Relazioni con uomini sposati: perché non mi pento
Illustrazioni di Owi Liunic.
Cultura

La mia lunga ed estenuante storia di relazioni con uomini sposati

In una relazione con un uomo sposato, "l'altra donna" è spesso vista come il nemico, come se il desiderio altrui fosse una sua responsabilità.
Giacomo Stefanini
traduzione di Giacomo Stefanini
Milan, IT

In terza superiore la mia insegnante di lettere mi prestò uno dei suoi romanzi preferiti, Fortune’s Rocks. Fu il primo libro che mi fece eccitare sessualmente. Fortune’s Rocks è un romanzo rosa del 1999 che racconta una relazione clandestina tra una ragazza di 15 anni e il suo professore 40enne sposato.

Lo leggevo in segreto: sotto le coperte di notte, in bagno, sull’ultimo sedile dell’autobus. Mi faceva provare un brivido che poi avrei riconosciuto come desiderio sessuale—allora non avevo mai provato nulla di simile. Non erano soltanto le scene di sesso a eccitarmi, era tutto lo scenario: la brama, il desiderio inespresso, la consapevolezza di volere così tanto qualcosa di “sbagliato”.

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Non so perché questa dinamica “tabù” fece scattare qualcosa dentro di me, né perché influenzò così tante delle mie esperienze sessuali all’inizio dell’età adulta. Poco dopo aver compiuto 18 anni conobbi il mio primo ragazzo, che in quel momento stava con un’altra persona. Si erano innamorati all’estero e lei viveva ancora lì. Quando lo vidi per la prima volta, sentii le ginocchia cedere. Non avevo mai provato niente del genere. La storia durò oltre un anno.

Di tanto in tanto vedevo i messaggi d’amore da parte di lei che comparivano sul suo telefono, quindi sapevo che stavano ancora insieme, ma non ebbi mai il coraggio di parlarne con lui. Avevo paura che si sarebbe sentito in colpa e, dovendo scegliere, non avrebbe scelto me. Fu il mio primo amore, il mio primo orgasmo, la prima persona che presi per mano in pubblico. Mi addolorava sapere che amava anche un’altra persona, ma non metteva in ombra il nostro amore. Quando ci lasciammo, loro rimasero insieme, e lo sono ancora oggi.

Un anno dopo, ebbi la mia prima relazione con un uomo sposato. Avevo 19 anni e lui mi aveva aiutata a superare un periodo difficile offrendomi un lavoro e un sacco di vino. Ero attratta da lui anche prima di accettare il lavoro, quindi quando iniziò a provarci non ci pensai due volte. I colleghi se ne accorsero e mi misero in guardia: era sposato, volevo fare finta di niente? Non sapevo molto del rapporto tra lui e sua moglie, ma li avevo sentiti urlarsi dietro nel parcheggio varie volte e sapevo che vivevano già separati.

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Un giorno si presentò al lavoro con lividi e segni di morsi su tutto il corpo. Si vedeva che aveva pianto. Lo abbracciai e lui scoppiò a piangere di nuovo, poi mi baciò. Fu una reazione emotiva e impulsiva, ma mi smosse qualcosa dentro. Fu l’inizio di una relazione saltuaria durata quasi un anno.

Durante questa relazione, mi chiesi spesso se fossi una brutta persona per il fatto di andare a letto con lui senza provare senso di colpa. Di tanto in tanto sua moglie lo accompagnava al lavoro, o vedevo una sua foto sui social—ma non sentii mai il morso del disprezzo per me stessa che credevo di dover sentire.

Il motivo principale era che non pensavo che le scelte di lui fossero mia responsabilità. C’era sicuramente una parte di me che non approvava la sua disonestà—non credo che mentire sia un modo produttivo per affrontare qualsiasi problema. Ciò detto, credevo gli stessi dando qualcosa di cui aveva bisogno, e non c’era nulla di cui rimproverarsi per questo.

Naturalmente, era soltanto questione di tempo prima che lei se ne accorgesse: un giorno entrò nel suo appartamento e ci trovò nudi e abbracciati sul divano. Lui restò paralizzato, con me tra le braccia, mentre lei ci fissava e un’aria pesante scendeva sulla stanza, come se entrambi avessero improvvisamente capito che tra loro era finita. Finalmente, dopo quelli che mi sembrarono vari minuti, lei se ne andò senza dire una parola.

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Mi aspettavo che lei mi contattasse, dopo. Non so cosa credevo che mi avrebbe detto. Forse che aveva bisogno di sfogare il suo dolore su qualcuno, o magari che voleva parlare e trovare un senso a questa cosa. Ma non la vidi più.

Lui mi disse che mi amava, ma non gli credetti, e penso sia stato un bene. Mi sentivo attratta e impietosita da lui in egual misura, ma mi eccitava il bisogno che aveva di me. Mi insegnò che il sesso poteva avere anche una funzione terapeutica. Fu la prima volta che provai una sensazione di potere in quell’ambito.

Tra noi finì perché sua moglie scoprì di essere incinta. Andammo ognuno per la sua strada e loro divorziarono di comune accordo un anno dopo.

Da allora sono stata “l’altra donna” più di una volta. Non sono state tutte relazioni serie e non sono state tutte con uomini sposati. Alcuni di loro erano fidanzati da tanto tempo, alcuni erano in “pausa”, altri stavano chiudendo un rapporto. Non sono stati tutti sinceri con me sull’argomento, che non mi sorprende—ma spesso sono io a non fare domande finché non mi rendo conto di provare davvero qualcosa.

Non considero le mie esperienze qualcosa di cui fare vanto, ma allo stesso tempo non penso nemmeno di dovermi vergognare come molti vorrebbero. Sono relazioni che hanno la loro validità; hanno ragioni, scopi e sentimenti come le altre.

Relazioni con uomini sposati: perché non mi pento

Tovaglioli. Illustrazioni di Owi Liunic

Penso che l’infedeltà sia una cosa di cui bisogna parlare. Storicamente, l’altra donna non riceve supporto nelle sue scelte—né dalla famiglia, né dagli amici e spesso nemmeno dal suo amante—quindi è normale che non si trovi molto materiale a sostegno di questo ruolo. Le donne spesso raccontano queste storie in termini di rimpianto perché non hanno “colto i segnali”, dicendo che non si sono “mai veramente fidate di lui” e che “è raro che funzioni”.

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Come dice la psicoterapeuta belga Esther Perel nel libro Così fan tutti: ripensare l’infedeltà, l’altra donna è spesso messa da parte—se non del tutto ignorata—dai terapeuti, dai consulenti e dai critici. Intanto, il mondo intero la insulta e la etichetta come figura egoista e calcolatrice, invece che come una persona con le sue complessità, i suoi desideri e le sue emozioni. La rendiamo un’antagonista, come se fosse lei l’unica ragione della fine di una relazione, come se l’avesse fatto apposta, come se il desiderio dell’altro fosse responsabilità sua.

Per come l’ho vissuta io, più che una questione di disonestà, l’infedeltà è una questione di scoperta di sé. Tutti dovremmo prenderci le responsabilità delle nostre relazioni e scelte; io non ho mai sentito il dovere di invalidare i desideri di una persona sulla base del suo stato civile. Le persone deviano dalle relazioni serie per una miriade di motivi, non tutti giustificabili, ma spesso su spinta di un certo istinto che sentono di dover seguire.

Prendiamo l’uomo che stava a New York. Aveva già un matrimonio programmato con una donna più grande della cui esistenza io sono venuta al corrente solo mesi dopo, via Instagram. Era tornato in Australia a trovare la sua famiglia per Natale e, per qualche motivo, non si era portato la fidanzata. Gli servii da bere al bar in cui lavoravo una domenica in cui avevo dei postumi terrificanti, e lo incontrai nuovamente per strada una settimana dopo. Ci riconoscemmo a vicenda, ci ripresentammo e andammo a bere qualcosa. Poche ore dopo stavamo facendo il bagno nudi nella sua piscina insieme a diverse bottiglie di champagne.

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Per me fu un’avventura estiva; per lui, un tradimento. Mi disse più volte che aveva paura di diventare vecchio, di trasformarsi nei suoi genitori, di essere la persona che tutti si aspettavano che fosse. Si sentiva intrappolato dal lavoro, dalla sua identità e dalle sue prospettive. Io, che avevo 20 anni in meno di lui, non è che avessi chissà quanti consigli da dargli, ma devo aver rappresentato un momento di sollievo, una distrazione. Una persona con cui lui poté fingersi un altro.

Non fu una relazione emotivamente significativa per me, ma fui triste quando lui tornò a New York e confusa quando mi bloccò sui social. Più avanti scoprii perché. Non gli ho mai più parlato, ma ho saputo da un amico in comune che annullò il matrimonio poco dopo il suo ritorno.

In questo momento sono innamorata di una persona che ha una sola relazione, la nostra. È la prima volta ed è fantastico. Più mi sono trovata al centro dell’infedeltà, meno mi è piaciuto. Le bugie degli altri hanno iniziato a pesare su di me in modo estenuante, non più sensuale. Ero pronta a iniziare una relazione con una persona che fosse in grado di amarmi liberamente e senza problemi.

Non sono sicura che questo significhi che essere l’altra donna abbia perso il suo fascino, per me. Penso che le storie proibite continueranno a eccitarmi nei romanzi e nei film, oltre che nella mia immaginazione—e magari ogni tanto anche in un video porno.

Il fatto di aver ripensato a tutte queste cose negli ultimi tempi mi ha spinta a comprare una copia di Fortune’s Rocks. Non si trova più in libreria, così mi sono dovuta accontentare di una copia di seconda mano in vendita su eBay. Dopo tanti anni, mi chiedo se le mie esperienze come altra donna abbiano levato un po’ di smalto alla storia raccontata nel libro, rendendola meno eccitante e meno sensuale.

Ma forse non sarà così. Anche oggi, un brivido familiare attraversa il mio corpo mentre apro il pacchetto che è appena arrivato.

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