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Scuola

Abbiamo occupato il Liceo Virgilio di Roma, e ora siamo diventati dei 'criminali'

Dopo l'occupazione e lo sgombero, alcuni studenti sono stati denunciati e rischiano fino a quattro anni di carcere grazie al decreto sicurezza.
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Foto per gentile concessione del Collettivo Autorganizzato Virgilio.

Essere l’oggetto di una notizia, a volte, può far capire molte cose. Soprattutto se la notizia distorce una realtà per te cruciale, un'esperienza che ti è costata tanta energia, che coinvolge il tuo liceo e le proteste che l'hanno visto protagonista.

Frequento il liceo Virgilio di Roma e di noi, da qualche anno, si parla molto. L'anno scorso siamo stati accusati di essere un “centro di spaccio” e di aver girato video porno durante l'occupazione (tutte cose poi smentite dalla questura). Faccio anche parte del collettivo autorganizzato del Virgilio—etichettato come una banda di “mafiosi” e di “figli della Roma bene—e ho partecipato all’occupazione dello scorso ottobre, sgomberata dalle forze dell’ordine la domenica mattina del 4 novembre 2018.

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La nostra occupazione era una delle tappe di una staffetta organizzata nell’assemblea cittadina che ha coinvolto altri licei come l’Albertelli, il Socrate, il Manara, il Morgagni, il Mamiani, il Righi, il Tasso, il Pasteur e il Colonna. Alcune occupazioni sono state difficili, eppure nessuna ha subito il trattamento a noi riservato.

La notte del sabato 3 novembre al Virgilio c’erano 74 studenti, molti dei quali minorenni. Altri membri del collettivo erano a casa, a recuperare un po’ di forze in vista delle tante cose ancora da fare. La credenza comune è che occupare sia solo un modo per perdere giorni di scuola; dalla mia esperienza, però, non si è certo trattato di una vacanza (tra ponti e scuola chiusa per allerta meteo, peraltro, abbiamo interrotto la didattica per un solo giorno).

Stare in occupazione vuol dire dormire due ore a notte; pulire la propria scuola tre volte al giorno; organizzare corsi, attività, pranzi e cene sociali, gestire i rapporti con diverse realtà esterne e convocare continuamente assemblee per cercare insieme nuove forme di mobilitazione collettiva ed efficace.

Le rivendicazioni della nostra occupazione erano principalmente rivolte contro l’esecutivo Salvini-Di Maio, che non riteniamo essere né il nostro governo, né il nostro cambiamento, né l’Italia in cui vogliamo crescere. Abbiamo deciso di protestare con il metodo più forte che ci è rimasto.

Durante l’occupazione abbiamo invitato diversi ospiti (tra cui il regista Daniele Vicari, gli abitanti delle case occupate, e molti altri) che non avrebbero potuto parlare agli studenti in un contesto diverso, e molti ancora ne avremmo invitati se non fosse stato per “cause di forza maggiore.” Perché quando mobiliti 60 agenti in assetto antisommossa per nemmeno 80 persone sei chiaramente considerato una “forza maggiore.”

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Lo sgombero è stato una sorpresa per tutti: il dialogo con la Digos nei giorni precedenti era stato molto tranquillo e avremmo dovuto abbandonare l’edificio poco tempo dopo, riportandolo al suo stato normale. Lo sgombero è stato richiesto, come di prassi, dalla presidenza. Quello che ci ha subito sconcertati è l’intervento della questura, senza precedenti a noi noti. Ancora oggi non sappiamo con certezza a cosa sia stato dovuto.

Alle 7.30 del 4 novembre alcuni agenti, rifiutando ogni proposta di dialogo, hanno sfondato l’ingresso di via Giulia e sono entrati nell'edificio. Gli studenti sono stati portati in cortile per l’identificazione. Durante lo sgombero, come ha ricordato una compagna, “abbiamo sentito molti agenti che parlando tra di loro facevano commenti denigratori su come alcune ragazze erano vestite. Hanno detto che ‘andavamo messe in riga’”.

La nostra reazione è stata immediata. Il pomeriggio stesso abbiamo organizzato un'assemblea fuori da scuola, dove ad attenderci abbiamo trovato diverse camionette che hanno provato a chiudere quello che sarebbe diventato un pacifico corteo lungo via Giulia. In questa occasione—come durante lo sgombero—si è fatto ricorso all'uso di un ingente, quanto ingiustificato, numero di unità di agenti in assetto antisommossa.

Il primo giorno in cui siamo tornati a scuola, il 7 novembre, abbiamo tenuto un’assemblea straordinaria parlando dell’accaduto e invitando tutte le componenti scolastiche a prendere parola. Il giorno dopo abbiamo organizzato un corteo notturno da Trastevere che sarebbe arrivato fino alle porte della nostra scuola—se non fosse stato bloccato ancora una volta dalla polizia, a piazza Trilussa.

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Il giorno dopo abbiamo organizzato un presidio a piazza dell’Esquilino come assemblea cittadina. Il venerdì successivo ci siamo mossi in corteo cercando di deviare verso il Ministero degli Interni, casa di uno dei motivi principali della nostra protesta: Matteo Salvini.

Una contestazione giovanile articolata, motivata e ragionata fa paura. E forse è per questo che molti giornali hanno cercato il marcio in ogni dove per rimproverarci qualcosa. Ci hanno accusato di aver provocato “60mila euro di danni” quando ancora non era stata fatta una stima. Bene, ora la stima ora è stata fatta: il danno ammonta a 6500 euro, di cui 1342 spesi per smontare le barricate e rimettere a posto i banchi—lavoro di cui ovviamente, se ci avessero lasciato uscire autonomamente dalla scuola, ci saremmo occupati noi.

Ci hanno persino rinfacciato di aver fatto una cena a base di porchetta, di aver occupato “in pochi e per divertimento” e di aver ipotizzato di invitare qualcuno (l’ex membro delle Brigate Rosse Francesco Piccioni) che probabilmente, dopo averne parlato in assemblea, non avremmo neppure invitato.

Comunque, per qualche settimana abbiamo ripreso le lezioni; ma al rientro dalle vacanze natalizie abbiamo trovato una grossa sorpresa. Il 9 gennaio i maggiorenni identificati al momento dello sgombero hanno cominciato a ricevere chiamate e visite dalla questura con l’invito di andare a ritirare la denuncia a loro nome. Inizialmente ne sono arrivate solo due, in seguito altre. Attualmente siamo a quota 12.

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Le accuse sono di danneggiamento, di interruzione di pubblico servizio e invasione di edificio pubblico, con l’aggravante per i (neo)maggiorenni di aver spinto minori a compiere il reato. Il recente decreto Salvini aumenta tra l’altro la pena per gli occupanti, che potrebbe arrivare a quattro anni di reclusione.

Adesso, la Digos ci viene a far visita sotto scuola a giorni alterni. Siamo costantemente monitorati. Ogni nostra iniziativa di protesta viene repressa o bloccata.

Durante i prossimi mesi ci mobiliteremo per portare avanti diverse vertenze insieme ad altre realtà cittadine, e in un paese in cui non esiste più una sinistra a rappresentarci, facciamo noi stessi opposizione in prima persona.

Nel frattempo ci stiamo preparando per le spese legali tramite diverse occasioni di autofinanziamento per non far spendere nulla alle famiglie. Anche nel difenderci, non vogliamo lasciare nessuno e nessuna senza appoggi.

Non sappiamo cosa aspettarci ancora, ma non vogliamo fermarci.

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