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relazioni

E se questo post riuscisse a capovolgere le tue idee sul tradimento?

No, non è affatto la cosa peggiore che può succedere alla tua relazione.
Illustrazione via Flickr.

Ci sono alcune cose che potrei fare per ore. La prima è guardare QVC, la seconda è leggere tutte le recensioni Amazon di articoli che non comprerò mai, e la terza è andare sui siti di aforismi e avere la conferma che gli aforismi—anche quelli di Ennio Flaiano—mantengono il loro spessore per circa cinque secondi dopo essere stati prodotti. Qualche giorno fa, visto che da un po’ mi frulla in testa l’idea di scrivere un pezzo sul tradimento, sono andata a leggermi un po’ di saggezza popolare su Aforisticamente. Incredibilmente non mi è stato di nessun aiuto, così come non mi sono d’aiuto le recensioni di Amazon o le televendite QVC. L’unica cosa che ho appreso è che Mina ripete e ripete e ripete ancora: chi ama non tradisce mai.

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Ecco, già qui non sono d’accordo con Mina. Intanto, è necessario distinguere tra varie forme di tradimento: c’è chi tradisce serialmente ed egoisticamente solo perché gli è concesso farlo, chi ci si ritrova per caso e capisce di non essere più innamorato dell’altro, chi si innamora dell’amante, chi lo fa per colmare qualche insoddisfazione nella relazione principale. La situazione che vorrei analizzare io, infine, è quella apparentemente contraddittoria, quella in cui la relazione principale va bene, funziona.

Premetto che questo non è un articolo che incita al tradimento e io non vado in giro con delle maglie con su scritto W L’ADULTERIO. Onestamente credo non esistano regole quando si parla di relazioni—quello che mi chiedo è se esiste un altro modo di vedere un certo tipo di tradimento, di capirlo. Ultimamente ho letto The Year of Magical Thinking di Joan Didion, dove l’autrice elabora il lutto della morte del marito con cui era stata per quarant’anni. Accanto a questo tema principale, dalle pagine traspare l’enorme quantità di vita e familiarità che queste due persone hanno condiviso e mi sono commossa parecchio. Ecco, leggevo questo libro e pensavo: “Chissà quante delle persone che conosco ora riusciranno a stare con la stessa persona per quarant’anni." Probabilmente nessuna. È un’idea d’altri tempi. E probabilmente lo è anche perché oggi carichiamo gli altri di una serie di aspettative che puntualmente non verranno esaudite, mentre imponiamo a noi stessi delle istanze morali severissime.

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"Ci aspettiamo da una sola persona," scrive Esther Perel, una terapeuta di coppia autrice del saggio L’intelligenza erotica, "quella protezione e quei legami emotivi che un tempo erano garantiti da una molteplicità di reti sociali." Non solo. A questa stessa persona chiediamo di essere l’amore della nostra vita—formula poco sensata, visto che l’amore della propria vita viene effettivamente misurato rispetto alla qualità e alla durata del tempo trascorso insieme—ma anche il migliore amico e l’amante più bravo del mondo. Personalmente credo di fallire in tutti questi ruoli. Anzi, forse li rivesto a giorni alterni, nei mesi dispari e tutti i terzi mercoledì del mese.

Non è sempre stato così, ovviamente. Per alcuni secoli il matrimonio non si è basato così tanto sull’amore. La sua era una funzione pratica, sociale ed economica. E nel momento in cui il matrimonio ha come funzione fondamentale quella di fornirci sicurezza e reti sociali, l’amore non ha molta libertà di espressione, figuriamoci il desiderio sessuale. In questo panorama, dunque, il tradimento non ha una connotazione così negativa a priori. Se non esiste divorzio e non esiste scelta, il tradimento diventa—almeno a livello logico—un’azione sensata.

Ora è tutto diverso però. Siamo liberi di decidere con chi stare, di cambiare partner quando ci capita, e c’è una spinta costante alla soddisfazione individuale a scapito di quella della comunità.
Ecco, il problema è che in questo scenario il tradimento diventa la cosa peggiore del mondo. Se non c’è più la giustificazione dei vincoli sociali, nel momento in cui siamo soddisfatti e abbiamo scelto la persona con cui stare, che senso ha tradirla?

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Questo dubbio ci pone davanti a una dissonanza cognitiva, perché il sottotesto implicito del tradimento è che ci debba essere qualcosa che non va nella relazione principale. Secondo Perel questa teoria, che lei chiama teoria del sintomo, è molto problematica. Innanzitutto rafforza l’idea secondo cui il matrimonio, come dicevamo prima, debba essere perfetto in ogni sua forma al punto da cancellare il desiderio sessuale verso altre persone. Rassegniamoci, è impossibile.

A questo aggiungo l’osservazione di un fenomeno piuttosto bizzarro che riguarda la nozione di sessualità: da una parte abbiamo deciso che è uno strumento fondamentale per conoscere noi stessi e gli altri, per sentirci liberi e autonomi; dall’altra l’abbiamo legata saldamente all’amore romantico. Basta pensare al precetto principe del primo appuntamento: non bisogna andare a letto subito perché se no si è troppo facili e quindi non degni di amore e attenzione. Oppure quando sentiamo amiche o amici che decidono di non andare a letto con qualcuno perché quel qualcuno è particolarmente libertino. Insomma, in un chiaro tentativo di autosabotaggio abbiamo deciso che abbiamo il diritto di esprimere la nostra sessualità come vogliamo, ma sulla carta il più delle volte finiamo per usarla come strumento di intermediazione con l’amore. Questa concezione è contornata dal corollario secondo cui ogni tradimento debba sottendere una trama sentimentale molto intensa. Ma è davvero così?

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Ipotizzo che superata una certa età la maggior parte delle persone abbia sperimentato una buone dose di liaison, flirt, relazioni e notti e via e che quindi possa empatizzare con quanto sto per scrivere. Se ritorno con la testa ai periodi della mia vita in cui sono stata più attiva sessualmente vengo assalita dalla nostalgia. Non si tratta di nostalgia per le liasion, è qualcos’altro a mancarmi. Ricordo che avevo preso la patente da poco e decidevo da un giorno all’altro di prendere la macchina e raggiungere amanti in città a qualche centinaio di chilometri dalla mia solo per il gusto di farlo. E la cosa bizzarra è che quasi tutte le persone con cui sono stata, e che ricordo con affetto, svaniscono di fronte al sentimento generalizzato di indipendenza ed esplorazione che provavo nell’imbarcarmi in situazioni assurde il cui fine ultimo non era l’orgasmo, ma il sentirsi vivi, autonomi e alla scoperta del mondo. Insomma, al centro della scena c'ero sempre e solo io.


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Perel in un articolo molto bello su The Atlantic trova le parole perfette per descrivere ciò che ho appena scritto legandolo al tradimento: "Una delle verità più spinose sulle relazioni extraconiugali è che ciò che per per il Partner A può essere un tradimento straziante, per il Partner B può essere trasformativo. Le avventure extraconiugali sono dolorose e destabilizzanti, ma possono anche essere liberatorie e stimolanti." Ancora Perel, parlando di chi tradisce malgrado sia in una relazione felice, scrive: "Per alcuni l’infedeltà non è tanto il sintomo di un problema, quanto un’esperienza evolutiva che implica crescita personale, esplorazione e trasformazione."

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Mi verrebbe quasi da dire che in questi casi il tradimento non è tradimento verso l’altro, ma fedeltà verso se stessi e verso i propri bisogni di sviluppo che si esprimono anche attraverso la sessualità.

Una volta avanzata l’ipotesi secondo cui il tradimento può essere un’esperienza profondamente evolutiva per chi tradisce, resta però il punto di vista del tradito, che è un’altra faccenda spinosa. Qualunque tradimento comporta dolore, e immagino che se scoprissi di essere stata tradita verrei travolta da una bufera di emozioni per lo più negative. Quando si è tristi e arrabbiati empatizzare con gli altri, soprattutto se ci hanno feriti, è quasi impossibile. Inoltre in un’epoca in cui siamo spinti a scegliere sempre il meglio per noi non si capisce perché bisognerebbe restare con chi ci ha traditi. In effetti, se ci pensate, chi decide di restare quando viene tradito rientra subito a far parte della categoria “zerbino”—un concetto che mi sento di relegare al mondo di chi ha la vita interiore di uno spazzolino per unghie.

A prescindere dal fatto che credo che nelle relazioni sia meglio non partire armati di una lista di cose accettabili e non, il paradosso che mi fa sorridere è quello per cui sento le persone dire cose come: "Per me il tradimento è la cosa peggiore che possa succedere." È un paradosso, perché immagino che quello che intendano con queste parole sia che non vogliono che l’altra persona smetta di amarle—legando di nuovo con un nodo scorsoio sesso e amore.

Io e la persona con cui sto attualmente spesso ci diciamo: "Massì, stiamo insieme altre tre settimane." Il topos delle tre settimane nasce da un inizio turbolento risalente a più di due anni fa, quando ci sembrava impossibile riuscire a stare insieme a causa di distanze geografiche e anagrafiche.

Ripensare il tradimento, o meglio, un certo tipo di tradimento, come un qualcosa che potrebbe non appartenerci del tutto, è sano. O quanto meno potrebbe aiutare ad ammorbidirsi e a riconcettualizzare la frase: "Per me il tradimento è la cosa peggiore che possa succedere." Perché effettivamente la cosa peggiore che può succedere non è che la persona con cui aspiriamo a trascorrere i prossimi quarant’anni abbia un flirt, ma che smetta di amarci e di stare con noi per altre tre settimane.

Quindi non date retta a Mina, date retta a me.

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