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Una guida minuto per minuto per sopravvivere un giorno in carcere

Potresti tranquillamente essere accoltellato e le guardie se ne accorgerebbero dopo ore, trovando il tuo cadavere esangue e spappolato sul marciapiede.
illustrazioni di Jeff Östberg
GF
traduzione di Giulia Fornetti

Questo articolo è stato pubblicato da VICE US in collaborazione con il Marshall Project.

Tutti mi chiedono sempre le stesse cose: come passi le giornate in prigione? Ti annoi? Hai cose da fare? L'altro giorno ho portato con me un blocchetto e ho annotato ogni singola cosa che ho fatto per tutta la giornata.

Ho pensato di condividere con voi questo racconto per dimostrarvi che noi carcerati non siamo sfaticati come credete, ma anzi abbiamo delle giornate molto piene.

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All'1:30 di notte vengo svegliato improvvisamente da un ufficiale che mi punta addosso una torcia. Mi dà dieci minuti per mettermi qualcosa addosso e mi porta nella cella di isolamento, dove mi spoglio di nuovo per una perquisizione accurata prima di iniziare una nuova seduta di supporto a un suicida per le prossime tre ore. Questo è il mio lavoro in prigione: passo del tempo con i detenuti considerati a rischio di suicidio e parlo con loro, mi assicuro che non facciano cazzate.

Il ragazzino di 18 anni che mi affidano oggi è di colore, ha una voce molto dolce ed è gravemente depresso. (Io ho 43 anni e sono bianco.) Inizia a parlarmi abbastanza in fretta di tutti gli orrori che ha vissuto durante l'infanzia. Ha avuto una vita molto difficile, il che è piuttosto comune tra i detenuti ma rimane comunque scioccante. Rischio di piangere più volte. Non c'è altro che io possa fare se non ascoltarlo, come se questo ragazzino fosse mio figlio.

Finito il turno mi perquisiscono nuovamente e mi riportano nella mia cella. A questo punto faccio una doccia, un po' di stretching, medito e prego prima di rimettermi sotto le coperte (di lana, pungenti) alle 6 del mattino.

Mi sveglio alle dieci per le grida e il baccano. Mi prendo qualche minuto per concentrarmi su me stesso, scendo dal letto a castello e vengo accolto dal cane da assistenza che sto addestrando, Ross. Mentre mi vesto, Ross mi scodinzola attorno e mi sfiora con il suo naso freddo e bagnato, strappandomi sempre un sorriso.

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Subito dopo, mi lascio alle spalle the Rock (come chiamiamo la zona delle celle) per raggiungere il bagno che condivido con altri 48 detenuti. Qui mi lavo i denti tra quattro ragazzini che rappano, do da bere a Ross, prendo il borsello con i biscotti e le ricompense e con altri compagni iniziamo una sessione di addestramento da 40 minuti in cui insegniamo al cane a rispondere ai comandi.

A questo punto prendo il tablet, una tazza di caffè in polvere e vado da JPay.com, l'internet corner del penitenziario—dove i computer sono incassati in strutture di acciaio praticamente indistruttibili. Sono la mia unica mia finestra sul mondo.

Qui, pago una zuppa di noodle a un ragazzo per farmi tenere il posto in fila, collego il mio tablet e scarico le mail.

Fatto questo corro verso la cucina, dove mi aspetta un'altra fila per utilizzare uno dei due forni a microonde messi al servizio di 96 carcerati. Per fortuna riesco a scaldare il caffè appena prima dell'avviso dell'altoparlante, "Tra cinque minuti c'è il conteggio, gente." Quella voce piatta e assente ripete queste parole più volte al giorno, ogni giorno e ormai da anni.

"Mettetevi sui letti e fatevi vedere! Ripeto, mettetevi sui letti e fatevi vedere per il conteggio delle 11:30 oppure riceverete una segnalazione!"

Durante il conteggio, scrivo qualche mail (che invierò solo più tardi) e ascolto le notizie in radio mentre sto disteso sul letto. Poi mi metto la mia tenuta sportiva (un paio di pantaloni logori e pieni di pezze), indosso la giacca "invernale" fornita dallo stato e mi metto davanti alla porta della mia cella mentre aspetto che venga aperta.

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Il conteggio in carcere è una scienza inesatta, dal punto di vista del detenuto. Inizia sempre alla stessa ora: alle 5:00, alle 11:30, alle 16:00, alle 21:00 e a mezzanotte, ma quando finisce non è dato saperlo.

Oggi, però, sono fortunato. Il conteggio finisce alle 12:10, il che significa che alle 12:20 sono già in cortile.

Questo è il mio momento preferito per uscire perché il cortile è quasi vuoto, tutti sono a pranzo. Corro per qualche chilometro, poi faccio un po' di flessioni, sprint, poi pesi e un po' di stretching.

Quando la prigione apre i cancelli alle 13:40 per lo spostamento collettivo nel cortile io sgattaiolo dentro, risalendo il fiume di persone controcorrente. Sono tantissimi. In questi momenti, serve la massima attenzione. In una folla simile potresti essere accoltellato senza che ne nessuno se ne accorga. Una volta passati tutti, le guardie troverebbero il tuo cadavere esangue e spappolato sul marciapiede. Io mi muovo rapidamente, scanso quasi tutti e mi fermo a salutare quando qualcuno mi chiama per nome.

Una volta al sicuro nella mia cella, segno il mio posto in fila per la doccia (ce n'è soltanto una) lasciando asciugamano e saponetta fuori dalla cabina. Poi mi preparo una ciotola di porridge istantaneo servendomi del dispenser di acqua calda a disposizione, ci metto dentro anche un cucchiaio di burro di arachidi, un po' di anacardi, mandorle e semi di girasole, un po' di latte (in polvere) e aggiungo un paio di banane dal mio armadietto (comprate dal mercato nero). Mi godo il pranzo mentre aspetto il mio turno per la doccia.

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La doccia è l'unico posto in cui posso stare da solo, almeno per quei dieci minuti.

Intanto si sono fatte le 15:00, mi faccio un'altra tazza di caffè, torno in cella e mi metto alla scrivania che condivido con il mio compagno di cella. Studio un po' di grammatica spagnola, e poi mi esercito a scrivere nella mia madrelingua. Ogni tanto scrivo narrativa, a volte poesie, a volte invece stralci creativi.

Oggi mi va di scrivere una storia.

Così dalle 15:00 alle 18:00 mi abbandono alla scrittura. Mi lascio trasportare dalla fantasia e mi appassiono alle avventure dei miei protagonisti e con loro vivo l'amore, la separazione, le lotte contro i cattivi e i tentativi di rendere il mondo un posto migliore. (Anche se alle 16:30 sono obbligato a saltare in piedi e rimettermi a letto per il conteggio.)

Verso le 18:10 esco con il branco di detenuti in divise blu e arancioni verso la sala mensa. Qui formiamo una o due file lungo i tavoloni mentre le guardie ci ricordano: "Maglie nei pantaloni, o sarete multati."

Dopo la lunga attesa, raggiungiamo il bancone dove Trinity (l'azienda selezionata per offrire questo splendido servizio) ci rifila un vassoio con un ammasso di roba grigiastra che chiamano "Tacchino à la King", duro come un sacco, con fagioli cannellini stracotti in una brodaglia senza sapore.

Ingurgito quel che posso, poi me la svigno. Anche la mensa è un posto pericoloso dove trattenersi.

Dopo cena tengo una lezione di scrittura che dura circa un'ora. Oggi però andiamo per le lunghe, perché ci divertiamo davvero tanto con la differenza tra i verbi attivi e passivi.

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Verso le 20 chiamo mia madre. Mi costa tre dollari (circa il doppio della mia paga giornaliera) per quindici minuti di telefonata, mi posso permettere di sentirla solo una o due volte alla settimana.

Rapida ed efficientissima dopo tanti anni di pratica, mia madre riesce ad aggiornarmi su ogni aspetto della sua vita (le fa male un piede perché sta tutto il giorno in piedi, e a breve farà rifare il tetto di casa) e trova anche il tempo per parlarmi del matrimonio di mio fratello David (che sarà meraviglioso).

A un certo punto, come sempre, interviene una voce metallica: "Hai solo un minuto a disposizione. Grazie per aver scelto GTL."

Spesso mia madre scoppia a piangere, a volte capita anche a me. Poi la nostra telefonata si conclude, fino alla prossima settimana.

Alle 20:30 porto fuori Ross dal retro della nostra cella per l'ultima cacca della giornata. Poi corro verso la zona microonde, mi scaldo una zuppa di ramen e faccio qualche popcorn.

Sono già le 21, l'ora del conteggio. Questo è il momento di relax della giornata, per le due ore successive sto seduto sul letto a guardare la TV o leggere un libro mentre consumo la mia cena.

La giornata è finita, spengo la TV e la luce, faccio ancora un po' di stretching, di meditazione, prego e alla fine mi rimetto sotto la coperta che pizzica. Mi addormento.

Un altro giorno è andato. Ora ne mancano almeno 3650…

Jerry Metcalf, 43 anni, è detenuto nel carcere di Lapeer, nel Michigan, dove sta scontando una pena lunga per omicidio di secondo grado e due anni per possesso illegale di armi, a seguito della condanna avvenuta nel 1996.