denis avrebbe parcheggiato la Maserati in una piazzola di sosta lungo la statale e si sarebbe allontanato a piedi, aspettando il passaggio del tir per buttarsi, forse dopo aver provato a fare l'autostop.

Un articolo del Corriere della Sera del 20 novembre 1989.

Da allora, il caso Bergamini non ha mai abbandonato del tutto le pagine dei giornali: di tanto in tanto sono emerse nuove ricostruzioni, congetture, testimonianze, spesso inventate da mitomani. E un nuovo impulso alla riapertura delle indagini è arrivato soprattutto a partire dal 2009 grazie all'insistenza dei familiari e dei tifosi del Cosenza, che in quell'anno hanno organizzato il primo di due "Bergamini Day"—giornate commemorative con cortei e iniziative per non far spegnere tutte le luci sul caso. Sempre nel 2009, anche la politica si è occupata della vicenda, con un'interpellanza alla Camera dei Deputati cofirmata da Franceschini, Veltroni e Minniti. Ma anche il secondo processo, aperto nel 2011, si è concluso nel 2015 con l'archiviazione per gli unici due indagati.

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Oggi, il nuovo legale che assiste la famiglia del calciatore, Fabio Anselmo—famoso soprattutto per aver seguito i casi Cucchi, Aldrovandi e Uva—si dice fiducioso. "Per la prima volta abbiamo un procuratore determinato a fare chiarezza," mi ha spiegato al telefono parlando di Facciolla. "Trovo che abbia l'idea di fare qualcosa di più importante e giusto rispetto a quello che si meritava questa vicenda."

Nato in provincia di Ferrara, Donato "Denis" Bergamini era stato acquistato dal Cosenza nel 1985. Molto amato dai tifosi, aveva contribuito a riportare la squadra in serie B per la prima volta dopo 24 anni, e alcune squadre di serie A si erano mostrate interessate ad acquistarlo. La stagione disputata in serie B è stata anche l'ultima della sua carriera.

Sin da subito la sua morte si era presentata come un giallo. Il giocatore non aveva manifestato propensioni al suicidio, e c'erano alcune incongruenze nel racconto di Internò (che nel corso degli anni cambierà spesso le destinazioni ipotizzate da Denis per la fuga), in quello del camionista Raffaele Pisano e nei resoconti fatti dai carabinieri che per primi erano arrivati sulla scena. Inoltre, intervistato pochi giorni dopo la morte del figlio, Domizio Bergamini aveva raccontato che nel corso della sua ultima settimana di vita Denis aveva mostrato segni di inquietudine—in particolare, con una telefonata cinque giorni prima della sua morte.

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"Al suicidio non crede più nessuno," scriveva già il 29 novembre di quell'anno il cronista del Corriere della Sera che si occupava del caso, riferendo i dubbi sulle circostanze del ritrovamento del cadavere: il corpo era praticamente intatto ad eccezione della zona del bacino, senza fratture o significative escoriazioni, e senza segni di frenata del camion, che viaggiava a bassissima velocità.

Per questo nel gennaio del 1990 la salma era stata riesumata per la prima volta, per essere sottoposta a una prima autopsia. La perizia aveva confermato che Bergamini era morto per "schiacciamento" ma aveva anche denunciato la mancanza di "elementi di indubbia utilità ai fini della ricostruzione della dinamica dell'investimento" e avanzato dubbi sulla posizione del cadavere. L'assenza di lesioni nelle altre parti del corpo portava a escludere un urto violento con l'autocarro.

Nonostante i punti oscuri, il caso era stato chiuso nel 1992 con l'assoluzione in appello del camionista, unico indagato con l'accusa di omicidio colposo. Un nuovo procedimento per omicidio contro ignoti, aperto nel 1994, si era chiuso con un nulla di fatto l'anno successivo.

Da allora, chi non crede alla tesi del suicidio ha seguito essenzialmente due piste alternative. La prima è che Bergamini si fosse trovato coinvolto in qualche giro losco, da cui avrebbe cercato di scappare: scommesse, partite truccate, o addirittura traffico di droga. Ha seguito questo filone di indagine l'ex calciatore Carlo Petrini (morto nel 2012), che dopo essere stato coinvolto nelle inchieste del "totonero" si era convertito al giornalismo investigativo. In un suo libro pubblicato nel 2000, Il calciatore suicidato, Petrini punta il dito sui legami tra il Cosenza di allora e alcuni boss della 'ndrangheta—sostenendo che la partita giocata la domenica precedente, Monza-Cosenza, fosse stata truccata.

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Secondo questa pista, tutto il suicidio sarebbe stato una messinscena—in realtà Bergamini sarebbe stato ucciso perché aveva scoperto il giro di partite truccate e chiesto la cessione al Cosenza. Alla montatura avrebbe preso parte anche Francesco Barbuscio, il brigadiere dei carabinieri che per primo era arrivato sul posto. Per coincidenza, Barbuscio aveva già fermato la Maserati con a bordo Bergamini e Internò un paio d'ore prima, per un normale controllo a un posto di blocco.

Ma anche in questo caso alcuni elementi restano confusi: come gli istanti successivi all'incidente, ad esempio, in cui Isabella Internò sarebbe andata a chiedere aiuto in un bar poco lontano sulla statale, accompagnata da un altro automobilista sopraggiunto in quel momento—di cui fino al 2012 non si è saputa l'identità, ma che poi ha confermato sostanzialmente la versione della donna. Secondo le prime deposizioni del barista, Internò non avrebbe chiamato subito i soccorsi ma avrebbe prima telefonato alla madre, all'allora allenatore del Cosenza Gigi Simoni e a un altro giocatore, Francesco Marino.

Un altro punto poco chiaro è quello della Maserati di Bergamini, che nel verbale di Barbuscio compare registrata contemporaneamente in due posti diversi e che due giorni dopo i fatti è stata restituita alla famiglia Bergamini completamente pulita—con il sospetto quindi che qualcuno possa aver inquinato le prove. Una circostanza ipotizzata da Petrini sulla base di una testimonianza anonima—ma mai verificata—è che la macchina avesse dei doppi fondi usati per trasportare della droga, all'insaputa dello stesso calciatore.

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A infittire il mistero ci sarebbero anche altre due morti che sempre secondo Petrini sarebbero collegate a quella di Denis Bergamini: si tratta dei casi di Mimmolino Corrente e Alfredo Rende, due magazzinieri del Cosenza Calcio morti in un incidente stradale sulla stessa statale 106 il 4 giugno 1990. Secondo Petrini, tutti e tre sarebbero stati uccisi perché sapevano qualcosa di troppo.

Il secondo filone è invece quello di chi crede che dietro la morte di Bergamini si nasconda un delitto passionale: è su questa strada che si è indirizzata la riapertura delle indagini disposta nell'estate 2011 e che ha portato a indagare la fidanzata Isabella Internò e il camionista Raffaele Pisano rispettivamente per omicidio premeditato e concorso in omicidio.

Stando alle deposizioni di alcune amiche di Internò, sembra che la ragazza facesse fatica ad accettare che la sua relazione con il calciatore fosse prossima alla fine. Da due perizie mediche eseguite nell'ambito della nuova inchiesta è poi risultato verosimile che al momento dell'investimento Bergamini fosse già morto, o almeno in fin di vita, forse in seguito ad asfissia meccanica. Evidenze che sono state però giudicate troppo labili dal giudice.

È stata anche avanzata l'ipotesi di un "delitto d'onore" commesso dai parenti della donna per vendicare un presunto "oltraggio" da lei subito—ipotesi basata sul fatto che nel 1987, incinta di Bergamini, Internò aveva segretamente abortito. Ma anche questa tesi, accreditata da alcune ricostruzioni giornalistiche recenti come quella di Chi l'ha visto? e dalla notizia falsa che il calciatore in realtà fosse morto dissanguato in seguito a evirazione, è stata liquidata dal giudice come basata soltanto su "pregiudizi sulla mentalità meridionale." Così, nel 2015, è stata chiesta l'archiviazione per i due indagati.

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"Difficile che si tratti soltanto di un omicidio passionale," sostiene oggi l'avvocato Anselmo. "Per riuscire a insabbiare tutto per 28 anni, l'omicidio passionale non è sufficiente. Denis era un testimone scomodo—che si tratti di calcioscommesse o altro non lo posso dire, perché non abbiamo ancora elementi per dirlo."

La sentenza di archiviazione del 2015 ha riconosciuto le stranezze della dinamica del suicidio—e della fuga di Bergamini verso Taranto, ancora inspiegata—ma ha rigettato le accuse a carico di Internò e Pisano, perché mancano effettivamente prove della loro colpevolezza, né è mai stato dimostrato alcun collegamento tra i due. Si tratta insomma di una situazione paradossale, che secondo Anselmo sarebbe da imputare a una mancanza di "diligenza," più che di volontà. "Alcune cose si potevano chiarire anche prima, anzi bisognava chiarirle."

In queste settimane sono in corso nuove analisi sul corpo di Denis Bergamini, con le quali l'accusa vorrebbe dimostrare con maggiore sicurezza le supposizioni avanzate dalle perizie del 2012—e cioè il fatto che il calciatore fosse già morto quando è stato investito dal camion guidato da Pisano. L'ultima notizia al riguardo, riportata dal Resto del Carlino e confermata dalla procura, è l'esistenza di un nuovo "supertestimone," che si sarebbe deciso a parlare "assalito dai rimorsi."

Potrebbe trattarsi solo di un mitomane? "In realtà, quando un'inchiesta viene fatta con il piglio giusto," spiega Anselmo, "è chiaro che chi sa qualcosa di scomodo trova più coraggio per raccontarla. Prendi ad esempio il caso Cucchi, un altro caso di cui mi sto occupando: i carabinieri che si sono fatti avanti a testimoniare l'hanno fatto perché il contesto era cambiato, l'indagine era condotta con migliori garanzie. L'importante è che l'inchiesta sia efficace a 360 gradi, senza fare sconti a nessuno. Noi stessi all'inizio siamo stati, non dico scettici, ma cauti, dato che già una volta la famiglia era stata delusa nelle proprie aspettative. Ma adesso ci siamo ricreduti."

Per i risultati della nuova autopsia bisognerà aspettare l'autunno, quando forse si conosceranno meglio anche gli altri dettagli dell'inchiesta, per ora coperti da segreto istruttorio. Nel frattempo, il 30 luglio scorso il Cosenza Calcio ha annunciato il ritiro della maglia numero 8, quella indossata da Bergamini, "finché non sarà fatta piena luce sulla sua morte."