'Mangia, che il pesce non è pene': la storia di Waldo Bernasconi, 'guru dell'anoressia'
Illustrazione di Yara de Freitas.

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'Mangia, che il pesce non è pene': la storia di Waldo Bernasconi, 'guru dell'anoressia'

La domanda che sorge spontanea una volta entrati in contatto con i personaggi di questa vicenda è: come è possibile che non li abbiano fermati prima?

Nota dell'autrice: i nomi delle vittime sono inventati per proteggerne la privacy. Il sostantivo "paziente", visto che i fatti ruotano per lo più attorno a pazienti donne, sarà declinato al femminile. Buona parte del materiale usato per ricostruire i fatti proviene dall'archivio del giornalista Vittorio Malagutti e dalle motivazioni della sentenza del primo grado di giudizio.

La struttura che ospitava la clinica per i disturbi alimentari fondata da Waldo Bernasconi si trova ancora oggi arroccata sull'area collinare della periferia di Lugano, nella frazione di Breganzona. È un palazzo dall'aria anonima a strisce rosa e indaco, e a una prima e fugace occhiata non sembra abbandonato. La pittura sui muri esterni dell'edificio è ancora intatta. Dalla porta a vetri si intravede l'interno della hall, il banco dell'accettazione e una serie di barelle e strumenti medici che sembrano essere stati lasciati cadere nell'esatto momento in cui la struttura ha smesso di essere attiva. Sopra la porta d'ingresso spicca in azzurro il nome della clinica: sanaVita.

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Nella storia di sanaVita e del suo fondatore i disturbi mentali, la fragilità emotiva e la violenza sessuale e psicologica si intrecciano per tessere la trama di un racconto di cronaca tanto coinvolgente quanto drammatico. In una dimensione ideale, in un paese preparato ad affrontare la malattia mentale e a pensare alla professione psicologica con la dignità che le spetta, le protagoniste di questa storia non sarebbero state delle vittime. Perché la domanda che sorge spontanea una volta entrati in contatto con i personaggi di questa vicenda è: come è possibile che non li abbiano fermati prima?

Ma procediamo con ordine: Waldo Bernasconi, fondatore di SanaVita, nasce a Lugano nel 1945. Questa è una delle poche informazioni indisputabili che è possibile raccogliere su di lui dalla biografia presente sul suo sito. Per il resto, come dimostrato durante il lungo processo che lo ha visto accusato di associazione a delinquere a scopo di truffa (accusa da cui è poi stato assolto in primo grado), abuso della professione (accusa poi prescritta) e violenza sessuale, la vita di Bernasconi è avvolta in una matassa di titoli di studio falsi e onorificenze scientifiche conferitegli da istituzioni che la stampa ticinese ha definito "prive di qualsiasi riconoscimento formale nell'Unione Europea."

Eppure è proprio grazie a queste onorificenze che nel 1989 Bernasconi riesce a entrare nell'albo degli psicologi della Toscana: in Italia, in alternativa alla laurea in medicina o psicologia, l'iscrizione all'albo (in sede di prima applicazione della legge) si poteva richiedere dimostrando di aver lavorato per un periodo di almeno tre anni in campo psicologico, ottenendo risultati scientifici e accademici straordinari. Tra i vari documenti presentati  da Bernasconi per usufruire di questa clausola, compare quello del periodo di insegnamento all'università La Jolla, una struttura bucalettere mai riconosciuta dal Canton Ticino il cui nome richiama la sede della prestigiosa University of California (situata a La Jolla, San Diego). In calce al documento ufficiale si legge la firma del "gran cancelliere" dell'università, tale Rosario Carpinteri, giardiniere e factotum di Waldo Bernasconi.

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Circa due decenni più tardi, dopo un'istruttoria, Bernasconi viene radiato dall'albo professionale.

La prima volta in cui il suo nome viene associato a episodi di violenza sessuale è invece a cavallo del millennio. Durante le mie ricerche mi sono imbattuta in un blog del 2007. Uno dei post riguarda un avvenimento di cronaca del Canton Ticino risalente alla fine degli anni Novanta, quando durante un processo per abusi sessuali su minori un padre prova a legittimare l'incesto con le teorie psicologiche di Waldo Bernasconi. L'uomo aveva infatti seguito un corso tenuto da Bernasconi nella sua scuola, la West Deutsche Accademy con sede a Massagno—anch'essa non riconosciuta dalle autorità ticinesi, come riportato dalla rassegna stampa risalente a quegli anni.

Grazie all'aiuto del giornalista Vittorio Malagutti, che per primo ha raccontato i fatti che hanno avuto luogo a sanaVita, sono entrata in possesso degli interrogatori risalenti a quegli anni. Nelle carte, l'uomo, che aveva avuto per circa cinque anni rapporti con la figlia maggiore, racconta le lezioni con Bernasconi: la masturbazione reciproca, spacciata per massaggi bionergetici nelle zone erogene, era all'ordine del giorno. L'uomo sostiene di aver fatto un favore alla figlia, di averla sbloccata e aver contribuito alla sua liberazione sessuale e alla disinibizione fisica grazie allo scioglimento dell'energia organismica propria di tutti gli esseri umani, come insegnato da Bernasconi. Quest'ultimo, interrogato sulle dichiarazioni dell'uomo, specifica la mediocrità dell'allievo e nega di aver mai masturbato i suoi alunni.

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Ma non è per questi episodi che nel 2016 Waldo Bernasconi—nel frattempo associato sulle cronache all'appellativo "guru dell'anoressia"—sarà ritenuto definitivamente colpevole dalla corte di cassazione di violenza sessuale aggravata ai danni di quattro sue pazienti, violenza commessa in nome del suo presunto protocollo terapeutico.

Un cartello che indica la casa di cura sanaVita, a Breganzona. Tutte le foto dell'autrice.

SanaVita è il secondo tentativo di mettere in piedi una clinica per i disturbi alimentari da parte di Bernasconi. Il primo esperimento si chiamava Crisalide e si trovava ai piedi del Lago di Lugano, a Morcote. Questa prima struttura ha vita breve. Infatti, a differenza di quanto dichiarato dal suo fondatore, non soddisfa i requisiti minimi per essere considerata una clinica, e viene chiusa—riporta la stampa ticinese dell'epoca—"al fine di tutelare la salute e la personalità dei potenziali pazienti." È così che poco tempo dopo appare sanaVita, sempre in Ticino, che fin da subito si distingue da Crisalide nell'ammettere la propria natura di kurhaus, casa di cura a basso "contenuto sanitario."

SanaVita è la tappa finale di un processo di scrematura e selezione delle potenziali pazienti che ha inizio con un primo contatto telefonico o virtuale al Forum Crisalide. Quest'ultimo è amministrato da Piero Billari, stretto collaboratore di Bernasconi che, pur non avendo mai ottenuto alcuna laurea (come risulta chiaro dagli atti processuali), si presenta alle papabili candidate come dottore, counsellor, sociologo e terapeuta.

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All'interno degli uffici di Crisalide, con sede a Como, è attivo un numero verde che fornisce informazioni su eventuali terapie e strutture dedite al trattamento dei disturbi dell'alimentazione. È presente anche il sito del Forum Crisalide, attraverso cui è possibile prendere contatto con gli operatori di sanaVita. Oggi del sito web non c'è più traccia. Si riescono a recuperare solo alcuni forum di più di dieci anni fa, in cui gli utenti chiedono informazioni imparziali su Bernasconi ottenendo, di solito, risposte negative.

Le testimonianze delle ex-pazienti, a prescindere dall'esperienza con Bernasconi e collaboratori, sono invece piuttosto sbalorditive. Nelle motivazioni della sentenza di primo grado si legge che la maggior parte delle ragazze costituitesi parte civile ricorda di essere stata sorpresa dalla qualità del primo contatto con gli operatori del numero verde. Per la prima volta, dopo anni di alimentazione forzata e psicofarmaci, si ritrovano a parlare con persone che apparentemente capiscono il loro stato d'animo e la loro malattia, senza considerarle solo incarnazioni di una diagnosi psichiatrica.

L'ingente quantità di persone che contatta il numero verde in quegli anni è facilmente spiegabile: non è infrequente trovare Billari accompagnato da qualche ex paziente o testimonial (un esempio riportato nelle motivazioni della sentenza è Roberta Capua, Miss Italia 1986) che pubblicizza la clinica durante trasmissioni molto seguite, come Domenica In o il Maurizio Costanzo Show. Buona parte dei familiari delle pazienti riferisce di essere venuta a conoscenza delle cure di Bernasconi proprio grazie alle comparsate di Billari in televisione.

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Quello che invece non risulta chiaro è quanto sia forte la spinta, da parte degli operatori, al ricovero a sanaVita. Alcune ex-pazienti e familiari, durante la fase di inchiesta condotta dal PM di Como Mariano Fadda, ricordano di non aver ricevuto informazioni sul ventaglio di centri di ricovero alternativi sul territorio italiano; altre sostengono di aver ottenuto un quadro globale delle varie opzioni disponibili.

Secondo Galia Novachova, collaboratrice di Bernasconi fino a un anno prima dell'apertura dell'inchiesta su sanaVita, il compito degli operatori di Crisalide è quello di selezionare per la clinica di Waldo ragazze figlie di genitori benestanti, e cercare di spingere le altre a trovare i soldi per il ricovero: "Dovevamo anche convincere le pazienti che avevano una casa a venderla per pagare le rette di sanaVita," dice in aula. "Non dovevamo perdere tempo con la gente che non aveva i soldi per andare. Dovevamo spiegare che potevano chiedere il rimborso della retta alle loro Asl."

Il soggiorno a sanaVita è un salasso. La fattura del dicembre 2003 indirizzata ai genitori di una paziente, e successivamente consegnata dagli stessi genitori a Vittorio Malagutti, lo testimonia. La retta quotidiana è di 450 franchi svizzeri per un totale mensile di 13.950 franchi, circa 13.000 euro. A questa somma si aggiungono le "prestazioni specialistiche esterne", i "medicamenti esclusi dal 'protocollo Crisalide'" e le spese telefoniche.

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Il servizio sanitario nazionale italiano rimborsa le cure in cliniche ad alta specializzazione all'estero qualora non siano disponibili opzioni analoghe sul territorio nazionale. È grazie a questa procedura che, secondo quanto riporta la procura di Como, in quegli anni "proventi non inferiori ad euro 12.860.000 […] venivano incamerati per circa la metà nel patrimonio di Bernasconi" e, per l'altra metà, suddivisi tra i collaboratori imputati.

Per capire meglio il motivo della mancata condanna per associazione a delinquere a scopo di truffa, potrà aiutare ricordare che stiamo parlando di fatti avvenuti quasi vent'anni fa, un periodo in cui l'Italia è completamente impreparata ad affrontare i disturbi alimentari, e le cliniche che permettono un soggiorno stabile e una terapia specifica si possono contare sulle dita di una sola mano. Questa situazione fa sì che sia le ragazze che i loro familiari siano disperati. Molti di loro, durante la fase di inchiesta, riferiscono che l'incontro con Bernasconi inizialmente sembra un miracolo: pochi si interrogano sulla figura del dottore, e quelli che lo fanno decidono di non indagare oltre. Del resto, se il protocollo terapeutico sortisse un effetto positivo sulle figlie, che importanza potrebbe avere un titolo accademico in più o in meno?

La gran parte delle Asl interessate, d'altro canto, manda degli operatori a effettuare delle indagini su sanaVita prima di acconsentire alla richiesta di rimborso. Non trovano nulla che non vada. Se chiedessero direttamente alle autorità elvetiche, otterrebbero questa risposta: sanaVita, come si legge in un documento del Dipartimento della sanità ticinese risalente al 26 agosto 2003, "non è una clinica abilitata alla cura di pazienti sofferenti di disturbi alimentari ma una casa di cura per pazienti adulti autonomi e autosufficienti. […] Le prestazioni offerte da questa struttura non sono riconosciute dalla LAMal [legge federale sull'assicurazione malattie] ovvero non prese a carico dal nostro sistema assicurativo pubblico e obbligatorio."

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SanaVita oggi, al momento della stesura dell'articolo.

La seconda tappa dopo il Forum Crisalide è CasaDAP. L'acronimo DAP sta per "disturbi psicogeni dell'alimentazione". Questa struttura si trova all'interno del parco Spina Verde, poco distante da Como, e viene definita una struttura residenziale a breve termine. Lo scopo dichiarato è quello di far prendere coscienza del disturbo alle pazienti. Concretamente è il trampolino che spingerà le ragazze a farsi ricoverare a Breganzona. Il personale di CasaDAP è lo stesso di sanaVita, e quindi questo è anche il luogo in cui le pazienti fanno la conoscenza diretta, oltre che di Billari, di Bernasconi e Isaac George.

George è il culmine della surrealtà della vicenda. Chi ha dimestichezza con il cinema e la televisione italiana degli anni Ottanta e Novanta, si ricorderà di lui specialmente per il ruolo di Aziz, cameriere di colore di casa Zampetti nella fortunata serie I ragazzi della III C, o per i suoi numeri di cabaret in Drive In. Qualche anno dopo e tramite una serie di passaggi nebulosi, Isaac George si ritrova a fare teatro-terapia e arte-terapia a sanaVita. Sebbene non si fregi di titoli accademici fasulli o inesistenti, come si legge nelle motivazioni della sentenza di primo grado, George dichiara di essere uno specialista nella teatro-terapia e le ragazze riferiscono che spesso assume il ruolo di counsellor.

Il ricovero a sanaVita, stando sempre al materiale raccolto, ha una durata di circa un anno ed è suddiviso in tre fasi: inizialmente le pazienti non possono avere alcun contatto con il mondo esterno, inclusi i familiari; in un secondo momento i contatti possono essere saltuari e brevi, per poi intensificarsi nell'ultima fase, quella che condurrà alla dimissione. Le pazienti, una volta lasciata la struttura, continuano comunque ad avere rapporti con Bernasconi e in generale con la galassia Bernasconi (suggestiva espressione del PM di Como, Mariano Fadda). Spesso finiscono a lavorare al forum Crisalide o continuano a uscire ed entrare da sanaVita come pazienti o dipendenti, alternativamente.

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Il soggiorno a sanaVita è caratterizzato da una routine comune che comprende varie attività sociali tra cui la teatro-terapia, arte-terapia, visione di film, ginnastica dolce e massaggi. La terapia individuale con Bernasconi si tiene di solito nel suo studio a Campione d'Italia (si è dovuto spostare dal territorio svizzero dopo essere stato formalmente diffidato dalle autorità locali, come fa notare Fadda durante il processo).

Paradossalmente, malgrado la clinica si occupi di disturbi alimentari, il regime dietetico è comune a tutte le pazienti. L'unica cosa che cambia sono le porzioni. Addirittura secondo Linda, una ex-paziente che ha rilasciato una testimonianza al sito di news del Canton Ticino nel 2007, a sanaVita nessuno controlla che le pazienti mangino. La dieta, i farmaci e la terapia—che Bernasconi non è autorizzato a prescrivere—si basano su esami fantasiosi, senza fondamento scientifico. Tra questi Mariano Fadda cita il "test della saliva" che serve a stabilire la reale età biologica delle ragazze.

Il protocollo terapeutico applicato nella clinica consiste invece nella messa in pratica della "teoria neoreichiana" ideata da Bernasconi. Reich è una figura importante e controversa della psicoanalisi del '900. Ebreo austriaco, concentra i suoi studi sul sesso, apportando brillanti intuizioni al tema della sessualità quale base eziologica dei disturbi mentali, salvo poi scivolare dall'originalità al fantastico negli ultimi anni della sua vita.

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Anche nella rivisitazione del modello reichiano da parte di Bernasconi il corpo e la sessualità del paziente sono in primo piano. La terapia è sia verbale che corporea. Nella cura dei disturbi alimentari il recupero della sessualità, della femminilità e della seduzione rappresenta l'obiettivo terapeutico prioritario di Bernasconi. Le sue strategie, così come ricostruite dalle testimonianze delle ex-pazienti e dal manifesto della sua scuola, comprendono la vesto-terapia, lo scioglimento dei blocchi energetici e i cinque movimenti, teoria che purtroppo mi è impossibile esporre decentemente perché eccessivamente "strampalata".

La vesto-terapia consiste nel portare le ragazze a Lugano a fare shopping. I vestiti acquistati devono essere sexy: biancheria, minigonne inguinali, calze autoreggenti e maglie trasparenti. In seguito si allestiscono dei set fotografici artigianali dove le ragazze posano come modelle. Le foto vengono poi appese alle pareti della clinica. I blocchi energetici vengono invece trattati con massaggi grossolanamente ispirati alla teoria orientale dei meridiani energetici e dei chakra. Questi massaggi saranno al centro delle testimonianze di molte delle ragazze ascoltate in aula perché si concentrano il più delle volte nelle zone pubiche.

Il cartello all'ingresso di sanaVita.

Per quanto riguarda la messa in pratica della teoria dei cinque movimenti, questa consiste nel simularne in particolare due: quello della sottomissione e quello della seduzione. L'attuazione di questi due "movimenti" si concretizza in quello che il Prof (così chiamato dalle sue pazienti) definisce complessivamente il vieni. Le ragazze devono assumere atteggiamenti seduttivi, ballando al ritmo del Bolero di Ravel e provocando esplicitamente i terapeuti. Nel movimento della sottomissione, le pazienti devono recitare la scena del "sergente maggiore" e della "zattera". Nel primo caso il terapeuta ha il controllo più totale: può dare qualsiasi ordine, anche il più umiliante, e sottomettere completamente la paziente fino a mortificarla del tutto. Spesso l'ordine è quello di strisciare e supplicare. La performance della paziente può non essere ritenuta idonea o sincera, giudizio che sfocia nella ripetizione della scena fintanto che il terapeuta non si ritenga soddisfatto. La scena della zattera ricalca la situazione dei profughi in mare in lotta per l'ultimo posto sulla barca. Le pazienti sono in competizione tra loro e lottano disperatamente per arrivare prime sul materassino che simboleggia l'imbarcazione.

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Vittorio Malagutti, al tempo della stesura dei suoi articoli, intervista i familiari delle pazienti e talvolta le pazienti stesse. I suoi appunti ribadiscono ancora una volta come l'atmosfera all'interno della clinica sia pregna di riferimenti sessualmente espliciti.

Vittoria, ricoverata a sanaVita nell'estate del 2006, ricorda che la prima cosa che Bernasconi le dice quando la vede mangiare è: "Mangia, che il pesce non è pene." Un'altra volta le dicono di cambiarsi perché "tette e culo non sono abbastanza in mostra." Durante la messa in scena del sergente maggiore Vittoria si prende una scarpata sul collo da parte di Isaac George.

Sara racconta la sua breve permanenza a sanaVita da operatrice descrivendo l'esperienza come surreale. Le minigonne vengono appositamente accorciate perché si vedano le natiche, soprattutto nella scena della sottomissione, durante la quale le ragazze devono strisciare con la faccia sul pavimento. Sara dice di aver visto molte ragazze piangere. Il tema del corpo e quello della vergogna, come intuibile, sono centrali nei disturbi dell'alimentazione. Per molte delle ragazze ricoverate a sanaVita, essere costrette a esibire una sessualità caricaturale in ogni circostanza rappresenta di fatto un trauma giornaliero ed esasperante.

Sara testimonia anche quanto, a parte la terapia incentrata sulla sessualità, non si segua alcun tipo di protocollo sanitario. Questa caratteristica rende la struttura un posto molto pericoloso per quelle pazienti a rischio di autolesionismo e suicidio.

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Il solo medico presente nella struttura è tale Giuseppina Bona Carlevaro, il cui unico compito, secondo il PM Fadda, è firmare le ricette prescritte da Bernasconi. Gli infermieri sono per lo più pazienti che non hanno i soldi per pagarsi la permanenza a sanaVita o ex pazienti che continuano a gravitare attorno alla figura del dottore. 

L'assenza di personale sanitario preparato è sicuramente una delle cause che porta Viola, affetta da anoressia e da un grave disturbo depressivo, a finire in ospedale per episodi di autolesionismo durante la degenza a Breganzona. I genitori di Viola raccontano a Malagutti di avere avuto un primo contatto con Billari. Quest'ultimo,  dopo essersi accertato della situazione economica della famiglia, spinge per il ricovero della ragazza che avviene nel gennaio del 2000. Durante la permanenza, Viola tenta il suicidio e si ferisce più volte: il 4 agosto di quell'anno viene ricoverata d'urgenza all'ospedale di Lugano con delle profonde ferite all'addome provocate da un coltello seghettato da cucina. Bernasconi riesce a far dimettere la paziente senza che il personale ospedaliero chiami le forze dell'ordine. La riporta quindi a sanaVita contro il parere dei medici.

Dieci giorni dopo fa firmare una dichiarazione scritta ai genitori di Viola in cui questi ultimi devono affermare di essere al corrente che la Casa di Cura sanaVita non è un istituto psichiatrico, e di assumersi tutte le responsabilità nel caso in cui la figlia si faccia male o ne faccia agli altri. Eppure, poco più di un mese prima, Bernasconi aveva fatto firmare ai genitori di Viola una dichiarazione che recitava l'esatto contrario: "la nostra struttura è attrezzata sia da un profilo medico che rieducazionale-psichiatrico, che non trova uguali nella Repubblica Italiana."

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Il caso più drammatico ed emblematico è però quello di Giulia, una ex paziente che nel 2005 si getta dal ponte del Tartano a Morbegno (SO). Il suo diario, ritrovato dalla madre a distanza di qualche giorno dalla morte della figlia, sarà cruciale per la condanna di Bernasconi. La motivazione della sentenza ne riporta interi stralci, qui citati.

Giulia conosce Silvia Angoletti, operatrice di sanaVita, nel 2003. Da quel momento in poi entra in contatto con Billari, che inizia a tartassarla di telefonate fino al 25 agosto, data in cui viene predisposto il suo ricovero a sanaVita, motivato da un disturbo anoressico accompagnato da una lieve depressione che sembra si stia intensificando. Inizialmente le cose sembrano andare bene. Nel dicembre dello stesso anno i genitori le fanno visita, e a marzo del 2004 le è permesso di tornare a casa tutte le domeniche a patto che inizi una terapia individuale con Bernasconi nello studio di Massagno. Poco dopo la situazione psicologica precipita e Giulia è costretta a tornare a sanaVita stabilmente. Ne uscirà nel dicembre del 2005.

Il diario copre il periodo che va dal 13 giugno del 2004 fino al 14 settembre dello stesso anno. Le pagine testimoniano la drammatica situazione di Giulia e la continua manipolazione psicologica operata da Bernasconi nei suoi confronti, nonché gli abusi sessuali.

Bernasconi dice infatti a Giulia di voler stare con lei, che una volta finita la terapia Giulia diventerà la sua donna. Deve però disinibirsi, deve mostrargli quanto tiene a lui, quanto lo vuole sedurre. Comincia così a ricattarla emotivamente: Giulia deve smetterla di essere timida, di non prendere mai in mano la situazione. Se continua così, se non è pronta a concedersi completamente tanto vale che cambi terapeuta. Giulia è fortemente segnata da queste parole e comincia a sentirsi in colpa per essere così inibita al livello fisico ed emotivo e si dispera perché non riesce a soddisfare il Prof: "Mi ha detto che sarebbe meglio se cambiassi analista, mi ha chiesto cosa potevamo fare oggi. Io non ho saputo rispondere e lui <>. […] L'unica soluzione che vedo ora sarebbe quella di morire."

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Giulia si sforza di essere esplicita nel mostrare i suoi sentimenti e così la terapia riprende più intensamente tra palpeggiamenti, baci e rapporti sessuali. Bernasconi arriva a farsi dire da Giulia che lo ama e le parla insistentemente di sesso. Le dice che si è innamorato. Le chiede sempre più spesso di sedurlo, di danzare davanti a lui svestendosi e di sederglisi sulle gambe così da poter sentire i suoi genitali.

Passate un paio di settimane dall'inizio del diario, Bernasconi comincia a comportarsi in maniera sempre più aggressiva e manipolatoria. Chiede a Giulia perché sia così distante, perché gli stia dicendo sempre meno che lo ama. Per un po' di giorni la situazione sembra stabilizzarsi—fino al 27 luglio, quando Giulia scrive: "Non ce la faccio proprio a stare ancora qui, voglio la mia vita fuori, voglio vivere la mia gioventù con i ragazzi della mia età."

Vista la resistenza della ragazza, che inizia a provare sentimenti contrastanti e violenti nei confronti di Bernasconi, quest'ultimo il 19 agosto arriva—secondo quanto raccontato nel diario—a somministrarle del Lexotan a sua insaputa. La ragazza è sempre più esasperata dalla situazione: "il solo pensiero di passare la mia vita accanto a lui mi uccide […] perché cazzo non può accettare che non lo ami, me ne voglio andare via da questo posto. Oramai qualsiasi cosa dica è per colpa della malattia, io non posso avere dei pensieri, dei sentimenti sani, mi sembra ovvio, io oramai sono condotta a vita ad amarlo, se dovesse cambiare qualcosa è MALATTIA!!"

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È nel momento in cui Giulia cerca di allontanarsi definitivamente che Bernasconi le diagnostica un disturbo borderline, e dice alla madre che la ragazza non può tornare a casa a trovarla, rendendola di fatto sua prigioniera. Riesce così a far sì che Giulia si riavvicini a lui. L'ultimo stralcio del diario cita una cena in cui il Prof. la palpeggia pubblicamente tra le risate dei commensali.

La madre di Giulia, al rientro della figlia dalla clinica avvenuto nel dicembre del 2004, la trova particolarmente provata. Giulia nel gennaio del 2005 va a trovare un'amica e le confida gli abusi subiti durante la terapia. Una volta tornata a casa racconta tutto anche alla madre. Le dice che in clinica "sembravano tutte delle puttane." E infatti nel diario racconta che il 20 agosto, un'altra paziente, Federica, le chiede la retina in prestito perché deve vestirsi da prostituta per la seduta con il Prof.

Durante quest'unica conversazione avuta con la madre sull'argomento, Giulia si sfoga e racconta dei rapporti sessuali con il terapeuta. Tra le altre cose, le confida che durante le sedute di analisi individuale la scena del sergente maggiore doveva essere effettuata da nuda.

L'esterno di sanaVita.

Maurizio (nome di fantasia), uno psichiatra da me rintracciato che ha preferito restare anonimo, mi racconta di aver avuto qualche ex-paziente di SanaVita in terapia che gli ha raccontato ulteriori abusi. A volte nel fine settimana le ragazze più attraenti verrebbero portate in uno chalet nelle Alpi Svizzere. Assieme a Bernasconi sarebbero presenti anche Piero Billari e George Isaac. Durante questi weekend, spacciati per workshop, le ragazze sarebbero costrette a  intrattenere gli operatori di sanaVita.

Sebbene questo elemento non appaia nelle motivazioni della sentenza, vale la pena citarlo data la sovrapposizione tra i racconti delle pazienti di Maurizio e la testimonianza di Linda, una ragazza che nel 2007 racconta a Tio (già citato sito di news del Ticino) la sua esperienza con sanaVita: "Una sera, facendoci tra l'altro saltare il pasto (non controllavano mai se mangiavamo o no), ci hanno portato in Svizzera senza dire niente ai miei genitori.[…] Ho visto una casa di appuntamenti, altro che clinica. Era percepibile che lì dentro ci si drogava e si faceva sesso. E Bernasconi secondo me se le faceva tutte. […] La villa all'interno era piena di specchi. Ed io pensavo che la cosa fosse positiva perché se delle ragazze che non amano il proprio corpo riescono a vivere 24 ore su 24 circondate da specchi, vuol dire che la terapia funziona. Ma poi ho notato delle foto di queste ragazze nude, appese. La loro spiegazione era che queste foto facevano parte della terapia, e che serviva ad accettare il proprio corpo. E io ho pensato che non avrei mai fatto una cosa simile. È lì che mi sono detta: io scappo."

Ciò che risulta agli atti è invece un'ulteriore accusa di violenza sessuale aggravata perpetrata da Waldo Bernasconi ai danni di un'altra paziente, Francesca. In questo caso l'abuso è rappresentato da pressanti inviti a masturbarsi davanti al terapeuta, e a spogliarsi danzando. La paziente in questione è una ballerina, informazione che Bernasconi usa per giustificare l'insistenza delle richieste. Mentre Francesca esegue, Bernasconi si masturba.

Altre testimoni hanno inchiodato anche Piero Billari e Isaac George, ugualmente colpevoli di violenza sessuale aggravata. Isaac George è stato condannato a quattro anni e quattro mesi di carcere—come Billari—per violenza sessuale ai danni di Livia e Silvia. Isaac George, durante il massaggio bioenergetico, tocca loro i genitali per poi fargli sentire la sua erezione insistendo per avere un rapporto sessuale.

Ad accusare Billari è invece Alessandra. Quest'ultima si rivolge al forum Crisalide e viene indirizzata immediatamente da Billari a CasaDAP per un breve soggiorno durante il quale le consigliano di entrare a sanaVita per almeno otto mesi. Prima del ricovero, Alessandra partecipa a un workshop di cui ricorda una delle attività volte allo sblocco energetico: masturbazione reciproca in una stanza buia.

Nella sua permanenza a sanaVita, Alessandra è in terapia con Billari con cui continua a sentirsi anche telefonicamente. Durante le telefonate, mentre Alessandra parla, Billari ansima pesantemente, come se si stesse masturbando. Ad Alessandra viene raccomandato di recarsi in terapia vestita in maniera provocante. Nel corso delle sedute, Billari la palpeggia per "sbloccarla". I palpeggiamenti sfociano poco tempo dopo in un rapporto completo.

Fin qui ho citato le testimonianze delle vittime che si sono costituite parte civile contro sanaVita e il suo fondatore. Sarebbe intellettualmente disonesto non parlare di quelle ragazze che ancora adesso difendono apertamente quel protocollo terapeutico che sostengono le abbia aiutate a uscire dalla malattia. Nella motivazione della sentenza c'è anche un paragrafo dedicato a questo tema.

Sembra infatti che il tasso di remissione dei disturbi nella clinica sanaVita si aggirasse attorno al 50 percento, statistica che a prima vista potrebbe far pensare che il protocollo bernasconiano non fosse del tutto campato in aria. Io stessa, da addetta ai lavori, ammetto di essermi posta delle domande. Per risolvere i miei dubbi ho consultato Maurizio. Gli ho chiesto come spiegava un tasso così significativo di guarigione. Maurizio mi ha risposto che in realtà quella percentuale di remissione è piuttosto comune quando si tratta di disturbi alimentari. Bisogna pensare che questi ultimi vengono spesso esacerbati da situazioni familiari e condizioni di vita strettamente legate al contesto. Il momento in cui le ragazze si allontanavano da casa era già di per sé un fattore importante nel processo di guarigione, a cui si aggiunge anche l'effetto placebo—preponderante nella cura dei disturbi psicologici, è spesso uno strumento utilizzato consapevolmente dal personale sanitario al fine di aiutare i pazienti. Un altro fattore è quello legato alla figura di Bernasconi. Da tutto ciò che ho raccontato si evince con chiarezza quanto dovesse essere forte il suo ascendente sulle ragazze.

C'è poi anche un altro elemento a mio parere importante e direttamente collegato a questo tema: non tutte le pazienti di sanaVita hanno subito abusi. Quest'informazione è cruciale perché da una parte può spiegare il motivo per cui alcune delle delle ragazze di sanaVita difendono il suo fondatore, e dall'altra risolve un dubbio che mi è sorto spontaneamente durante la raccolta di materiale per la stesura del pezzo e che riguarda gli intenti originari di Waldo Bernasconi. Quest'ultimo, psicologo tanto scriteriato quanto carismatico, poteva essere due cose: il prodotto di ignoranza, ingenuità e buona fede sfociati poi in comportamenti francamente inaccettabili e dannosi; oppure il prodotto di disonestà e inganno uniti a una sorprendente abilità manipolatoria e calcolatrice. Se Bernasconi avesse applicato il suo protocollo sistematicamente su tutte le pazienti, non sarebbe stato—ovviamente—un elemento sufficiente per scusarlo, ma avrebbe dato un'altra sfumatura agli eventi.

La risposta a questo interrogativo è arrivata quando ho letto la testimonianza di Maria, citata negli atti processuali. Quest'ultima racconta che Bernasconi esibisce comportamenti diversi e richiede cose differenti in base alle caratteristiche delle pazienti: quelle belle e fragili sono definite "cavalli di razza". Per loro, la cura comprende l'abuso.

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Al momento della stesura di questo articolo, Bernasconi risiede in Svizzera malgrado la sentenza di colpevolezza per violenza sessuale e la condanna in via definitiva a sei anni e sei mesi. Isaac George è latitante. Alcune voci lo vorrebbero con la moglie in Inghilterra. L'unico a scontare la condanna per violenza sessuale è Piero Billari, residente in Italia.

Illustrazione di Yara de Freitas. Seguila su Instagram e Facebook.  Segui Irene su Twitter.