Dieci anni di A Kid Named Cudi
Fotografia via Fool's Gold Records

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Musica

Dieci anni di A Kid Named Cudi

È merito di Kid Cudi e del suo primo tape se oggi possiamo ballare il rap nei club, scrivere apertamente di depressione, vivere quello che oggi è l'hip-hop.

È difficile definire Kid Cudi con una sola parola. È il tossico solitario. È l'uomo sulla luna. È in un certo senso il fratello minore di Kanye West, come era successo a Kanye con Jay Z. È rockstar, rapper, attore - in una parola, artista. Se hai ascoltato le sue uscite recenti, come Kids See Ghosts o le sue nuove collaborazioni, ti sarai sicuramente accorto che è “rinato”, che si sente “libero come un fringuello”. Continua a cercare di raggiungere la stratosfera a forza di hhmmmyhheah, come ha sempre fatto, ma a è innegabile che qualcosa sia davvero cambiato. La sua voce sembra più nitida, più leggera e tutto attorno a lui sembra meno buio.

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Per chi segue da tempo le vicende di Cudi, ormai 34enne, è un sollievo e un vero trionfo riscoprire la sua ritrovata lucidità, come se un macigno fosse stato sollevato dalle sue spalle. Come è capitato a molti di noi, Cudi ha vissuto momenti difficili: ha passato periodi in cui soffriva di ansia e depressione, è stato ricoverato, ha condiviso il suo dolore. Di tutte queste esperienze parla apertamente nei suoi album, e così è diventato sia un artista di successo che un essere umano estremamente trasparente. “È l’artista più influente degli ultimi dieci anni,” ha detto Kanye West di lui. Una dichiarazione piuttosto difficile da quantificare concretamente ma che ha una certa autorevolezza, se analizziamo il panorama rap contemporaneo.

A Kid Named Cudi, il mixtape da cui è cominciato tutto, è uscito dieci anni fa. Fu in quelle canzoni che il mondo scoprì la voce e le sonorità instabili di Cudi, lanciandolo nell’iperspazio della scena rap a velocità supersonica. Due mesi dopo Cudi firmò con la G.O.O.D. Music, l’etichetta di West. Prima della fine del 2008, Cudi aveva già partecipato alla scrittura di alcuni pezzi di West per 808s & Heartbreak (“Robocop”, “Welcome to Heartbreak”, “Paranoid” e “Heartless”) e di Jay Z per The Blueprint 3 (“Already Home”). Un esordio col botto, quello di Cudi, che fu considerato fin da subito tra le promesse della nuova scuola.

Ad oggi, 808s è considerato un momento di svolta, quello in cui il rap si è lasciato alle spalle i toni spacconi e arroganti del passato per lasciarsi andare ai sentimenti. Sebbene l’impatto di 808s sia indiscutibile e nonostante abbia aperto la strada ad artisti come Drake, forse quell'album non sarebbe neanche esistito senza Kid Cudi. Oggi, però, mettiamo da parte le polemiche e celebriamo A Kid Named Cudi in occasione del suo decimo anniversario. Cosa l’ha reso così cruciale? Qual è la storia che ha portato alla sua nascita? Ma soprattutto, chi / come / cos'è Kid Cudi?

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Kid Cudi, foto promozionale.

Come molti ragazzi della sua età, Cudi approda in una grande metropoli a circa vent’anni e con appena 500 dollari in tasca. Nel suo caso, la meta è New York. Per un periodo abita da uno zio nel Bronx. Una volta trovato un lavoretto si trasferisce in un appartamento con il producer Dot Da Genius, la mente dietro A Kid Named Cudi, di cui produrrà due tracce (“Day 'N' Nite” e “Cleveland is the Reason”). Sebbene Cudi stesse plasmando la sua identità musicale da un bel po' è solo nel 2006 che le cose cominciano ad andare nel verso giusto, quando un producer gli presente un potente talent scout: Plain Pat. Come Cudi disse nel 2010, Pat non gli offrì subito un contratto ma lo prese comunque sotto la sua ala protettiva. Una partnership fondamentale, visto che Pat lavorava anche con Kanye West.

All'epoca il rap si fosse già diversificato. La dicotomia East Coast-West Coast era ormai superata grazie al contributo della scena del Sud degli Stati Uniti e artisti come Kanye e Lil Wayne stavano mettendo le fondamenta per l'esplosione creativa che il rap avrebbe vissuto nei dieci anni a seguire. Ma Cudi era un artista ancor più versatile di loro. In A Kid Named Cudi c'erano tantissimi sample: l'elettronica di Nosaj Thing, l'indie dei Band of Horses, il classic rock di Paul Simon, l'indie dei Ratatat, il grande R&B dei N.E.R.D. di Pharrell. Forse l’elemento più significativo è da ricercare in “Day 'N' Nite" e in “Cleveland is the Reason”, i pezzi in cui Cudi e Dot Da Genius unirono hip-hop e clubbing—un approccio che oggi ritroviamo nella produzione di Noah ‘40’ Shebib e Boi-1da, in Big Fish Theory di Vince Staples, in Danny Brown.

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Kid Cudi, foto promozionale.

Altrettanto fondamentale per il rap che ascoltiamo oggi fu l’apertura di Cudi su temi delicati quali la salute mentale. In “The Prayer" Cudi parlava di morte, di avere sognato la propria fine sin dalla nascita, e diceva di essere “pronto per un funerale”. In “Down and Out” era ancora più diretto: “Ti suicideresti se potessi leggere nella mia mente.” In “Man on the Moon,” Cudi apriva la strada ai due temi che sarebbero diventati la base del suo album di debutto, cioè gli astri e le emozioni più crude. “Penso che se avessi avuto una mente semplice / tutto sarebbe andato per il meglio,” diceva nel testo, alludendo alla forte ansia di cui soffriva e trasformava ogni cosa in una situazione complessa.

Molti rapper, oggi, parlano apertamente dei loro problemi di depressione, di ansia e suicidio. Anzi è ormai difficile trovare qualcuno che non abbia affrontato queste tematiche. In parte, questo è dovuto al fatto che i giovani di oggi siano più inclini a parlare di salute mentale rispetto alla generazione precedente. Ma anche al rap di Kid Cudi, che lo ha reso uno dei personaggi-guida ed esempio per tutti i giovani rapper che hanno poi sentito il bisogno di esternare i propri sentimenti nella loro musica. Per intenderci, nel 2016 Travis Scott scrisse un tweet per Cudi, poi cancellato, in cui decretava “FACCIO MUSICA GRAZIE A TE”.

Nei dieci anni passati da quel mixtape, Cudi ha attraversato parecchie difficoltà a livello mentale. Nel 2016 si ricoverò volontariamente in un centro di riabilitazione per la depressione e gli istinti suicidi. “Non mi sento in pace con me stesso,” scriveva su Facebook al tempo. “Tornerò, più forte, una persona migliore. Rinato." E se i testi di Kids See Ghosts non mentono, tutto sembra essere andato a buon fine. “Sono rinato, sto facendo passi avanti… / non ti preoccupare per me, Signore, sto andando avanti,” canta oggi Cudi in “Reborn”. La sua è una storia di grande ispirazione, una storia umana e vera, e riascoltare A Kid Named Cudi oggi significa rendersi conto di quanta strada abbia fatto questo ragazzo, sia come persona che come artista. Senza Cudi, il rap di oggi sarebbe diverso: da un lato non sarebbe così cupo, ma dall’altro non sarebbe nemmeno così luminoso e ricco di speranza. Segui Noisey su Instagram e su Facebook.

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