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Il viaggio di Roberto Fico sull'autobus è pura propaganda

I giornali parlano di 'vecchie abitudini', ma i rendiconti dei Cinque Stelle dicono che nel 2017 il neo presidente della Camera ha preso più taxi che bus.
Leonardo Bianchi
Rome, IT

Nel caso in cui non ve foste accorti, dopo le ultime elezioni siamo ufficialmente entrati nella Terza Repubblica—la cosiddetta “Repubblica dei cittadini,” quella in cui la Casta ha i giorni contati e i presidenti delle camere vanno in giro sui mezzi pubblici, proprio come fanno i cittadini qualunque.

Il 26 marzo, infatti, la nuova terza carica dello Stato—Roberto Fico, grillino “di sinistra” della prima ora nominato anche grazie all’accordo con la Lega e il centrodestra—è uscito da Termini per recarsi a Montecitorio, e nel farlo preso il bus numero 85 seguito da telecamere e fotografi.

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Sempre ieri, Fico ha poi annunciato di rinunciare all’indennità di funzione da presidente della camera (i suoi predecessori l’avevano ridotta del 30 percento nel 2013), perché “dobbiamo tagliare i costi della politica e razionalizzare quelli della Camera.” Nel pomeriggio, mentre i social erano invasi da Fico-in-autobus, i canali ufficiali del M5S hanno utilizzato un’altra foto per lanciare un post dal titolo eloquente: “Il Parlamento non sarà più il simbolo della Casta.”

Alcuni quotidiani, dal canto loro, si sono spinti a parlare di un “presidente cittadino” che “non perde le vecchie abitudini”—quelle, appunto, di andare a lavoro con gli autobus della Capitale.

Eppure, come hanno puntualizzato in diversi tra pagine, parlamentari d'opposizione e quotidiani, non è proprio così. Se si butta un occhio sul sito tirendiconto.it—attraverso il quale gli eletti del M5S documentato tutte le spese—ci si accorge di come Fico, in tutto il 2017, di autobus ne abbia presi in tutto 15, per un totale di 22.50 euro rendicontati come spese di trasporto bus/metro. Il mezzo preferito dalla nuova terza carica dello Stato è invece il taxi, per il quale sono stati spesi 2.486,24 euro in un anno (circa 200 euro al mese, che rimane una cifra comunque molto bassa).

Le “vecchie abitudini” da deputato, dunque, sono quelle di prendere il taxi. Non si tratta di chissà quale rivelazione o mistero, sia chiaro: l’ha detto lui stesso in un’intervista di pochi giorni fa, quando rispondendo alla domanda di una giornalista sui cambiamenti nei mezzi di trasporto ha risposto: “Non deve cambiare nulla da questo punto di vista per me molto è importante. Oggi in treno, seconda classe, taxi. Tutto deve rimanere semplice e umile.”

Per ricapitolare la vicenda dell’autobus e del “presidente cittadino,” insomma, si può dire che in termini comunicativi si tratta di un gran bel blitzkrieg che si inserisce appieno nella lunga scia di pizze sulle scalinate del centro di Roma, viaggi in piedi sui treni regionali e più in generale nel profilo “low cost” che i Cinque Stelle coltivano certosinamente da anni.

E ovviamente non c’è nulla di male in tutto ciò, basta chiamarlo con il suo nome: propaganda ad alto impatto mediatico, con la quale si cerca di impostare un frame e ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo.

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