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Tecnologia

Chi se ne frega dei musei scientifici

Qualche giorno fa, venti scienziati museali italiani hanno inviato una lettera aperta alla rivista Nature per denunciare la condizione dei musei scientifici del nostro Paese.
Ingresso del Planetario di Roma. Immagine: via

Agli italiani frega qualcosa della scienza? Al netto delle varie "settimane", "giornate" e simposi del weekend, quanto valore si dà alla cultura scientifica, in Italia? Pare poco o niente. A lanciare l'allarme sono venti scienziati museali italiani: qualche giorno fa hanno inviato una lettera aperta alla rivista Nature, in cui si denuncia la condizione dei musei scientifici. Vincenzo Vomero, uno dei firmatari e responsabile delle pubblicazioni dell'Associazione Nazionale Musei Scientifici, mi spiega che "se la lettera appare su una testata straniera, forse finalmente la stampa italiana si accorgerà dello stato penoso dei musei scientifici del Paese."

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In luoghi come Londra, New York o Berlino, i musei scientifici sono fra i fiori all'occhiello del complesso culturale nazionale. Lo Science Museum di Londra, ad esempio, ha un posto d'onore nella Exhibition Road (per eccellenza la "strada museale" della città), attrae 2,7 milioni di persone all'anno e viene visitato persino dalla Regina Elisabetta. E, soprattutto, è un luogo "politico", dove si discute quotidianamente di temi di rilevanza nazionale: dalla stampa 3D all'eredità del matematico Alan Turing.

In Italia, secondo Vomero, i musei scientifici sono invece trattati come musei di serie B, spesso dimenticati o ignorati totalmente. "Le autorità politiche, che siano statali, comunali o regionali, sono entusiaste quando si tratta di organizzare mostre 'divertenti', di facciata," spiega ancora Vomero. "Ma è successo che un direttore di un museo di scienze naturali abbia chiesto al suo sindaco 20mila euro per comprare sostanze chimiche necessarie alla conservazione di reperti animali e si sia sentito rispondere che non era possibile. Così il museo stesso rischia di andare perduto."

Non è solo questione di soldi, La sensazione è che nei confronti dei musei scientifici l'atteggiamento prevalente sia la disattenzione

Al tempo dell'austerity, con musei di ogni genere a corto di fondi e investimenti nella scienza al lumicino, è quasi scontato che i musei scientifici soffrano. Prima vittima è la serietà e la professionalità del museo. "Ora come ora non ci sono soldi per nuove assunzioni, così se uno scienziato che cura un museo va in pensione, viene sostituito con un dirigente amministrativo che oggi magari lavora alle poste o comunque in posizioni che hanno poco a che fare con la scienza," dice Vomero.

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Ma non è solo questione di soldi. La sensazione è che, in generale, nei confronti dei musei scientifici l'atteggiamento prevalente sia la disattenzione, quando non il disinteresse. Un caso emblematico è quello del Planetario di Roma, chiuso da quasi un anno senza una vera ragione. Ospitato nel complesso del Museo della Civiltà Romana all'EUR, il Planetario era un'eccellenza della divulgazione astronomica, tanto che nel 2006 gli era stato dedicato un asteroide dall'Unione Astronomica Internazionale per riconoscerne il valore. La struttura accoglieva annualmente fra i 70 e i 100mila visitatori per un incasso totale di circa 700mila euro. La sua sorte è stata decisa a Gennaio, quando il complesso che lo racchiudeva è stato dichiarato non a norma e chiuso per lavori—che dovevano durare un anno, ma probabilmente si trascineranno per almeno il doppio.

La questione paradossale è che il Planetario era l'unica parte dell'edificio a essere a norma. Sarebbe stato possibile, come hanno suggerito alcuni, lasciare aperto il Planetario mentre il resto della struttura veniva ammodernato. Ma si è preferito sbarrare tutto, con la conseguente perdita di un gruzzolo annuale di tutto rispetto. Ho provato a chiedere lumi a riguardo alle istituzioni contattando il sovrintendente Claudio Parisi Presicce, l'assessore romano alla Cultura Giovanna Marinelli e perfino il Ministro dei Beni Culturale Dario Franceschini, ma sono stato ignorato o rimbalzato ad altre personalità.

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"Sarebbe bastato l'interessamento di un politico per sbloccare la cosa, ma quest'interessamento non c'è stato," è il commento di Vomero, che è stato direttore del Planetario in passato." A Roma, dove tutto è archeologia, il Planetario è considerato 'ai margini dell'impero'." Possibile. Ma storie del genere si incontrano anche fuori dal Grande Raccordo Anulare. Il Museo di Storia Naturale di Torino è anch'esso chiuso da più di un anno per l'esplosione di una bombola antincendio che ha causato alcuni danni a una sala. I rilievi per determinare l'entità del danno sono terminati quasi un anno dopo l'incidente. Di tempi certi per la riapertura, ovviamente, non se ne parla.

MUSE di Trento. Immagine: via

Meno grave, ma sempre caotica, è la situazione del Museo di Storia Naturale di Verona: il museo doveva essere trasferito in una nuova sede, l'ex fortezza militare di Castel san Pietro, ma si è scoperto, a metà trasferimento, che la nuova sede è troppo piccola. Si sta cercando di individuare un'altra collocazione, ma non si è ancora deciso nulla. Certo, ci sono delle mosche bianche come lo strabiliante MUSE di Trento: forte anche dei cospicui fondi della provincia autonoma e, forse, di una concezione un po' più nordica della scienza. Ma per ogni MUSE che funziona, assicura Vomero, ci sono decine di piccole iniziative scientifiche locali che vanno allo scatafascio o chiudono.

È facile dare la colpa a un ceto politico composto in gran parte da persone di formazione umanistica, che non hanno familiarità con il mondo scientifico, o più in generale a una classe dirigente che—almeno fino alla rivoluzione di Matteo "Google Glass" Renzi—ha in testa un'idea di Italia da cartolina, dove c'è posto solo per le colonne romane e gli stucchi veneziani a scapito di scienza e tecnologia. Ma è anche comprensibile pensare che se nessuno si sia preso a cuore la condizione poco entusiasmante dei musei scientifici è perché ciò non pare vantaggioso in termini di consenso.

"C'è una generale mancanza d'interesse per i musei scientifici, che non sono vissuti come un bene comune dalla maggior parte della gente," commenta Luca Mercalli, meteorologo e divulgatore scientifico, membro della squadra del programma televisivo Che Tempo che Fa. "La situazione, soprattutto nei musei scientifici o naturalistici locali, è disastrosa, ma non vedo gente strapparsi le vesti. È un problema storico dell'Italia." Viene da pensare cosa sarebbe accaduto se al posto di un planetario o di un museo di scienze naturali fossero stati chiusi, per sciatteria o disinteresse, non dico un sito archeologico, ma anche solo un cinema o un teatro. Le esperienze del Teatro Valle e dei cinema "Palazzo" e "America" a Roma insegnano che ci sarebbero state delle reazioni piuttosto visibili, anche da parte del mondo intellettuale.

Per questo torniamo alla domanda iniziale: quanto ci interessa della scienza? È davvero colpa della politica, del nepotismo e del solito Vaticano se all'estero viene detto che "ci comportiamo come se la scienza non esistesse nemmeno," o forse siamo un po' tutti responsabili?