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Applausi e abusi

Nelle ore degli applausi dei poliziotti ai condannati per la morte di Federico Aldrovandi, gli agenti al centro di un altro caso di "sospetti" abusi, quello di Riccardo Magherini, hanno ricevuto l'avviso di garanzia per omicidio.
Leonardo Bianchi
Rome, IT

Corteo a Ferrara per Federico Aldrovandi. Foto di Filippo Massellani.

Ci sono parecchi aspetti atroci nell’ovazione tributata dai poliziotti del Sindacato Autonomo di Polizia (Sap) agli agenti condannati per l’omicidio di Federico Aldrovandi. Non parlo solo della mancanza di empatia nei confronti di un morto, ma soprattutto della difesa corporativa che ha sfondato ogni limite della decenza ed è proseguita anche dopo lo scoppio delle polemiche.

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“L’onorabilità della Polizia di Stato è stata irrimediabilmente vilipesa,” ha detto in una nota Gianni Tonelli, segretario del Sap, “e solo una operazione di verità sarà in grado di riscattare il danno patito. Alla stessa stregua i nostri colleghi, ingiustamente condannati, hanno patito un danno infinito.” Un’altra presa di posizione ambigua è quella del segretario dell’Adp (Autonomi di polizia), Ruggero Strano: “Gli applausi di oggi sono una cosa vergognosa. Questa vicenda ha mietuto solo vittime, da una parte e dall'altra.”

Ad ogni modo, la standing ovation per i poliziotti coinvolti nel caso Aldrovandi arriva, piuttosto significativamente, proprio in un periodo in cui si sta imponendo all’attenzione dell’opinione pubblica la strana morte di Riccardo Magherini, l’uomo che ha perso la vita a Firenze nella notte tra il 2 e il 3 marzo 2014 in circostanze non ancora chiarite mentre si trovava nelle mani dei carabinieri.

Nei primi resoconti sul caso, Magherini—39enne ex calciatore nelle giovanili della Fiorentina—viene presentato come una specie di folle (o tossico) con la bava alla bocca che girovaga “senza meta” per il centro di Firenze, intento a sfondare vetrine “per rabbia” e “a furia di pugni”, a rubare cellulari e a “entrare nella macchina” di una ragazza.

L’evidente stato di agitazione dell’uomo (ancora non si sa a cosa sia dovuto) richiede l’intervento dei carabinieri. Questa è la cronaca degli ultimi momenti di Magherini fatta dal Corriere Fiorentino: “In strada ha alzato le mani. La storia sembrava finita ma appena un militare si è avvicinato, Magherini gli ha sferrato una testata al volto. Poi è stato gettato a terra ma è riuscito a liberarsi: con le manette ha colpito un secondo militare.” Dopo il fermo arriva una prima ambulanza, alle 1.23, senza medico a bordo. Alle 1.44 giunge sul posto un’automedica con il medico; Magherini però è già agonizzante, “colpito da un arresto cardiaco.” Nell’articolo si evidenzia come “tre testimoni hanno messo a verbale che ‘i carabinieri sono stati molto bravi a immobilizzarlo in modo non violento e non hanno mai usato violenza’.”

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Il pm Luigi Bocciolini, che coordina le indagini, dichiara: “Dalla autopsia non sono emersi segni che facciano pensare a un decesso dovuto ad atti di violenza. Per stabilire le cause della morte bisogna attendere l’esito degli esami tossicologici.”

A pochi giorni dalla morte il caso è praticamente chiuso: Magherini, in preda al delirio più totale, è rimasto vittima di una serie di sfortunate circostanze e il suo cuore non ha retto alla tensione. Una tragedia, insomma.

Dopo il funerale, però, il padre Guido Magherini (a sua volta ex giocatore di Palermo e Milan) solleva alcuni interrogativi e promette battaglia: “Ci sono ancora tanti aspetti da chiarire e accertamenti da compiere, il sospetto è che Riccardo sia stato tenuto ammanettato a terra per troppi minuti. Abbiamo bloccato la cremazione della salma per dare tempo ai nostri periti di approfondire gli accertamenti.”

Una delle foto dell'autopsia di Magherini mostrate in Senato.

Iniziano a intravedersi le prime crepe. Il fatto è avvenuto nel pieno centro di Firenze, non in qualche strada isolata, e diversi testimoni riferiscono di “calci e percosse” da parte dei militari. Emerge anche l’esistenza di un video in cui Magherini chiede disperatamente aiuto e grida “non ammazzatemi, ho un bambino.”

Secondo quanto scritto su Repubblica due giorni fa, il 17 marzo il pubblico ministero avrebbe inviato una mail privata all’avvocato Luca Bisori in cui si parlava piuttosto esplicitamente di violenze dei carabinieri: “Sotto il profilo del segreto investigativo, Le rappresento la situazione: vi è in [un?, ndr] fondato motivo di ritenere che almeno uno dei militari intervenuti abbia colpito il ragazzo con dei calci al fianco mentre era a terra ammanettato.” I “calci”, proseguiva la mail del pm, non hanno causato la morte di Magherini, ma “quanto meno sussiste l’art. 581 c.p., percosse.” Da quel momento in poi, però, sulla vicenda cala il silenzio più assoluto.

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La famiglia e gli amici di Riccardo non riescono a darsi pace. Appaiono striscioni in curva Fiesole e murales in un ristorante nel borgo San Frediano. Verso la metà di aprile, i Magherini incontrano Patrizia Moretti, la madre di Federico Aldrovandi. “Ci ha dato forza parlare con questa donna, vedere una mamma così combattiva,” dice Andrea Magherini, il fratello. “Ci ha anche raccontato del suo calvario, delle illazioni per distruggere la figura di suo figlio, di come è stato difficile arrivare alla verità e alla condanna di quei poliziotti.” Dopo la visita a Ferrara, i Magherini affidano il mandato all’avvocato Fabio Anselmo, il legale dei casi Aldrovandi, Cucchi, Uva e molti altri.

Il 24 aprile il caso approda al Senato con la conferenza stampa organizzata dall’avvocato Anselmo e dal senatore Luigi Manconi, fondatore dell’associazione “A buon diritto”. Le dichiarazioni dei due sono pesantissime. Manconi, ad esempio, dice che “il caso richiama profonde tragedie, situazioni simili e comportamenti analoghi” ed evoca esplicitamente il tema “degli abusi di Stato.”

Viene poi mostrato un video, in cui, a detta di Manconi, si verificano “comportamenti che dalla visione delle immagini appaiono illegali. Certamente in quella azione non tutto è andato come la legge prescrive; anzi, molto è andato contro.”

Vengono anche mostrate le foto del cadavere di Riccardo Magherini—e sono immagini che parlano da sole.

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Il 29 aprile la famiglia Magherini presenta una denuncia, chiedendo che i carabinieri responsabili dell’arresto vengano accusati di omicidio preterintenzionale, e i sanitari intervenuti quella sera (quelli della prima ambulanza) di omicidio colposo.

La denuncia ricostruisce la dinamica del fermo: “Nel lungo arco temporale iniziato qualche minuto prima che arrivasse la prima ambulanza fino a quando è arrivata la seconda ambulanza con l’avvio delle manovre di soccorso (almeno 15 minuti), Riccardo era già divenuto totalmente silenzioso e immobile. Ma i quattro militari intervenuti hanno invece deciso di continuare a tenere Riccardo immobilizzato nella medesima posizione, continuando altresì ad esercitare pressione sul dorso.”

Nell’esposto sono anche citate diverse testimonianze. “Visti arrivare i carabinieri, e subito dopo che questi erano usciti dalle auto,” dice un testimone, “il ragazzo si è buttato in ginocchio rivolto verso i militari dicendo loro ‘era uno scherzo’, ‘scusate’, ‘non mi fermate’, ripetendo più volta questa frase sempre con tono concitato.”

Un testimone riferisce di aver visto “un carabiniere con i capelli rasati” che “dava alla persona fermata almeno 5 o 6 calci, colpendolo con il piede destro all’altezza dell’addome.” Un altro ancora dice di essere rimasto colpito da questi calci non tanto per “la loro violenza”, ma piuttosto per “la loro evidente inutilità”: erano infatti “calci ‘a bulletto’, ‘vendicativi’, cioè dati come chi pensa ‘ti ho messo a terra’. Sicuramente si è trattato di calci del tutto inutili.”

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Un’altra testimonianza contenuta nella denuncia spiega la posizione dei carabinieri (che si intravede anche nel video) sul corpo di Magherini: “Gli erano praticamente sopra tutti e quattro i carabinieri, in queste posizioni: uno gli stava sulle gambe, premendogli con i piedi sopra le gambe all’altezza tra il polpaccio e il resto del ginocchio; due gli stavano sulla schiena, e lo tenevano fermo a terra premendogli le ginocchia e le mani sopra la schiena e tenendogli ferme le braccia: il quarto, il più anziano gli teneva la testa premuta contro l’asfalto, probabilmente sempre di lato, e con il ginocchio sul collo. Questa posizione è durata abbastanza, a me è sembrata un’eternità… praticamente fino all’arrivo dell’ambulanza.”

Il modo piuttosto “energico” in cui agiscono i carabinieri provoca la reazione delle persone affacciate alla finestra o che assistono alla scena direttamente in strada. Sempre secondo le testimonianze, un militare avrebbe risposto “fatevi i cazzi vostri”, prima che il carabiniere “più anziano” ordinasse di “prendere i documenti” a chi protestava.

Insomma, secondo i familiari di Magherini c’è parecchio materiale per far luce su una vicenda dai contorni ancora molto oscuri. E proprio oggi, infatti, i quattro carabinieri intervenuti per arrestare Magherini e cinque sanitari hanno ricevuto l’avviso di garanzia per omicidio—esattamente come aveva chiesto la famiglia.

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L’avvocato Fabio Anselmo al corteo per Aldrovandi.

La notizia arriva dopo che per mesi l’unico indagato “noto” in questa vicenda era stato proprio Magherini, “per il furto di un cellulare preso per chiamare aiuto.” L’avvocato Anselmo, sempre nella conferenza stampa al Senato, aveva affermato di “ritrovare in Magherini quello che ho già ascoltato altre volte: le ‘denunce a piede morto’.” Si tratta, prosegue l’avvocato, di “denunce inutili, perché i responsabili non possono subire processo che però vengono marchiati dalla denuncia per violentare l'immaginario collettivo e dare un'immagine mistificata della vittima. Magherini era invece incensurato e non aveva mai mancato di rispetto alla legge italiana. Assumeva cocaina ma non solo di questo è morto.”

Riferendosi alla questione del trattamento post-mortem di Magherini, il senatore Manconi ha invece descritto quello che lui chiama il meccanismo della “doppia morte”, che puntualmente accompagna casi del genere: prima c’è la morte fisica; poi si verifica lo stravolgimento della biografia dei morti, “enfatizzando o inventando elementi che possano compiere l’opera di degradazione della vittime.”

Ma questo meccanismo non tiene mai in conto una cosa tanto semplice quanto fondamentale: la reazione delle famiglie delle vittime. Lo aveva detto esplicitamente Patrizia Moretti lo scorso febbraio, alla fine della manifestazione per chiedere la destituzione di quegli stessi agenti che ora vengono applauditi pubblicamente dai colleghi: “Sappiate che ci saranno sempre le famiglie. Ci saranno sorelle, figli, madri, mogli… E io, come mamma, lo grido forte: non staremo zitte, non lasceremo correre.”

Anche Ilaria Cucchi ha commentato la vicenda, scrivendo una lettera aperta molto pesante: “Riccardo Magherini, come mio fratello Stefano, non è morto perché drogato. Non è morto perché dava in escandescenze. La realtà è molto più semplice, e molto più terribile. La sua VITA è terminata mentre chiedeva aiuto a chi avrebbe dovuto tutelarlo. Mentre era inginocchiato davanti a loro e gridava disperatamente 'aiutatemi sto morendo'. Ed è morto.”

Ora resta da capire perché Riccardo Magherini sia morto, e in quali precise circostanze. Ma, soprattutto, l’eventuale processo dovrà rispondere alla domanda che aleggia sempre su tutti questi casi “sospetti”: se Riccardo Magherini non avesse incontrato quei quattro carabinieri la notte del 2 marzo, sarebbe ancora vivo?

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