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Tecnologia

La mia prima settimana con Netflix mi ha cambiato la vita

7 giorni fa Netflix veniva lanciato in Italia. Qual è il bilancio dopo una settimana di utilizzo?
via Shutterstock

Ho aspettato febbrilmente l'arrivo del 22 ottobre, il Netflix Day italiano.

Potreste pensare sia una di quelle piccole ansie che la rete è in grado di creare semplicemente rendendoti bersaglio di una campagna pubblicitaria particolarmente martellante, ma in realtà c'era altro: la volontà di avere finalmente accesso a un servizio che amici e colleghi lontani dall'Italia consideravano fondamentale nelle loro vite. Come ha fatto Netflix a fare così efficacemente breccia nei nostri severi spiriti critici da consumatori?

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A sentire questi amici, clienti di Netflix da anni, il rapporto con la piattaforma si divide più o meno in due fasi. La prima—quella in cui mi trovo io—è quella dell'estasi: si passano giornate guardando il catalogo e aggiungendo centinaia di film e serie televisive alla lista del "wow, sì, lo vedrò più tardi".

Il comune denominatore di questa fase è che tutto ciò che si aggiunge alla lista, con buona pace della promessa di dedicargli del tempo, non si guarda mai. Anche perché, tanto per metterci del mio, nei primi quaranta minuti di utilizzo della piattaforma—a mezzanotte e quaranta minuti del 22 ottobre, perché ho tirato nottata e penso di essere stato uno dei primi in Italia a creare un account nel tempo record di trentasette secondi e quindici primi—ho accumulato più o meno quattro anni di materiale da visionare.

La seconda fase è quella della delusione, e cioè il momento in cui vuoi vedere un film ma, cercandolo nel catalogo, non lo trovi. E se ti girano e ne cerchi un altro, non trovi nemmeno quello. Una deriva pericolosa, perché presuppone che l'utente cominci a guardare quello che non c'è piuttosto che quello che c'è, che è un po' il problema di chi è rimasto deluso dal catalogo di Netflix in questa prima settimana.

Nei primi quaranta minuti di utilizzo della piattaforma ho accumulato più o meno quattro anni di materiale da visionare.

Certo, Netflix non offre ancora un catalogo pari a quello di Sky on Demand—tanto per citare l'unico vero concorrente del colosso americano—, ma è in continua espansione e, soprattutto, offre un'interfaccia che lo catapulta immediatamente a un altro livello.

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Per capirci: ho cominciato a votare tutti i film e le serie televisive che ho già visto, per alcune ho anche lasciato una piccola recensione. Questo, oltre che rinfrancare il mio ego, serve al programma per farsi un'idea dei miei gusti e si traduce in un mucchio di suggerimenti personalizzati che tante volte finiscono per segnalarmi la presenza di materiale che mi era passato sotto al naso senza farci caso.

L'algoritmo è un po' sballato—del tipo che mi suggerisce I Griffin perché mi è piaciuto molto La Promessa dell'Assassino—, ma a volte riesce nel suo intento, fa collegamenti azzeccati e fornisce una visione chiara di un catalogo che ogni giorno conta nuove presenze.

Ma com'è la mia vita una settimana dopo Netflix?

Ora ho una lunghissima lista di serie TV e film da vedere—ironicamente, una delle punte di diamante della mia "watch-list" riguarda la sezione documentari, ricca di produzioni originali Netflix e di punti di vista prima sommersi nel mare delle fiction e dei blockbuster hollywoodiani. E anzi, sembra proprio che Netflix voglia fare di queste sue "non-fiction" la vera novità della sua offerta.

L'homepage del mio catalogo Netflix.

Nonostante molti non siano d'accordo, il catalogo è ben più che ricco e la vera rivoluzione arriverà quando potremmo godere appieno della politica di Netflix: sto parlando dell'uscita di tutti gli episodi delle serie televisive proprietarie in un'unica soluzione. La prima serie che porterà questo vento di cambiamento sarà Marvel's Jessica Jones, erede spirituale del successo di Daredevil, ma sono molto curioso di sapere come Netflix si comporterà con Orange is the new Black. Per quest'ultima i diritti in condivisione con Mediaset probabilmente metteranno a confronto il vecchio modo di intendere la serialità—una puntata per volta, ogni settimana, col finale a fare da traino per una lunga e angosciante sette giorni d'attesa che però fa parte del gioco—e il nuovo modo di fruire delle serie televisive—tutto e subito, come un grande film a puntate, e ormai il budget e il livello di tante produzioni è proprio quello cinematografico—: per quanto mi riguarda il confronto è inglorioso.

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Ho anche pianificato di comprare un Google Chromecast, per vedere Netflix su tutte le televisioni di casa, e farmi seguire come un cagnolino negli spostamenti pur mantenendo il segno dei miei programmi preferiti, grazie all'opzione che ti permette di riprendere la visione esattamente da dove ti eri interrotto.

Sì, mi rendo conto che la cosa mi fa apparire un po' come un teledipendente, ma ho centinaia di ore di materiale in lista d'attesa, capitemi: devo ottimizzare i tempi morti. Figuratevi che ho addirittura provato a vedere Netflix in treno, ma la connessione di Italo non era d'accordo. Si vocifera, comunque, che qualche fortunato ci sia riuscito e abbia goduto della compagnia di Narcos durante il viaggio.

Alcuni utenti recriminano a Netflix di aver creato prodotti televisivi talmente coesi da essere ormai vicini alla struttura di un film e quindi inaccessibili per chi sceglie di cominciare a seguirli in modo non lineare.

Non ho nemmeno provato a installare un VPN—grazie al quale è possibile utilizzare il catalogo di qualsiasi paese estero accedendo con il proprio account italiano—perché ho già fatto indigestione di materiale nel catalogo nostrano, e la possibilità di scegliere lingua e sottotitoli mi accontenta in tutto e per tutto.

La verità è che già ora Netflix dà accesso a una quantità di materiale è semplicemente incredibile, e che ben presto crescerà ancora di più. Non è un caso che il termine binge watching, che potremmo tradurre come visione compulsiva del "prossimo episodio" che ti prende durante la visione di una serie TV—e ci sono anche degli studi davvero accurati sul momento esatto in cui questo gancio ti cattura—, sia stato inventato praticamente con l'arrivo di Netflix, Hulu e gli altri servizi di streaming.

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Questo banchetto virtualmente infinito ha però scontentato alcuni tipi di spettatore: questi utenti recriminano a Netflix, o meglio alla pratica del binge watching, di aver creato prodotti televisivi talmente coesi da essere ormai vicini alla struttura di un film e quindi inaccessibili per chi sceglie di cominciare a seguirli in modo non lineare. Indice di questo è, per esempio, la mancanza del recap all'inizio dell'episodio—proprio perché idealmente, si inizia a guardarlo non appena finito quello precedente—che rende ancora più complessa la fruizione in corsa e praticamente necessario cominciare dal primo episodio. Una posizione bizzarra—per me + impensabile cominciare a seguire prodotti strutturati in modo così complesso come le serie televisive di oggi da un punto qualsiasi—ma a quanto pare non così estrema.

Un paio di considerazioni finali. La prima è che Netflix ha davvero svoltato la mia vita di spettatore: è passato poco tempo eppure mi sembra già impossibile tornare indietro. Il secondo è che in questi giorni mi è capitato di leggere molti lamentarsi del fatto che—e tenetevi forte—Netflix sia un servizio a pagamento. Insomma: dov'è la convenienza nel pagare quando si può avere la stessa cosa gratis grazie ai torrent o a Popcorn Time?

Lungi da me fare la predica verso una pratica come la pirateria che, insomma, chi è senza peccato scagli la prima pietra e così via, ma qua il servizio è davvero valido e nuovo. A tutti gli scettici direi di approfittare del primo mese di prova gratuito, di innamorarsi dei lati positivi di una piattaforma che fa decisamente il suo lavoro, di mettersi davanti allo specchio e cercare di sostenere che il servizio non vale il prezzo di un biglietto del cinema. Una volta al mese.

Se la risposta è che non ne vale la pena, allora probabilmente parliamo di quelle persone che non avrebbero sottoscritto un abbonamento a Netflix nemmeno se fosse costato due euro al mese—significa non avere un'educazione verso la cultura della legalità e preferire a ogni costo scaricare illegalmente. Insomma, parliamo un un po' di quelli che a Roma chiamiamo poveracci e non sottintendendo una scarsa disponibilità economica, quanto piuttosto l'incapacità di riconoscere che qualcosa di buono si sta muovendo, finalmente.

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