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Lamentarsi solo dei barbari olandesi non serve a nulla

Lo scenario della calata dei barbari non fa altro che relegare sullo sfondo quella che per me è la questione dei fatti di Roma—ossia la gestione dell'ordine pubblico e le responsabilità politiche dei vertici della sicurezza italiana.
Leonardo Bianchi
Rome, IT

Adesivo dei tifosi del Feyenoord. Via.

Negli ultimi anni ho seguito parecchie manifestazioni a Roma, e nella quasi totalità dei casi—specialmente quando si ha a che fare con gli "antagonisti"—ho visto un dispositivo di sicurezza in grado di fronteggiare l'Armageddon, e cortei che attraversavano un centro talmente deserto e militarizzato da assomigliare alla scenografia di Mad Max.

Come noto, le immagini di Roma in questi giorni sono radicalmente diverse. Per quasi 48 ore il centro storico di Roma—prima Campo de' Fiori, poi Piazza di Spagna—si è trasformato nel pisciatoio a cielo aperto di un gruppo di bottiglie di Heineken con attaccati i tifosi del Feyenoord. Sempre quest'ultimi hanno poi pensato di smaltire la sbornia scontrandosi con la polizia, sfasciando gli autobus dell'ATAC (che già sono abbastanza sfasciati di loro) e danneggiando la Barcaccia del Bernini.

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Il bilancio finale è stato parecchio pesante: 28 arresti, 11 tifosi condannati a 45mila euro di pena pecuniaria, decine di feriti tra gli olandesi e le forze dell'ordine, e tre milioni di euro di danni (secondo la Confcommercio). Oltre ai danni materiali, però, l'inciviltà dei tifosi del Feyenoord ha causato battute del genere, i post qualunquisti su Facebook di Gigi D'Alessio—una cosa che non potrò mai perdonare agli ultras olandesi—e questo tweet di Jimmy Ghione.

Anni fa mi trombai al mare un'olandesina in una cabina, il suo fidanzato era in hotel. Pesai: sono un po' bastardo. Ora dico: HO FATTO BENE!

— jimmyghione (@JimmyGhione)20 Febbraio 2015

A ogni modo, l'aspetto su cui c'è stata la pressoché totale unanimità da parte dei commentatori—oltre al gravissimo sfregio della Barcaccia—è che dopo parecchi secoli i barbari sono tornati e hanno nuovamente saccheggiato Roma.

In un editoriale sul Messaggero , ad esempio, si sono tirati in ballo paragoni storici di questo genere: "Soffrivano del complesso d'inferiorità prima, di fronte alla maestà di Roma, e ancora lo patiscono. E distruggono ciò che non potranno conquistare mai, anche se Alarico ha creduto di farlo con i suoi visigoti, e così prima di lui i celti e così dopo di loro i vandali e poi i lanzichenecchi." Il pezzo poi si concludeva con questa affermazione perentoria: "Non sono bastati 2000 anni per civilizzarli."

Utilizzare l'armamentario retorico del sono-arrivati-i-barbari e un immaginario da caduta dell'Impero Romano, tuttavia, è una scorciatoia molto comoda: dopotutto, alimenta una narrativa funzionale al sensazionalismo, rinforza il topos dell' italianibravagente e presta il fianco allo scontro di civiltà—con gli olandesi.

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Così facendo, però, si entra in un terreno estremamente scivoloso. Matteo Renzi, ad esempio, ha dichiarato: "noi all'estero queste cose non le facciamo." Pur con tutte le differenze del caso, evidentemente i tifosi della Lazio che nel novembre del 2013 a Varsavia si sono scontrati con la polizia polacca non erano italiani; e la stessa esenzione di italianità si applica anche agli ultras della nazionale, che nel 2008 in Bulgaria si erano fatti notare per risse con gli ultras bulgari e cori inneggianti al Duce.

Lo scenario della calata dei barbari, inoltre, non fa altro che relegare sullo sfondo quella che per me è la questione dei fatti di Roma—ossia la gestione dell'ordine pubblico e le responsabilità politiche dei vertici della sicurezza italiana.

Sin dal pomeriggio del 19 febbraio, infatti, è iniziato uno scaricabarile di proporzioni epiche tra le istituzioni italiane. Ignazio Marino si è scagliato contro prefetto e questore; il questore ha risposto piccato; il prefetto ha detto che alle dimissioni non ci pensa nemmeno (in ogni caso, dal 1 aprile andrà in pensione); Angelino Alfano è stato schiaffeggiato da chiunque; Giorgia Meloni se l'è presa con tutti, invocando le dimissioni dell'intero governo; e Beppe Grillo ha lanciato l'hashtag #OlandesiPagateIDanni.

Ora, è chiaro a tutti che gli ultras del Feyenoord non sono persone che lavorano per trovare la cura definitiva al cancro. Ed è ampiamente risaputo che le frange più pericolose del tifo della squadra di Rotterdam—cioè i SCF (Sport Club Feyenoord) e le Het Legionen, entrambe di estrema destra—hanno un curriculum ultradecennale di violenze, antisemitismo, accoltellamenti e scontri.

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Chi si occupa di ordine pubblico, dice l'avvocato Lorenzo Contucci sul sito AS Roma Ultras, dovrebbe anche sapere che "la parte più radicale dei tifosi del Feyenoord si definisce 'Rotterdam Hooligans.' Quello è il loro biglietto da visita. Sono come i tifosi inglesi vecchio stampo: è la fenomenologia dell'ubriachezza molesta che poi si trasforma in veri e propri atti di teppismo." E ancora: "È assolutamente ovvio che, se migliaia di tifosi arrivano a Roma molto tempo prima (del resto vanno a Roma, non in una sconosciuta città europea), si concentrino a Campo de' Fiori o Piazza di Spagna, come sempre avvenuto in passato."

Nonostante l'ingente spiegamento di forze, 1800 agenti in tutta la città, è soprattutto a livello di prevenzione e percezione del fenomeno che qualcosa è andato storto. Lo conferma Daniele Tissone—segretario generale della Silp Cgil (Sindacato Italiano Lavoratori della Polizia)—in un'intervista al Fatto Quotidiano: "Proprio conoscendo i comportamenti abituali di questi tifosi bisognava riflettere su nuove modalità di controllo, più dinamico e più ampio sull'intero territorio cittadino. Pur sapendo che si tratta di un fenomeno difficile da monitorare."

Eppure la partita sarebbe stata preparata in ampio anticipo, e in questi ultimi due mesi la polizia italiana "ha scambiato negli ultimi due mesi 15 note informative con quella olandese." Tutto ciò evidentemente non è servito a nulla, visto che per ore i poliziotti in assetto anti-sommossa sono rimasti fermi sulla scalinata di Trinità dei Monti a osservare il bivacco dei tifosi del Feyenoord, facendo partire la carica (durata circa dieci minuti) alle quattro di pomeriggio, quando ormai la situazione era già ampiamente sfuggita di mano.

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Nella conferenza stampa di ieri il questore Nicola D'Angelo ha difeso su tutta la linea le scelte e l'operato degli agenti. "Non abbiamo né sottovalutato l'eventuale criticità, né in malafede nascosto la nostra preoccupazione," ha detto. "Era pericoloso, si poteva innescare una miccia spaventosa. Io morti non ne faccio, meglio la sporcizia. Rifarei la stessa scelta."

La giustificazione del questore non è però andata giù al sindaco Marino, che ha ribattuto : "Non può essere considerato un successo il fatto che non ci siano stati dei morti." Sempre oggi, inoltre, l'asilo delle recriminazioni istituzionali si è arricchito di un nuovo partecipante—la polizia contro Alfano, un ministro "sfiduciato da tempo" che in queste ore, da Washington, sta rilanciando confusamente le proposte di aumentare i militari dell'operazione "Strade sicure" e di introdurre un "Daspo europeo" (che tra l'altro c'è già).

In questo caos politico e istituzionale è quantomeno fuori luogo dipingere gli olandesi come una calamità naturale abbattutasi su Roma senza che nessuno fosse in grado di prevederla e gestirla. Questa volta non c'è neppure un mostro sacrificale alla Genny 'a Carogna in grado di assolvere tutti quanti dai loro peccati.

Insomma, alla fine l'amara verità resta questa: l'apparato di sicurezza della capitale di un paese del G8 si è fatta mettere sotto da una manica di sbronzi che a momenti faticava a reggersi in piedi. E alla fine battersi il petto non risolverà davvero nulla.

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