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Abbiamo guardato il programma sui giovani ricchi italiani che ha fatto incazzare tutti

Giovani e Ricchi, andato in onda in seconda serata su Rai 2, è—così per come l'hanno costruito—una specie di megafono delle insicurezze dell'italiano medio, incapace di proporre una visione che non sia quella della massa.

Di solito in Italia non ci piacciono i cambiamenti. Man mano che passa il tempo aggiorniamo progressivamente le lamentele sul fatto che si stava meglio quando: c'era Berlusconi, c'era la vera musica, c'era la vera sinistra, c'era la campagna, c'era Lui e via dicendo fino al mesozoico.

Figuriamoci quindi come possiamo reagire di fronte al poetico spettacolo della Rai che cerca di trasformarsi da larva post bellica a meravigliosa farfalla giovane e social proponendo in seconda serata Giovani e ricchi, un docureality che si proponeva di esplorare il ruggente mondo dei rich kids di Instagram trovando esponenti italiani adatti alla competizione di elicotteri e macchine d'oro in corso fra i paraminorenni più abbienti di tutto il mondo.

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Ecco: l'incontro tra questo programma e il pubblico ha innescato una serie di lamentele che vanno da chi sostiene che sia una fabbrica di odio classista a chi rimpiange "Lapo Elkann che almeno faceva ridere", passando editoriali che definiscono un "inferno cafonal" il mondo di questi giovani rampolli. Come ipotizzabile, trattandosi della Rai, non manca chi si è lamentato del fatto che tutto ciò fosse stato finanziato con "i nostri soldi", che la Rai raccontasse "così" quelli che, in definitiva, erano dei "provinciali", senza una reale storia da raccontare

Tutti i grab via Rai 2.

Vista la quantità di materiale promettente, ho deciso di sottopormi alla visione del programma per capire come rinfocolare il mio odio di classe cosa pensare.

"Non è stato facile trovarli, perché la ricchezza in Italia è ancora considerata un tabù, soprattutto in un momento di crisi economica," ci dice la voice over presentando il programma.

Vero. Un altro motivo per cui potrebbe non essere stato facile trovare delle persone molto facoltose disposte a vantarsi sulla tv nazionale dei propri averi: le persone abituate da tempo a essere agiate generalmente non sentono il bisogno di vomitarti addosso banconote da 500 euro. Tutti sanno che di solito hanno altre attività, come piluccare bacche e radici da una ciotola fatta con il cranio di un antiquario cinese vissuto nel primo ottocento o fare sacrifici umani ai galà di Natale della Monsanto.

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Rai 2, che evidentemente invece è una di noi, non ha trovato dei ricchi per il suo programma bensì dei poveri con i soldi, categoria estremamente più diffusa e facile a reperirsi nella ridente provincia italiana. Infatti veniamo subito introdotti a Giovanni Santoro, procuratore sportivo ventiquattrenne che vive a Londra.

Chiaramente la cosa più importante in assoluto di "Gio" è che il proprietario di una Bentley d'oro e che si accompagna a una modella russa, perché a noi gli stereotipi fanno proprio schifo. Da subito l'intervista non è esattamente provocatoria o tesa alla riflessione, le domande oscillano fra l'ammirazione contadina ("Costa molto? Quanto paghi al mese di benzina? Ma che succede quando le persone per strada ti vedono?") e la colpevolizzazione cattolica ("Ti piace essere guardato eh?")

Niente comunque all'interno dell'intervista suggerisce qualcosa di diverso dall'esaltazione, e non c'è nessun tentativo di portare i soggetti del documentario al di fuori dai loro normali ragionamenti e dalla loro zona di sicurezza.

Alla fidanzata di Giò Santoro che afferma sicura che chiunque non sia stramazzato al suolo dal desiderio di guidare quella Bentley o di essere loro in generale stia mentendo e sia in realtà invidioso, l'intervistatore non ritiene opportuno rispondere.

Sempre in tema macchina a un certo punto Giò Santoro è sostanzialmente costretto a dirsi da solo che le foto su Instagram che ha pubblicato sono state sommerse di insulti e che il più comune era "Money can't buy class", perché l'intervistatore è troppo preso dall'angoscia di far capire a chi segue che anche in Rai sappiamo cosa sia Instagram mica no, lo capiamo che se hai tanti SEGUACI allora sei IMPORTANTE ma per chi ci avete preso. Guarda Signora, la Rai cambia! Hai visto che strani questi giovani? Quando c'era la guerra maneggiavano mica tutti quei soldi eh. Che tempi.

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Gio e Gala hanno anche un cuoco personale, che va tutti i giorni a casa loro a preparare da mangiare, anche per il cane. Molti hanno trovato parecchio divertente il fatto che il cane venisse imboccato personalmente dallo chef. Anche io in effetti, nonostante sarebbe stato un po' difficile non notare che la bestia mangia palesemente meglio di me.

Ma la nostra power couple è solo l'antipasto, e subito si fa strada nel cuore di noi telespettatori Camilla Lucchi, veronese neolaureata in economia aziendale alla Bocconi, designata per predere la guida dell'azienda di famiglia.

Anche qui l'intrepido intervistatore è illuminante. La prima domanda che le viene rivolta è "Ho visto che fai parecchie foto delle tue vacanze! Perché lo fai?" Che onestamente mi sembra un interrogativo più sensato se rivolto a me, che in vacanza torno a Pescara la Miami Italiana, ma che fa abbastanza ridere rivolto a qualcuno che gira per resort caraibici.

In ogni caso a quanto pare Camilla passa il 90 percento del suo tempo di veglia a fotografarsi in diversi posti e dentro diversi abiti, solo con maggiore successo di molti di noi. Nell'intervista si prova ad affrontare il rapporto con l'ostentazione, cercando ancora una volta di mettere la protagonista in un angolino di pentimento—"ma non ti sembra di ostentare pubblicando foto delle tue vacanze?"—come se una eccellente disponibilità di denaro fosse de facto un crimine contro l'umanità o un qualcosa di cui doversi scusare in perpetuo.

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Parecchi articoli usciti dopo la puntata hanno fatto riferimento a un'istigazione alla lotta di classe e non si sbagliavano. Non c'è niente di giovane o fresco o spregiudicato nel racconto imbastito dal documentario, perché non c'è alcuno sforzo di guardare a queste persone con un sentimento diverso da quello con cui li guarda la massa: un misto di ammirazione, invidia, rimprovero e voglia repressa. Non credo esista un modo più conservatore di guardare alla ricchezza e anche di guardare al modo in cui noi umani medi dovremmo rapportarci ad essa. In effetti, Giovani e ricchi è una specie di megafono delle insicurezze dell'italiano medio, un ottimo allenatore di odio.

Per fortuna il discutibile senso della moda di Camilla, accompagnato dalla sua granitica convinzione di capirne qualcosa, inducono un senso di tenerezza parecchio incompatibile con la rivoluzione proletaria. Stiamo pur sempre parlando di qualcuno che definisce "esclusivo" il Twiga a Forte dei Marmi: non può essere una persona realmente malvagia.

Ma la gioventù corre, quindi è già tempo di lasciare Camilla e dirigerci verso Alberto Franceschi, anche lui veneto e anche lui amante delle customizzazioni bizzarre. Infatti Alberto ha fatto ricoprire la sua macchina di velluto nero, altro che oro.

Infatti alla macchina di Alberto vengono dedicate le successive otto ore e mezza di trasmissione, con un delicatissimo servizio a Jesolo comprensivo di signore anziane che si fermano terrorrizzate a toccare il vellutino. Come in precedenza, il punto per Giovani e ricchi è lo stare al centro dell'attenzione, e nel caso non dovessero bastare le inquadrature della macchina sarà bene ribadire il concetto intervistando giovani zarri di provincia che non credono ai loro occhi davanti al Macchinone del Rich Kid. Non trattandosi di poveri coi soldi, ma solo di poveri regular, l'intervistatore ritiene anche legittimo chiedere a uno di loro la cifra esatta che guadagna con il suo lavoro in fabbrica. Insomma, ancora una volta l'unico modo suggerito dal programma per guardare ai nuovi ricchi come Alberto è l'invidia sociale.

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Ma Alberto è un ragazzo con dei valori, infatti ha persino amici non ricchi che gli vogliono bene per quello che è, mentre sorseggiano vodka dal bordo della sua piscina ("ma tu ti consideri allo stesso livello sociale di Alberto?" chiede Rai appena individua un tatuato).

Per fortuna però torniamo da Giò e Gala in vacanza a Ibiza. Qui abbiamo modo di conoscere anche il loro amico napoletano "organizzatore di vacanze per VIP". Di lui mi limiterò a dire che se quello è un ricco io sono il dittatore in carica di qualche stato sud americano (spoiler: purtroppo non lo sono). In ogni caso ci vengono fatte vedere le enormi ville prenotate da Giò per la sua vacanza e di nuovo l'intervistatore mostra quanto abbia capito il concetto di "lusso" visto che la sua preoccupazione fondamentale è: "Ma non sarà che due persone non hanno bisogno in realtà di otto camere da letto?"

La carrellata di ricconi riprende mostrandoci Alberto che va in elicottero a Milano e Camilla che chiarisce che avrebbe qualche difficoltà a fidanzarsi con un semplice pizzaiolo, ma a questo punto le domande sono così esplicitamente provenienti dalle pance del gentismo che ormai le risposte degli intervistati cominciano a sembrare drammaticamente sensate e normali.

Finalmente arriviamo a Federico Bellezza, torinese e amante del golf—che pratica nel centro più esclusivo di Torino, specifica la voice over, con una quota annuale che può raggiungere i ventimila euro! Anche Federico tuttavia deve essere una persona super simpatica nonché l'anima della festa, visto che in vacanza con gli amici che alloggiano tutti in un tre stelle decide di andarsi a prendere da solo una camera in un hotel a cinque.

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Nel frame successivo Federico è impegnato in una serata in discoteca dove, strano a dirsi, ha prenotato un costoso tavolo con annesso champagne fiammeggiante e ci viene spiegato quest'altro sconosciutissimo fenomeno, cioè il fatto che talune tipe siano attratte dallo sfoggio di denaro.

È proprio su questa scioccante rivelazione che si chiude la nostra gita di una sola puntata nel mondo dei poveri con i soldi italiani, il format cattorivoluzionario che rischiava di riuscire dove anni di sinistra extraparlamentare hanno miseramente fallito.

Mi piace comunque pensare che fosse un test dei servizi segreti per controllare il livello di instabilità delle masse—nel qual caso li pregherei davvero di continuare la programmazione. Sai com'è, non si sa mai.

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