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Stando a quanto descritto da stampa e inquirenti, insomma, saremmo dunque di fronte a qualcosa di dannatamente serio, anche se i membri del gruppo non avevano ancora fatto il grande salto operativo. "Noi crediamo di essere arrivati prima che l'organizzazione entrasse in azione," ha spiegato il procuratore distrettuale antimafia dell'Aquila. "I progetti c'erano, non potevamo correre il rischio di scoprire dopo quanto fossero concreti."
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Il "progetto eversivo" viene perseguito principalmente su Facebook—strumento che non è esattamente una garanzia per pianificare azioni terroristiche. Ciò nonostante, gli "eversori" sono attivissimi sul social network, che usano sia per organizzarsi che per fare proseliti.A questo proposito, Manni arriva addirittura a creare un falso profilo, Nuovo Centrostudi Ordine Nuovo, in cui si spaccia come un "generale di 71 anni dei Carabinieri" che nelle conversazioni intercettate con gli altri sodali è descritto come "uno dei fondatori di Ordine Nuovo", per accrescere la caratura del gruppo.L'ordinanza, per il resto, è piena di conversazioni che si svolgono principalmente sulla bacheca di Manni. Uno dei bersagli prediletti è indubbiamente l'ex ministro Cecile Kyenge. In uno status del 2013 Manni la definisce "NEGRA CHE AMA DEFINIRSI MINISTRO" e "EX PROSTITUTA ED EX CLANDESTINA" che "HA FATTO IL SALTO DI QUALITA'." In un altro post, sempre sul profilo di Manni, si legge:
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L'ordinanza stessa, del resto, in certi punti sembra una spietata parodia di come fare una "rivoluzione fascista" nel terzo millennio. In una profetica conversazione, ad esempio, due indagati esprimono il timore di "andare dentro," "prendersi pure del pirla" e "farci ridere indietro e prendere i calci nel culo."Stefano Manni, invece, tira pacco a un appuntamento chiave per la strategia eversiva del gruppo inventandosi un fermo dei carabinieri per poter andare alla recita di Natale della figlia.
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Al di là dell'aspetto giudiziario e della supposta pericolosità di questo strampalato gruppo terroristico, quello che preoccupa veramente sono le idee che questi attempati fascisti da social network diffondevano in gruppi e bacheche.Lo stesso Manni, scrive il gip, riteneva che lo "scenario politico ed economico italiano" fosse "l'humus favorevole" per "sollecitare sentimenti di antisemitismo e xenofobia, affiancanti da marcate forme di istigazione ed incitamento ad azioni estreme." Il punto è che non aveva nemmeno tutti i torti, visto che posizioni del genere—l'odio verso gli immigrati, le minacce di morte a certi esponenti politici e la nostalgia per Benito Mussolini—sono tutt'altro che minoritarie sul Facebook italiano, e più in generale nella società attuale.Basta farsi un brevissimo giro, infatti, per rendersi conto dell'esistenza di un intero ecosistema di pagine e siti che rimbalzano sulle bacheche di centinaia di migliaia di utenti e fomentano indisturbate xenofobia, disinformazione e apologia di fascismo.
Insomma, se il terrorismo nero nel 2014 è quello descritto dall'inchiesta "Aquila Nera" c'è da stare abbastanza tranquilli. Molto meno tranquillizzante, invece, è accorgersi che le loro idee siano molto più diffuse di quanto vorremmo credere.Segui Leonardo su Twitter: @captblicero