Salute

Perché ho l’irrefrenabile voglia di mordere le persone che amo?

Pare contraddittorio ma non lo è: molte persone sentono il bisogno di esprimere questa "tenera aggressività.” Ecco perché mordiamo altre persone.
Giacomo Stefanini
traduzione di Giacomo Stefanini
Milan, IT
Mordere una persona
Foto via Alamy

È successo. Ero a letto con il mio partner, l’una nelle braccia dell’altro, quando improvvisamente la vista della sua pelle ha scatenato un impulso selvaggio e incontrollabile: dovevo morderla.

È una sensazione che avevo già provato e di sicuro proverò ancora. Di solito si presenta accompagnata da un intenso senso di adorazione, delizia e confusione, e mordere mi dà il sollievo somatico di cui ho disperatamente bisogno.

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Sia chiaro, non è che voglia far del male all’altra persona. È più voglia di stringere leggermente il suo braccio, polso o spalla tra i denti—non come un cane rabbioso, più tipo un cane che tiene in bocca un uovo senza romperlo.

Ovviamente il mio partner lo trova insopportabile. Perché non sono un cane, sono un essere umano adulto che non si sa trattenere. Anche se questo impulso è un incrocio tra un pensiero intrusivo e puro desiderio, riconosco che non sia né razionale né socialmente accettabile. Ma di recente ho visto sempre più meme tipo “l’istinto delle donne di mordere gli altri” che mi hanno fatto sentire un po’ meno incompresa.

È una cosa normale? Ha a che fare con il genere? Che cosa significa? Dopo aver posto la domanda ai miei follower su Instagram, la mia casella dei DM è stata inondata da altri morditori compulsivi di ogni età, genere e orientamento sessuale. Così ho scoperto che tante altre persone come me hanno questa pulsione e che non è legata a kink particolari riguardanti cannibalismo, vampiri o cose di questo tipo.

“Direi che in parte si tratta di una cosa sessuale, cioè, mordere mi eccita,” mi racconta Vanessa, 23 anni. “Ma una parte di me, sinceramente, lo vede anche un po’ come strizzare una pallina antistress. Tipo magari stiamo passeggiando e dal nulla ti chiedo se posso darti un morso sul braccio.”

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La sensazione di sollievo sembra essere universale tra chi morde. “Quando ero bambino mordevo cose tipo cuscini e giocattoli gommosi per gestire la contentezza, la rabbia e ogni altro sentimento intenso,” dice Murray, 25 anni, che morde regolarmente la sua fidanzata. “Ora i momenti in cui mi sento inondato di affetto funzionano più o meno allo stesso modo. Associo l’azione a emozioni positive, penso. Come quando certe persone vedono un cucciolo carinissimo e dicono che vorrebbero strizzarlo fortissimo, qualcosa del genere.”

Queste espressioni—mordere un partner, strizzare un cucciolo, pizzicare un neonato—sono state a lungo considerate enigmi all’interno del comportamento umano, ma studi recenti hanno assegnato loro un nome: espressioni dimorfe. Il termine, coniato dalla psicologa sociale Dr. Oriana Aragón nel 2015, indica espressioni esterne che appaiono in contraddizione coi sentimenti che le provocano.

La ricerca di Aragón è iniziata nel 2012, quando era ancora una studentessa che si stava specializzando nel rapporto tra emozioni ed espressione. Stava guardando un talk show serale e l’ospite, l’attrice Leslie Bibb, durante l’intervista disse di un cucciolo: “È talmente carino che mi viene voglia di dargli un calcio in testa.”

Nel dirlo, fa notare Aragón, Bibb aveva scoperto i denti e stretto i pugni: “Immaginando il momento, si penserebbe a una persona in atteggiamento aggressivo, ma sappiamo che era proprio l’esatto contrario.” Questo contrasto ha incuriosito Aragón che da quel momento si è dedicata a studiare tutte quelle cose che “da fuori si mostrano antitetiche a come ci sentiamo dentro,” le espressioni dimorfe e la “tenera aggressività.”

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Aragón mi spiega che queste espressioni sono altamente influenzate dal contesto, cioè che è necessaria una gamma di fattori perché un atteggiamento aggressivo sia considerato “tenero” o “giocoso.” Tipo, dare un calcio a un bambino o un pugno a un cucciolo o un morso a uno sconosciuto non rientrano nella categoria delle “aggressioni giocose,” e questi sono gli esempi ovvi. Ma questo vale anche per il modo in cui gli altri possono percepire i nostri morsi in buona fede.

“Se qualcuno ti vede mordere un’altra persona senza conoscere il vostro rapporto, quindi senza contesto, potrebbe non cogliere la relazione affettiva che ci sta dietro e pensare che tu sia estremamente aggressiva,” spiega ridendo. “Ma all’interno di quella relazione si è venuto a creare un contesto che conferisce al gesto un suo significato affettuoso.”

Ma non ha ancora risposto alla domanda delle domande: perché ci viene voglia di farlo? “Quello che abbiamo scoperto nel nostro primo studio è che il gesto di ‘tenera aggressione’ serve al soggetto per sfogare o calmare una forte esperienza emotiva come l’adorazione per un altro essere umano—si tratta, insomma, di un modo per regolare l’intensità delle proprie emozioni,” spiega Aragón. “Sei con una persona a cui vuoi bene, senti salire un’improvvisa marea emotiva e mordere ti aiuta a sfogarla e a gestire questo sentimento.”

Questo tipo di “aggressività”, inoltre, è abbastanza normale. “È molto comune e i numeri sono piuttosto alti, nell’ordine del 50-60 percento,” mi informa Aragón. Anche se le sue ricerche non si sono concentrate specificamente sul mordere partner, il termine generico di “tenera aggressività” può spiegare uno spettro di comportamenti e fenomeni simili.

Non vedo l’ora di poter citare una vera e propria scienziata la prossima volta che il mio compagno mi negherà un morso. Fuori i denti, ragazzi e ragazze.