Cultura

Appunti sull’apocalisse del mondo conosciuto

Una riflessione su ragazzini che lottano per salvare il pianeta, vecchi che chiedono scusa e l'incubo di dover pur cominciare, da qualche parte.
Juta
illustrazioni di Juta
illu_apocalisse_mondoconosciuto
Illustrazione di Juta.

Siamo vecchi. La terra è vecchia, consumata, ricoperta dalla monnezza e come se non bastasse, qui, tutti i minuti se ne va un minuto. Si decompone la responsabilità ecologica e con essa la natura, che si fiacca sotto le mazzate delle bottiglie di plastica, ingloba i derivati del petrolio, se li mangiano i pesci, le acque si inquinano e da qualche parte, nel Pacifico, c’è un’isola di plastica grande come la coscienza sporca di tutti i prodotti usa e getta che abbiamo affidato ai flutti da più di mezzo secolo a questa parte.

Pubblicità

Ce lo sono venuti a dire i ragazzini mentre noi stavamo lì a buttare per strada i mozziconi delle sigarette, ancora intenti in ragionamenti esistenziali molto complessi mutuati dalle puntate di Beverly Hills con cui ci siamo allattati l’inconscio negli anni Novanta, quando credevamo che le bevande zuccherate non si sarebbero depositate sulle nostre cosce sotto forma di ristagno dei liquidi e che le nostre tette avrebbero guardato fiere l’orizzonte per tutta l'eternità. Non è così.

È andata male, le risorse stanno finendo, si sente puzza di morto in tutto il tinello delle nostre esistenze, ed eccolo qui, è arrivato il momento: come nella migliore tradizione di tutta la produzione letteraria universale, quando il “vecchio” sta per crepare, chiede scusa. Non importa che si sia macchiato delle peggiori nefandezze: alla fine, si pente.

In questo caso “il vecchio” siamo noi. È il momento delle scuse.

Dice la scienza che chi non si adatta muore, esattamente come accadde alle prime giraffe dal collo corto, tanto sfigate evolutivamente da non riuscire ad arrivare fino in alto per mangiare, fino a che non sono giunte a estinguersi, lasciando il posto alle giraffe di oggi: animali molto matti. L’avvertimento era chiaro, sta scritto un po’ dappertutto: la natura va avanti, hai dentro di te le capacità per sopravvivere?

Certo che no!

Va bene, non cominciamo con questo pessimismo che ci viene la gobba del poeta. In fondo si tratta di piccoli passi, ad esempio il fai da te, che va molto di moda con le sue colle viniliche, le sue forbici dalle punte arrotondate e altri oggetti invenzione del demonio. Ma quando si dice “fai dai te”, vuol dire che lo devi proprio fare te, non lo può fare un altro. Lo devi fare tu con le mani tue, è il turno tuo. Facci vedere che sai fare!

Pubblicità

Io però non sono pronta. Non so fare niente.

L’ultima volta che mi sono fatta venire l’idea di fare qualcosa da sola, ho fabbricato per la festa del papà forse il più brutto oggetto del Novecento: un portapenne con le mollette per i panni a cui, non contenta, ha fatto seguito, l’anno successivo, una versione ripugnante di una sorta di amico immaginario, fatta con una patata americana che avrebbe dovuto gemmare e invece è andata in putrefazione tre giorni dopo, e l’ anno seguente, un fermacarte con un sasso preso in uno scolo di fogna.

Va bene, ma noi che non siamo adeguati a produrre oggetti con le nostre proprie mani, cosa dobbiamo fare, dobbiamo trapassare solo per questo motivo? No!

Ci viene incontro il mainstream con le sue emanazioni bizzarrone: possiamo mettere in ordine, buttare ciò che è inutile e ripulire. Ce lo dice Marie Kondo, la fata merendina del riordino che arriva e ti insegna dei fatti base. Non devi riporre i cacicavalli nell'armadio e se per favore le magliette le pieghi, che se no sembra che le ha tenute in bocca il cane. E ride. Per carità. Chi dice niente. Poi ti fa capire che se vuoi evitare di vivere sotto a una pila di barattoli di plastica o dentro a una vasca di cavi dell'antenna del televisore, qualcosa devi buttare, ma per capire quali oggetti tenere, devi sentire se ti danno gioia.

E già evocare questi sentimenti a noi ci spaura, perché: chi li ha provati mai? E mentre ti confronti con quanto di inutile puntelli la tua esistenza e chiami i carabinieri per autodenunciarti che vuoi dare fuoco a tutto—così vedi come pare più ordinato—lei per non sbagliare ride, sorride, assiste allo sfacelo del tuo immondezzaio interiore che per la legge delle corrispondenze tra cose orribili, se ce l’hai fuori, vuol dire che corrisponde al tuoi immondezzaio dentro.

Pubblicità

Ora invece della gioia provi l’orrore più nefasto. Sei proprio la giraffa dal collo corto, dovrai brucare dell’erba radioattiva con buona pace della stirpe di geni che avresti voluto generare, sempre se avessi trovato un simile con cui farlo.

Lei, adesso, mentre tu provi a farti detonare coi miniciccioli di capodanno ‘98 (che hai tenuto perché non si sa mai) ovviamente, lei, ride, sorride e d’altra parte quella è casa tua, mica sua. Lei a casa sua c’ha tutto in ordine. Tu stai pensando se i ciclisti di lycra fluo sono carini con sopra il poncho degli Intillimani. No! Li devi buttare! Li devi regalare! li devi riciclare!

Ed eccolo qui il guado dell’esistenza tutta che ti si para innanzi, come anni fa a Mosè in località Sharm El Sheikh: è una cosa da adulti la rinuncia, il “metti a posto”, il “cedi il passo”, il “muori un po’.”

Era una tranquilla giornata di riflessioni sull’apocalisse e invece eccola: la vecchiaia.

Be', puoi sempre sperare di migliorare!

Marie Kondo, da casa sua, ride.

Cuoro è "un blog importante anche se non sai leggere", nonché una creatura di Gioia Salvatori, attrice. Seguili su Facebook e Instagram.

Guarda anche: