Il muro di suono
I componenti dei Grateful Dead e Wall of Sound, durante il sound check al P.N.E. Coliseum in Vancouver, British Columbia, 17 maggio 1974. Foto: Richard Pechner.

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Tecnologia

Il muro di suono

La storia di come i Grateful Dead da fatti hanno rivoluzionato l'ingegneria del suono.

Avrebbe potuto essere solo un'altra riunione di gruppo per i Grateful Dead.

Tre quinti della line up originale si ritrovò a Novato in California, nello sala prove allestita in un coloratissimo magazzino della Pepto-Bismol sul retro di una pizzeria d'asporto. Bob Weir, Jerry Garcia e Phil Lesh, allora nei loro vent'anni, vennero raggiunti da un piccolo gruppo di smanettoni, audiofili e psiconauti che più avanti sarebbero finiti per contribuire alla popolarità della band. Non è chiaro chi abbia organizzato l'incontro, perché lo abbia fatto e cosa si aspettava dovesse uscirne fuori.

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Il gruppo discusse a ruota libera di questioni "tecniche, musicali ed esplorative", ha ricordato Rick Turner, liutaio e creatore di amplificatori, tra i presenti quel giorno, "senza limiti o costrizioni di sorta".

Un momento cruciale nella storia del suono che mise in moto un lavoro di anni culminato in quello che è probabilmente il più grande e innovativo impianto audio da concerto mai costruito. Il tutto, nato semplicemente da un'intuizione avuta per caso da sballati. Questo singolare lavoro di ingegneria che comprese, prima decine, poi centinaia di ampli, speaker, subwoofer e tweeter, sarebbe arrivato a pesare più di 70 tonnellate, superare l'altezza di tre piani di un palazzo e ad essere largo più di 30 metri, non avrebbe potuto chiamarsi che Wall of Sound.

Il Wall of Sound, o semplicemente Wall, animò solo una breve parte della lunghissima vicenda dei Dead, eppure rimane una pietra miliare nella storia dei sound system di ogni tipo: dagli impianti dei negozi di dischi a quelli giganteschi usati oggi in qualsiasi mega festival o negli stadi da 61.500 posti come il Soldier Field di Chicago, la location in cui quattro membri dei Dead, inclusi Weir e Lesh, hanno tenuto una serie di show per commemorare il cinquantesimo anniversario della band.

Tornando al magazzino rosa: i nostri erano sul punto di rivoluzionare il sound engineering, la teoria acustica e il modo di fruire la musica live nei decenni a venire, senza neanche saperlo. Qualcuno rollò una canna.

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"Sapete, la soluzione è che l'impianto stia alle spalle della band" propose Bear.

Nel 1969: era come se il sound della scena di Haight-Ashbury di San Francisco, la terra promessa del rock psichedelico in cui i Dead venivano venerati quasi come divinità, avesse raggiunto la Luna e oltre. In confronto a quanto prodotto sino ad allora, era musica più rumorosa e urgente che mai. Probabilmente le droghe facevano la loro parte, ma la vitalità senza precedenti del nuovo genere risuonava nelle coscienze di tutti coloro che credevano fosse giunto il grande momento della propria generazione.

C'era solo un problema. Persino la tecnologia di amplificazione più avanzata poteva sostenere le band solo fino ad un certo punto prima che il mix si impastasse. Detto francamente, Garcia o Jimi Hendrix nei momenti più rumorosi dei loro live, suonavano solo caotici e non in senso positivo. Oggi, quelli che sostengono che la la musica suonava meglio una volta devono ammettere che i live di allora risultavano confusi a causa delle limitazioni tecniche. Questo non per sminuire il coraggio duro e puro delle band di baby boomer quali i Dead degli esordi, ma la tecnologia semplicemente non era al passo con le loro ambizioni soniche.

Consuetudini quali l'utilizzo delle spie sul palco (speaker puntati verso i musicisti per permettergli di ascoltarsi) erano ancora agli inizi. Le tecnologie sonore adottate nei club al chiuso e negli eventi all'aperto si limitavano a impianti improvvisati messi in linea o davanti ai musicisti ed erano separati dalla backline. l risultato era che spesso le sfumature esecutive si perdevano tra volumi assordanti, echi eccessivi, distorsioni e feedback. Frequenze instabili si diffondevano attraverso l'audience e rimbalzavano confusamente tra le pareti e decadevano nello spazio.

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In queste condizioni era difficile per Weir, Garcia, Lesh, Ron "Pigpen" McKernan e Bill Kreutzmann, i fondatori dei Dead, ascoltare quello che suonavano loro e gli altri.

Questa "problematica sonora" che ha afflitto i musicisti elettrici all'apice della prostesta contro la Guerra in Vietnam è una scomoda verità che si evita di menzionare negli annali della storia musicale moderna, in favore di una narrazione puramente celebrativa. Il sound che ha deviato il corso della storia non era perfetto e la sua imperfezione era ampiamente dovuta a PA rudimentali. Da una prospettiva sonora esigente come quella attuale, la musica live nel 1969 suonava in maniera tollerabile nei momenti migliori e incasinata in quelli peggiori. Ma le cose stavano per cambiare.

Bear parla della possibilità di vedere i suoni.

Se il meeting ebbe un mentore, quello di sicuro, fu Augustus Owsley "Bear" Stanley III, chimico specializzato nella sintesi del l'LSD e visionario dell'audio che finanziava i Dead e registrava i loro live sin dai primi show.

Bear, artigiano e ballerino di danza classica del Kentucky, era ossessionato dal suono sia concettualmente che dal punto di vista fisico. Mickey Hart il batterista che andava e veniva dalla band, ha raccontato a Rolling Stone di quando una notte del 1974 prima di uno show allo Winterland Ballroom di San Francisco, lo colse in un momento di intima comunione con gli speaker. Bear sussurava teneramente alla strumentazione come se si fosse trattato di esseri umani.

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"Io amo voi e voi amate me", disse Bear corteggiandoli , "come potreste deludermi?"

Bear aveva un buon orecchio e i soldi. Era il principale fornitore di LSD di qualità che inondava la Bay Area e dintorni. Rappresentò la scelta naturale per i Dead come guru audio e benefattore, d'altronde, se c'era qualcuno pronto a gestire e risolvere i problemi tecnici della band, quello era proprio lui. Bear sapeva che avrebbero potuto suonare più chiara e robusta durante i primi turbulenti live che ora ogni Deadhead stagionato considera la parte più importante del corpus artistico della band. Augustus rimase silenzioso quasi durante tutto l'incontro, ricordaTurner quando, all'improvviso, un campanello gli risuonò in testa.

La sua idea era che questa configurazione avrebbe permesso a band e pubblico di ascoltare la stessa cosa, elminando il feedback risultante dal segnale che torna indietro alla fonte. Bear immaginava musicisti e ascoltatori uniti dalle stesse sensazioni: un minore divario tra performer e audience grazie allo stesso identico mix diffuso orizzontalmente sarebbe risultato "come se suonassero in acustico davanti alla gente" ha rammentato Turner, che ricorda Bear come l'unico tra i partecipanti dell'incontro a non pensare che se i microfoni per le voci fossero stati posizionati di fronte agli amplificatori la band sarebbe finita sommersa dal feedback.

Mettere l'impianto dietro alla band? Un'intuizione folle per l'epoca ma che divenne prassi comune.

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Turner ha raccontato che la mozione di Bear venne archiviata dopo l'incontro, ma che l'idea iniziò ad insediarsi nella coscienza collettiva dei Dead e della loro crew. Un primo breve tentativo di sperimentazione, culminato nel 1974, forgiò un PA piazzato dietro la band che fungeva anche da sistema di monitoraggio. Separando le voci dagli altri strumenti con un PA dedicato, produsse una intellegibilità straordinaria nel sound live dei Dead e diede via ad una continuità audio-visuale unica.

Il sistema è anche stato pioneristico nell'utilizzo dei line array, colonne di altoparlanti letteralmente impilati uno sull'altro, progettate per controllare la dispersione del suono in certi range di frequenza e nel sistema per diminuire i rientri nei microfoni per le voci.

Non c'era mai stato nulla del genere. I requisiti tecnici dell'impianto erano talmente sviluppati che chiunque sia stato interpellato per questo articolo, inclusi alcuni progettisti e membri della crew originale del Wall, ha ammesso che è ancora insuperato.

"Il tono e la chiarezza che raggiunse restano imbattuti" ha detto Turner, co-fondatore della Alembic ,una compagnia di chitarre elettriche, bassi e preamplificatori customizzati il cui lavoro a stretto contatto con i Dead si è rivelato indispensabile nel concepire e realizzare il Wall dal nulla. "Proprio così" ammette Turner.

Il concerto alla Boston Music Hall nel Novembre del 1973 fu fondamentale, secondo Turner. Erano passati quattro anni da quando Bear aveva avuto quell'intuizione.

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I Dead tenevano più show per grandi platee e contemporaneamente spingevano i loro live set in territori eccitanti e avventurosi. Una versione di mezz'ora di "Dark Star" una delle preferite dal pubblico, risultava pesante persino per i Deadhead più devoti che venivano frustrati, proprio come la band e la crew, dalla qualità audio.

"Non esisteva tecnologia specifica per gli strumenti elettrici" ha raccontato Lesh a Rolling Stone nel 2011. "Abbiamo discusso di come evitare la distorsione e ottenere un tono musicale puro. Bear fece un po' di ricerca e propose 'usiamo gli speaker della Altec, ampli hi-fi a quattro coni (uno per strumento) e li inseriamo all'interno di una struttura di legno'. Tre mesi più tardi i Dead suonavano già con il sound system ideato dal chimico-ballerino".

Bear aveva affittato una casa a Watts, Los Angeles. Quando vi accolse la band, i Dead scoprirono che il posto era adornato di speaker con qualità da studio utilizzati nei cinema", ha raccontato Weir a Rolling Stone. "Un giorno Bear esclamò 'stiamo facendo il lavoro del diavolo qui!". Non aveva tutti i torti: la musica, le droghe il coinvolgimento sociale…dovevi avere una visione piuttosto aperta per non restarne turbato".

Nel frattempo Turner, Ron Wickersham, Bob Matthews (l'altro co-fondatore della Alembic) e il resto del team in via di espansione che seguiva il progetto, erano affascinati in maniera crescente dall'idea di annullare le differenze tra l'ambiente microscopico del palco e quello macro delle platee.

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"Il tutto prendeva senso in termini di restituire direttamente all'audience quello che sentiva la band" Turner.

I Dead suonarono con una sorta di proto-Wall alla Boston Music Hall nell'inverno del 1973. Un prototipo rudimentale consistente ancora in un sistema stereo convenzionale. I suoi speaker da palco formavano colonne, anticipando le line array. Composto da speaker JBL e tweeter della ElectroVoice installati all'interno di casse della Alembic e sormontato dagli ampli McIntosh, l'"Alembic PA", come veniva chiamato, era così grande che quando fu caricato all'interno della Music Hall semplicemente non c'era abbastanza spazio per posizionarlo.

"Così nacque l'impalcatura dietro la back line alle spalle della band", ha spiegato Turner, come previsto da Bear. "Il primo passo per provare che il Wall of Sound poteva funzionare".

È stato in quel momento che le cose hanno iniziato a girare per il verso giusto.

"Lo abbiamo rimaneggiato e cercato nuove soluzioni", ricorda Turner. Il team produsse da sé i componenti perché, semplicemente, all'epoca non erano reperibili. Vennero riadattati speaker fuori uso e sostituite le membrane dei tweeter dove necessario. "Era tutto un gigantesco esperimento" ha detto Turner "ma non era improvvisato". Dietro ogni parte del sistema c'era una progettazione precisa che riguardava persino le componenti più basilari come i jack o i cavi per connettere gli speaker. "Lavoravamo con quello che avevamo e sfruttando le nostre conoscenze scientifiche in materia".

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Gran parte di queste nozioni furono tratte dagli scritti dell'ingegnere del suono della RCA, Harry Olson. La libreria di fisica della UC-Berkeley aveva una copia di un manuale scritto a Olsono allora fuori stampa, il quale, tra le altre cose, aveva perfezionato il microfono a nastro e compiuto studi pioneristici su amplificatori e dispersione sonora. Quando i Dead misero le mani sul libro grazie a John Curl, un ingegnere della Alembic, lo fotocopiarono per condividerlo con tutto il team.

"Ognuno di noi aveva una copia della bibbia di Olson" ricorda Turner.

Non è chiaro se una di quelle copie giunse anche a Dan Healy, che divenne il tecnico del suono di lungo corso dei Dead. Non sono riuscito a contattare Healy per interpellarlo a riguardo, ma lui aveva dichiarato che dall'inizio del '70 aveva "coperto tutte le ricerche" condotte dagli anni Venti nei Bell Laboratories. I Dead non avevano altra scelta che quella di avventurarsi in territori inesplorati con il Wall, un progetto che Healy riteneva essere adirittura troppo avanzato per la comprensione del suono raggiunta dal gruppo.

"Il nostro lavoro causò cambiamenti di vasta, vastissima portata… che continuano tutt'ora nell'industria del suono", Healy raccontò a Jym Fahey nel 1992. "Abbiamo scoperto un sacco di roba che potrebbe lasciarti a bocca aperta. Nel periodo che va dal 1969 al 1974 l'intera industria dell'audio venne rivoluzionata e i Grateful Dead si trovavano al centro di tutto ciò".

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Al suo apice, il Wall of Sound comprendeva quasi 600 speaker JBL (da 15, 12 e 5 pollici) e otre 50 tweeter ElectroVoice, ampificati da circa 50 McIntosh MC3500 e MC2300 a valvola, tra i più efficenti di allora.

Il Wall al massimo del suo splendore richiedeva una intera giornata di lavoro per essere montato, inclusi i suoi adattamenti ai vari palchi, il posizionamento dell'impalcatura e l'installazione dell'impianto luci. Il sistema stesso si evolveva di mese in mese e, a detta di Turner, veniva trasportato all'interno di un semirimorchio da 12 metri. C'erano due set di impalcature identici (Bear sostiene tre,) ognuno dei quali trasportato all'interno di un semirimorchio da 18 ruote. Le luci venivano trasportate in un van da più di 7 metri. Erano necessarie due road crew, una delle quali si muoveva in anticipo rispetto all'altra, per rispettare le tempistiche del tour. Quando la Crew A arrivava in città con il Wall, la Crew B aveva già assemblato una delle due impalcature. Questo permetteva di guadagnare tempo.

Tutto questo smentisce le voci secondo cui i Dead disponessero di una seconda versione identica del Wall of Sound, nonostante anche questa soluzione non fosse meno impegnativa. Il sistema, l'allestimento, l'impalcatura e l'illuminazione arrivarono a pesare tutte insieme 75 tonnellate. Il tutto si dimostrò troppo ingombrante, complicato e dispendioso per essere supportato per più di qualche anno. La band portò in giro il Wall per gli Stati Uniti approssimativamente dal 1972 al 1974.

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"Era meraviglioso ma anche estremamente scomodo" ha ammesso Dennis "Wiz" Leonard, un ingegnere audio che lavorò a fondo sul Wall.

Il Wall of Sound, da non confondere con l'omonima tecnica di produzione in studio che consisteva nella stratificazione dei suoni, perfezionata da Phil Spector, ebbe vita breve, ma spicca tuttora per la sua complessità. Oltre a fare bella figura sulle registrazioni, il Wall ha spinto l'arte e la scienza dell'amplificazione live a nuove precipitose profondità. Questa è probabilmente la sua eredità.

Il Wall raggiungeva volumi alti ma non è il sound system più potente mai costruito: l'impianto per il nightclubbing del boss della DFA Records e mente degli LCD Soundsystem James Murphy, Despacio, raggiunge i mostruosi 50.000 Watt, ancora nulla se confrontati con il sound system della Large European Acoustic Facility in Olanda, che potrebbe uccidere chi lo ascolta.

"Sebbene il vento causasse interferenze: da fuori suonava tutto chiaro e cristallino"

Toccando quasi i 28.800 Watt, il Wall era il più potente sound system costruito sino a quel momento. A volte i livelli sul palco raggiungevano i 127 decibel: lo stesso volume di un jet militare che prende il volo percepito ad una distanza di 15 metri. Ma pochi dei testimoni direbbero che ruggiva come un F16. Il Wall diffondeva un mix talmente chiaro, e questa registrazione dell'agosto 1974 di uno show a Jersey City in New Jersey ne è un esempio, da non sembrare per nulla rumoroso. Questo era il suo livello di fedeltà.

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"L'impianto in tutta la sua potenza era semplicemente incredibile", Turner ricorda che a Santa Barbara in California, intorno al 1971, con il Wall ancora agli inizi, si allontanò di buoni 800 metri dal palco mentre la band faceva le prove con il sound system: poteva ascoltarli anche da lì, e precisamente. Questo concorda con l'affermazione di Bear che il Wall poteva diffondere il suono per 800 metri prima di perdere in definizione. "Era proprio fenomenale" disse Turner, "stupefacente".

Wiz ha rammentato una esperienza simile accaduta nel 1973 allo Roosvelt Stadium, appena fuori New York. In quell'occasione, si posizionò alle estremità più lontane dei parcheggi. La band, che a quel punto della sua carriera poteva attirare migliaia di persone per uno show all'aperto, era sistemata sopra alla casa base e il suono si irradiava oltre le tribune. Secondo le sue stime, ci sarebbero state 100 mila persone abbondanti nello spazio che separava il Wall dai suoi condotti uditivi.

"Sebbene il vento causasse interferenze, da fuori suonava tutto chiaro e cristallino" ha ricordato Wiz che si unì al team dei Dead nel 1971 mentre lavorava per la Almebic. "L'intellegibilità delle onde propagate aveva un qualcosa di incredibile".

I miei genitori, pur non conoscendosi ancora, assistettero entrambi allo stesso show all'aperto, uno dei primi con il Wall, a Des Moines in Iowa il 12 maggio 1973. Mia madre, che più tardi avrebbe cucinato dolcetti al cioccolato per la band, si trovava sul palco. Mio padre, che più tardi avrebbe lavorato occasionalmente alle loro scenografie, ad esempio i tappetti orientali che adornavano gli show nel Midwest, si trovava a circa 20 persone di distanza dal lato sinistro del palco.

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"Visto quanto tempo è passato e data la mia posizione sbilanciata, vicino al palco e tutto da un lato, è difficile per me ricordare i dettagli" mi ha detto mio padre "ma capivo che il sound era ottimo per essere un concerto all'aperto". Una cosa la ricorda però: "il suono era talmente brillante che verso la fine del secondo dei tre set di quella giornata in cui il tempo non prometteva bene, durante 'Here Comes Sunshine' spuntò davvero il sole!"

Questi momenti di purezza assoluta sospesi nel tempo come una nota senza fine, erano l'essenza di ciò che rese la concezione e la lavorazione dietro al Wall "così tremendamente avanzate per il sound live in sé stesso" ha detto Wiz.

"Il futuro consisteva nel diminuire la distorsione", ha aggiunto il fonico, cioè controllare la dispersione sonora nelle varie frequenze. Un live show che suonasse in maniera coerente era questione di concentrare orizzontalmente le frequenze da diffondere verso l'audience piuttosto che spargerle indifferentemente nello spazio.

L'idea base del Wall, secondo Turner, era di perfezionare il metodo più utilizzato di diffusione audio: quello stereo. Il modo più semplice di concettualizzarlo è di pensare alla riproduzione di onde sonore che sembrano provenire da punti differenti pur condivendo la stessa sorgente il che produce un effetto di rimbalzo: alcuni suoni sembrano provenire da sinistra, altri da destra, altri dal centro e così via. In realtà i suoni vengono diffusi a partire da un punto unico di un altoparlante o di un sistema di, il PA. In altre parole: l'effetto stereo è ingannevole.

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Questo il grande cruccio di Bear: le melodie vocali non sembravano provenire direttamente dalle bocche dei cantanti, i lick non sembravano partire dalla chitarra e lo stesso valeva per batteria, basso e piano. Turner ricorda le invettive di Bear "lo stereo non funziona!", la ragione è presto detta: lo stereo, in teoria e in pratica, è un'illusione. Due innovazioni chiave forgiate attraverso il Wall: microfoni che eliminano i rientri e line array di altoparlanti, avrebbero rotto l'illusione dello stereo, portando i Dead in vita.

Pochi credettero a Bear quando disse che i Dead non sarebbero stati sommersi dal feedback se avessero suonato con l'amplificazione alle spalle. Ma era convinzione del tecnico, con cui Wickersham concordò, che se i microfoni e le spie avessero avuto risposte piatte, cioè riproducessero suoni provenienti da input ad alta fedeltà, il feedback non sarebbe stato un problema.

L'intuizione si è rilevata corretta più di quanto pensassero gli altri ma non quanto speravano Bear e Wickersham. Da qui, la ragione principale per il pioneristico sistema di eliminazione dei microfoni, spiega Turner, era di "eliminare i disturbi in maniera equilibrata".

Osservando una qualsiasi immagine di un concerto dei Dead nel periodo del Wall è difficile non notare i microfoni omni-direzionali posizionati sotto a quelli vocali fuori fase uno rispetto all'altro per cancellarsi a vicenda. Chi cantava, ad esempio Weir, usava il microfono superiore, quello inferiore che catturava l'ambiente del palco si trovava invece circa 7 centimetri e mezzo sotto al primo. I due segnali venivano inviati ad un amplificatore per combinarli, eliminando i difetti dei microfoni classici. Tutto quello che usciva erano semplicemente l'esecuzioni vocali di Weir amplificate.

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Se i vocalist non cantavano posizionati appresso alla capsula del microfono le variazioni di fase producevano un effetto nasale da cartone animato. Rob Jaczko rettore del Music Production and Engineering Department al Berklee College of Music, mi ha spiegato via mail che questi microfoni anti rientri non erano adatti per le registrazioni in studio. Jaczko che non lavorò allo Wall e può parlare basandosi solo sugli aneddotti, dice che "suonavano maluccio".

Nonostante ciò, il sistema di eliminazione dei disturbi diminuì la necessità di sgolarsi nei microfoni del sistema, che nel 1973 si era ampliato ad una serie di line array monolitici progettati per controllare la dispersione in tutte le frequenze. Il loro funzionamento fisico si basava sull'adattamendo dell'altezza delle colonne di speaker alle lunghezze d'onda acustiche e produsse una distorsione di intermodulazione eccezionalmente bassa. Una qualità rievocata da Turner come analoga all'effetto delle canne più grandi degli organi da chiesa.

"Quello che volevi nel PA era lì" ha detto, "Quello che non volevi, non c'era".

Questo perché il Wall era un PA composto da PA, sei indipendenti, uno per strumento. Chitarra solista, chitarra ritmica, voce, basso, batteria, tastiera: oguno disponeva di un impianto dedicato secondo la Deadheads Newsletter numero 19 del Dicembre 1974. La configurazione eliminò la necessità di mixare il risultato attraverso un singolo set di speaker. "La cosa migliore dietro all'aspetto dei line array" , ha spiegato Wiz, "era che non richiedevano di eseguire panning o aggiustare livelli vari dalla consolle di un mixer".

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Il Wall era il primo sound system ad eliminare la necessità di mixer per controllare il livello delle spie puntate verso la band. Ognuno dei microfoni vocali di Wall aveva un funzione di controllo del volume per permettere alla band di mixarlo sul palco mentre suonavano. Inoltro ogni singolo membro aveva il controllo totale del suo ambiente sonoro con l'opportunità di variare i livelli delle spie che riproducevano il resto degli strumenti e il proprio.

"Per quel che mi riguarda, il fonico dovrebbe essere superfluo", Bear scrisse anni più tardi, "tutto quello che deve fare è assicurarsi che le cose funzionino e non si rompano; connettere i cavi e scollegarli. Il controllo di ciò che raggiunge l'audience dovrebbe essere pienamente nelle mani degli artisti stessi. Questo è l'unico modo di avvicinarsi alla vera arte".

Quindi dietro a ogni musicista, Garcia ad esempio, si stagliava una colonna di speaker che costituivano il suo sistema, una sola sorgente manovrata solo attraverso un programma: la sua chitarra.

"Tutto il suono emesso, fatta eccezzione per una coppia di speaker aggiuntivi che solo la band poteva udire, veniva da quello", illustra Wiz ,"li localizzavi in base a quello: vedevi Jerry, Bobby o gli altri sul palco e il suono sembrava provenire direttamente da loro".

Questa continuità audio-visuale costituì senza dubbio il marchio di fabbrica del'esperienza data dal Wall of Sound. Dava vita a niente poco di meno di quello che Turner definisce "un evento macro-acustico". Toccava un tasto profondo e primordiale, almeno in quelli che si trovavano nella fascia centrale del pubblico. Dopotutto, la localizzazione sonora è uno dei meccanismi più primitivi e raffinati dell'essere umano.

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"È una di quelle cose da cui dipendiamo per la soppravvivenza in quanto cacciatori-raccoglitori" continua Wiz. Esistono delle connessioni precognitive tra il nostro orecchio interno e i muscoli del collo che vengono attivate quando ascoltiamo dei suoni transienti in modo da essere stimolati a rivolgere la testa verso lo stimolo uditivo. "È veramente potente", specifica Wiz, "l'essenza del Wall of Sound era rendere il panorama reale e incorrotto."

In altre parole, un membro dell'audience di uno degli show con il Wall otteneva l'impressione visivo-uditiva che le melodie provenissero direttamente dalla bocca dei cantanti, le linee di basso dal quattro corde Alembic di Lesh, il vasto repertorio di accordi dalla sua Gibson 335 di Weir, il rullo marziale di Kreutzmann dall'incontro delle bacchette contro le pelli della batteria e i lick di Garcia dalla sua chitarra customizzata Doug Irwin/Alembic. Immaginate l'effetto che può avere generato in chiunque, band inclusa, che magari era sotto l'effetto del leggendario acido di Bear.

Il titanico sound system sarebbe stato difficile da non notare, se solo non fosse rimasto lontano dai riflettori nei concerti al chiuso. Lo spettacolo delle luci cercava di renderlo il centro dell'attenzione.

"Il modo di capire se uno strumento funziona è quando la gente non si focalizza su di lui ma solo sulla musica" Turner "sul serio: il miglior equipaggiamento riesce a sparire". Era un'esperienza intima "Il flusso di luci diventava più liquido, colava attraverso le dita, si espandeva nello spazio", come come racconta una vecchia descrizione del Wall, "goccioline si cristallizavano in note musicali e cadevano ai tuoi piedi".

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Il Wall consentiva alla band di "suonare a volume altissimo senza farci del male o devastare chi ci sta di fronte, di ottenere un suono pulito ad alto volume anche sul fondo della sala e sopratutto il massimo del controllo musicale, perché controlliamo tutto dal palco", disse Phil Lesh al San Francisco Chronicle alla vigilia di quello show del Marzo del 1974 che alcuni considerano il vero esordio del Wall, "per me è come pilotare un disco volante o cavalcare la mia onda".

Non che la stabilità totale fosse stata raggiunta. C'erano sempre crepe nel Muro, componenti del sistema che regolarmente avevano malfunzionamenti o si rompevano.

"Quando funzionava lo faceva a meraviglia", ammette Turner, "quando non lo faceva era un problema. Ma noi eravamo quelli in grado di capire come risolverlo".

LA CADUTA DEL MURO

A tutto questo c'era un prezzo però. Pechner, il carpentiere del Wall, una volta rivelò ad Audio Junkies che durante una delle riunioni qualcuno approssimò il costo totale di un anno di progettazione, sperimentazione e testandone l'impianto a 275.000 dollari. Facendo le debite proporzioni e tenendo conto dell'inflazione 275.000 dollari del 1974 equivalgono a 1,3 milioni di dollari attuali (1,2 milioni di euro). "Ma sono sicuro che sia costato anche di più" conclude Pechner. Qualsiasi fosse il prezzo, il Wall e le sue spese connesse avevano quasi mandato in bancarotta la band.

"Valutando da una prospettiva storica più ampia il fenomeno dei Grateful Dead non puoi tralasciare il fatto che il Wall li rovinò dal punto di vista economico", mi ha spiegato Nicholas Meriwether, curatore dell'official Grateful Dead Archive all'Università della California a Santa Cruz, "li ha proprio spremuti per bene".

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Entro la fine del 1974 il Wall aveva toccato il proverbiale fondo. Ma era ancora lontano dallo scomparire.

"Hai presente l'entropia? Quella, lo ha sciolto…"

"Le sento le voci che girano", confessa Turner, "una parte dell'impianto si trova in un magazzino, una parte in un altro. Chi lo sa? Io no di certo! Hai presente l'entropia? Ecco, quella lo ha sciolto…".

A questo punto il mix diventa confuso.

"So quello che probabilmente sai anche tu", ammette Meriwether, "cioè che Bob Weir concesse un'intervista alla fine dell'epoca del Wall of Sound in cui disse 'in parte lo venderemo, in parte lo terremo'. Per quanto ne so io, è andata così".

Questo è il tipo di informazioni rilasciate da Meriwether al the archive, una collezione condivisa di immagini, poster e memorabilia varie a tema Dead. L'archivista ha acquistato recentemente una cartella di materiale, raccolto da un impiegato d'ufficio dei Dead di cui non si conosce l'identità, che include alcuni degli schizzi originali dei primi Settanta che riguardano la progettazione del Wall.

"È roba veramente, veramente fica" annuisce Meriwether, pur sottolineando che "molti aspetti del Wall sono stati documentati in maniera casuale".

Gli ho chiesto se sapesse dove fossero finite le componenti dell'impianto. Meriwether può riportare solo voci, ma il Wall, che era modulare, fu concepito in maniera tale che sarebbe stato facile dissassembarlo e venderne intere porzioni, o come leggenda vuole, regalarle agli Hot Tuna, ai Jefferson Airplane o alla altre band della famiglia allargata dei Dead.

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Consisteva tutto in strumentazione al top della gamma, inclusi elementi degli altoparlanti come i driver, trasduttori che convertono l'energia elettrica in onde sonore, senza dimenticare gli ampli a valvola McIntosh MC2300.

"Erano lo stato dell'arte", procalma Meriwether "Tutti li volevano".

Sembra che altre componenti, come il sistema di riduzione del rumore dei microfoni, sarebbero state più difficili da mantenere. Alcune non erano riciclabili anche se certe parti sono state utilizzate con altri scopi.

"Solo perché il Wall è stato smantellato non significa che loro non abbiano continuato a sfruttare i driver, ed altre componenti ancora per anni " rassicura Meriwether.

Tennero una maratona di cinque giorni al Kaiser Convention Center di Oakland, in California, nel September del 1979, in cui Dead diedero via l'impianto vocale come premio di un'asta. Giravano ancora in tour con l'impianto originale del piano, un mobile d'alluminio progettato da Bear e isolato con una gomma smorzante, come un componente "di un piccolo PA per spazi da, diciamo, 3.000 posti" come ha raccontato Wiz. Il Kaiser aveva quella capacità e si riempì attirando "chiunque avesse mai avuto a che fare con i PA nella Bay Area".

L'impianto vocale, che giaceva inutilizzato in un magazzino, venne adattato con speaker da 12 pollici e inserito nel PA del Kaiser PA. È stato divertente aggiungerci 16 subwoofer costruiti originariamente per Apocalypse Now.

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Qualche mese più tardi i Dead tennero una serie di show per capodanno al Oakland Auditorium, con un PA più agile che comprendeva parti del Wall. Ma niente di più.

"Penso che quella sia stata l'ultima volta in cui quella roba venne utilizzata" secondo Wiz, il quale sostiene che il Wall of Sound smise di suonare dalle fine del 1974. I Dead erano troppo coinvolti dal business a quel punto, con operazioni e ambizoni che ebbero la meglio sul nostro spirito di fratellanza. Decisero di interrompere per un po' i tour fino al 1976. Erano spossati.

Col passare del tempo, questo vasto campionario di strumentazione che costituiva il Wall è stato separato, secondo Turner, la coesione si era persa quando Alembic iniziò a essere sempre meno coinvolta negli affari dei Dead.

"Ognuno si tenne il suo piccolo pezzettino di prato", constata amaramente Turn che lasciò l'Alembic nel 1978, "È stata dura".

Wiz ricorda i fatti diversamente. "La nostra crew era un meccanismo ben oliato. Il Wall era talmente poco pratico che solo i Dead potevano usarlo. Non c'erano opening act perché il sound system non poteva essere usato in maniera convenzionale. Nell'interesse di un bene maggiore, perché la band riguadagnasse l'indipendenza sonora, sembrò a tutti il caso di lasciare stare."

Wiz, ora supervisore e adetto al missaggio finale allo Skywalker Sound, dice che continua ad ascoltare il lavoro pubblicato dai Dead tra il 1972 e il 1978, quando fu il loro tour manager. Recentemente, è anche incappato in un paio di casse a tre coni assemblate da lui anni fa con driver da 12 pollici e speaker apparteneti al Wall of Sound originale.

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"È fico averli" ha ammesso Wiz.

Ci sono collezionisti incalliti che spendono migliaia di dollari per quel tipo di memorabilia. Negli annunci e forum online c'è molto fermento, un sommovimento che potremmo ribatezzare spintonare il Muro.

Nel 2007, due vecchie casse di speaker del Wall, ricoperte di adesivi e graffiti della band, presumibilmente tra gli ultimi modelli sopravvissuti, vennero venduti da Bonhams, la casa d'aste privata inglese che si proclama "una delle più grandi e antiche case d'aste al mondo che si occupano di opere d'arte e oggetti antichi" Le due casse vendute assieme per 2.800 dollari (2.500 euro). Cinque anni dopo sempre da Bonham due speaker della sezione della Wall dedicata a Garcia furono acquistate per 12.500 dollari (11.200 euro) .

Sempre nel 2001 Simon Babbs (il cui padre Ken, partecipò ai primi Kool-Aid Acid Test musicati dai Dead) vendette per una somma sconosciuta quella che sosteneva essere una cassa del Wall. All'inizio del 2013, un'altra vecchia coppia di presunte casse per gli speaker del Wall venne venduta su eBay. Non sono stato in grado di trovare traccia di questa trasanzione o i contatti del venditore. Una fonte autorevole mi ha detto che probabilmente Dan Healy si trovava dietro la vendita e che ne ha guadagnato dei buoni 3.100 dollari (2.780 euro).

Quattro decenni dopo e una breve esistenza, 75 tonnellate di strumentazione attirano ancora la fascinazione di Deadhead, audiofili, fonici e storici ad alcuni dei quali non potrebbe importare meno della musica dei Dead. È il degno epiteto delle intuizioni fisiche innovative del Wall, sembra che una vecchia coppia di speaker di Garcia usati solo durante una piccola parte dei 2.318 show suonati nei primi 30 anni di attività della band, possano raggiungere i 10.000 dollari (8.970 dollari) a un'asta di lusso. Quei componenti supposto componenti del Wall sono ambiti come frammenti di un Sacro Graal sonico.

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Ma per gli altri, persino le parti verificabili del Wall non fanno altro che occupare spazio inutilmente. Meriwether non trova molto valore nell'esibire le vecchie componenti, andiamo a caccia di quello che ci stava sotto, se vogliamo costruire un corpus di conoscenze sul Wall.

"Non so se cercherò mai pezzi del Wall", Meriwether ammette. Piuttosto, punterebbe a ritrovare immagini, schemi e corrispondenze del PA, in aggiunta alle schede con i requisiti tecnici richiesti per ospitare l'impianto che descrivano la sfida logistica di allestire uno show con il Wall. Dal suo punto di vista, sono questo tipo di informazioni il "lato software" piuttosto che hardware che tra 200 anni saranno utili agli studioso per capire cosa ha davvero rappresentato il Wall of Sound.

"E cioè?" ho chiesto

"Il Wall of Sound rappresenta il primo vero apice della passione per la band nel perfezionamento degli aspetti tecnici dietro alle loro performance live", proclama Meriwether, "e nella ricerca della capacità di controllo nel costruire loro sound live con una precisione pari a quella che avevano imparato ad apprezzare in studio".

ECHOES

John ha smesso di occuparsi dei Dead. Ma deve molto alla band, alla crew scioltasi da tempo e alle ambizioni sonore frutto della filosofia che condividevano specialmente durante gli anni del Wall.

Se non fosse per loro, il sound system da 50.000 watt di Kett progettato con la collaborazione di James Murphy, suonerebbe e avrebbe un aspetto molto differente da quello che ha oggi, ora che riempe discoteche in giro per il mondo nell'ovazione generale.

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"I Grateful Dead hanno inaugurato inventato diversi business industriali professioni, se ci pensi", Klett afferma, "era gente che ne sapeva".

Era il 1997. A soli due anni dall'addio vero e proprio dei Grateful Dead, dopo gli abusi con le droghe, i tour interminabili e dopo che gli eccessi della fama ebbero la meglio su Garcia. James Murphy, un giovane DJ e produttore di New York, voleva costruire uno studio a Brooklyn e sapeva che Kett lo avrebbe potuto aiutare.

"Non so di sicuro chi abbia dato il mio numero a James", ha riflettuto Klett, fonico, consulente e tecnico per studi di registrazione, stabilitosi a New York. "Ma mi ha trovato. Mi ha telefonato per dirmi: 'ho intenzione di mettere su uno studio'".

I due inizarono a costruire uno studio, inaugurando una collaborazione professionale che continua anche oggi. Murphy e Klett, hanno trascorso due anni con David e Stephen Dewaele dei 2ManyDJs' intenti a sperimentare con Despacio: "Lento" in spagnolo. È un nome che si adatta bene per un PA creato per suonare vinili da 45 giri alla velocità dei ben più 33 giri. Despacio riesce a far suonare un qualsiasi riempipista come l'esperienza di collassare dentro un buco nero.

Se c'è un qualche sound system che fece capolino tra le ispirazini dei loro progetti iniziali, spiega Kett, quello era proprio il Richard Long-designed hi-fi PA at West SoHo's former Paradise Garage, probabilmente il più importante club disco underground nella storia della musica dance e pop contemporanea. Eppure anche quello era solo un riferimento che non andava seguito alla lettera per Despacio che Klett dice essere una cosa completamente a parte.

Non è mai esistito un soundsystem come Despacio. Mettetelo vicino al Wall e sembrera una sua riproduzione in minatura. Pesa 7,5 tonnellate ed è composto da sette array alti 3,5 metri di altoparlanti McIntosh e un paio di subwoofer da 21 pollici conenuti in casse di metallo composte su misura. Eppure quando debuttò nel 2013 al Manchester International Festival, raggiunse l'intensità di 150 dB, lo stesso volume della partenza di un jet una distanza di sette metri dall'osservatore, capace di perforare i timpani.

Il Wall, raggiungeva solo il 20 percento della sua capacità, come ha spiegato David Dewaele a Wired UK. Il punto centrale e non aggredire i clubber con del rumore, ma di sintonizzarli con un range di dinamiche audio piene e ben equalizzate senza spingere Despacio anche remotamente vicino alle sue massime capacità.

"Lascia libero un sacco di spazio nello spettro delle frequenze" ha precisato Klett a Wired, lodando il timbro pulito e rilassato di Despacio.

Avrebbe potuto benissimo riferirsi al Wall. I due PA condividono molto di più che la semplice parentela: la concezione di Despacio si basa pesantemente su quella del Wall. Come il suo predecessore, Despacio è progettato per controllare la dispersione di rumore nelle varie frequenze. E`questo approccio base al sound design che Klatt considera una delle innovazioni più importanti del Wall.

"Lo spirito che abbiamo seguito è stato il seguente," mi ha detto Klett, "manteniamo le cose il più semplici possibile. Installiamo altoparlanti efficenti all'interno di comunissime casse e diamo al cono abbastanza volume da far funzionare a dovere gli speaker. Non facciamo troppi calcoli, non spendiamo un anno sul computer a progettare una cassa ed elaborare un sacco di simulazioni digitali per far sì che funzioni nel mondo fisico".

"Ampli, altoparlanti e casse. Messi assieme, semplicemente. Nient'altro". Continua Klett quasi senza prendere fiato. "È tutto allineato fisicamente. Una soluzione massimale a un insieme limitato di criteri di design predefiniti".

Questo spiega le coperture di plexiglass sui rack degli amplificatori, un semplice trucco volto a prevenire che l'energia sparsa attraverso il sistema di valvole a 12 pollici rimbalzi attraverso gli spazi delle performance.

Al di là delle somiglianze nel design, anche lo spettro di frequenza di Despacio è separato in maniera simile alla suddivisione dello spettro adottata da Bear e Dead per il Wall, l'idea è quella di non stipare bande di ampiezza oltre a quelle necessarie delle singole casse e altoparlanti. Effettivamente non c'è nessuna forzatura nel mix. Secondo Klett si tratta di un approccio all'ottimizzazione dello spettro che mai visto prima dei Dead.

Entrambi i sistemi sono stati costruiti con la stessa tecnologia di amplificazione. Quando ho chiesto a Klett di illustrarmi la visione originale che lui, Murphy e i fratelli Dewaele avevano per Despacio, mi ha detto che si è erano immaginati una grande pila di casse con le stesse linee di quelle del Wall.

"Adoperano entrambi gli stessi altoparlanti", fa notare Klett riferendosi ai McIntosh. Klett si è chiesto se la McIntosh, che ora fornisce speaker a Despacio, avrebbe rifiutato la proposta di partnership non avendo avuto alle spalle la scelta dei Dead non avessero scelto il MC2300 come cuore dello Wall.

"Quella roba ha avuto vita breve, come Despacio" Klett "Despacio non durerà tanto a lungo. È così scomodo".

HIGH NOTES

Bear sprofondò nel delirio e fu tormentato da visioni apocalittiche. Metteva in guardia chiunque gli capitasse a tiro sui rischi dei venti radioattivi e mentre i Settanta procedevano diventò "assolutamente convinto che prima o poi sarebbe avvenuto un disastro nuclerare o scoppiato un terremoto" ha raccontato a Rolling Stone Sam Cutler, amico e tour manager orginario dei Dead. Bear decise di abbandonare l'America. Si stabilì in Australia, dove morì in un incidente stradale nel 2011. Aveva 76 anni.

Ci sono stati cambiamenti tremendi nell'industria musicale dai tempi del Wall, e Turner non potrebbe pensare a nessun'altra band oltre ai Dead che, nei tardi Sessanta e primi Settanta "avrebbe permesso e finanziato il tipo di sperimentazione che ha guidato le scoperte successive".

Uno degli aspetti ironici di quel momento storico, immerso com'era nel reclamare una porzione di potere non senza con un pizzico di populismo, era che si accompagnò ad una perdita considerevole di controllo artistico. Il Rock ristagnava e il Wall offrì la prima boccata di aria fresca dopo tempo. FInalmente un gruppo di musicisti poteva udire i propri pensieri ed esprimerli proprio perché poteva ascoltare quello che suonava con i propri strumenti. Quello standard è ancora settato in alto quanto chiunque di quelli che si riunirono in quel famoso giorno del 1969 nel magazzino rosa sia riuscito ad elevarlo.

A Turner piacerebbe che oggi ci fosse più spirito di cooperazione tra musicisti e tecnici del suono. Molto potrebbe essere fatto di nuovo con la tecnologia dei phased array con delay appositi per ogni altoparlante all'interno di un PA, in modo che ognuno di questi speaker possa trarre energia dal proprio amplificatore dedicato, è lo stesso tipo di tecnologia utilizzato per nei sistemi radar che sfruttano i phased array, in cui l'antenna non necessita di spostarsi per perlustrare il cielo.

A volte Turner pensa a quello che sarebbe potuto venire dopo lo Wall se fosse durato di più. La prima sceltalogica, sarebbe stata saldare assieme tutte gli altoparlanti e "poi darli semplicemente in mano all'umanità". "Dire solo 'ok questa roba ha solo bisogno di essere manovrata'" aggiungendo che il Wall avrebbe potuto essere duplicato come le sue impalcature. Con l'eccezzione dell'impianto luci, non ci sarebbe stata necessità di un sezione del palco separata dal sistema PA.

Un sound system equivalente al Wall, anche in versione portatile, potrebbe venire realizzato anche oggi. Ma le intuizioni fisiche necessarie per abbinare le lunghezze d'onda acustiche con l'altezza dei line array per lo Wall non possono essere veramente superati, almeno non per ora", Come l'ha messa giù Wiz "stiamo ancora cercando di raggiungere quel suono".