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Fatti bene - Una visita al Museo delle cere di Roma

Siamo stati al Museo delle Cere di Roma, il "primo in Italia e il terzo in Europa," e ci siamo chiesti perché se Dio è buono e giusto ha permesso tutto questo dolore.

Foto di Niccolò Berretta.

Nel 1820 Friedrich Hegel durante le lezioni di estetica a Berlino spiegava ai suoi studenti che la funzione della scultura è "raffigurare il divino come tale nella sua infinita quiete e sublimità, senza tempo, immoto." Tra i suoi discepoli quel giorno a lezione mancava Fernando Canini, un circense che dopo aver visitato i musei delle cere di Londra e Parigi "decise di donare alla città di Roma nel 1958 un'analoga mostra che ponesse la capitale italiana in linea con le capitali europee d'oltralpe," regalandoci questo:

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Messi da parte in fretta i ringraziamenti a Nando, abbiamo deciso di andare a visitare il Museo delle Cere di Roma, il "primo in Italia e il terzo in Europa."

Varcato il panno rosso dell'entrata abbiamo iniziato la "passeggiata nella storia" chiedendoci subito perché se Dio è buono e giusto ha permesso tutto questo dolore.

Le statue del museo, all'apertura del 1958, erano poco meno di cinquanta, impalate in dieci sale. Con il trasferimento a piazza dei SS Apostoli e il rinnovamento nel 2011 lo spazio a disposizione si è triplicato. "Adesso abbiamo prima di tutto più vetrine che si affacciano sulla strada in cui esporre le statue più significative," ha spiegato il direttore del museo Fernando Canini, nipote omonimo del fondatore circense. Tra le "statue più significative da esporre" annoveriamo anche il direttore stesso, travestito da antico romano per attirare clienti e drammaticamente scoperto prima ancora di fare lo straziante gesto della strizza al culo a una bambina.

Con la ristrutturazione di tre anni fa molte statue sono finite in magazzino: non soltanto le più datate come Nobel, Volta e Mastrolindo.

Viene il sospetto che siano state chiuse nel dimenticatoio anche quelle più immorali e scandalose. Come lo spericolato Vittorio Emanuele II camita ghigliottinato che si può ammirare qui sotto.

Nelle sale sono esposte soltanto le migliori statue di cere, poche ma buone: "Abbiamo deciso di puntare sulla qualità," assicura il titolare.

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In occasione del 150esimo anniversario dell'Unità d'Italia, anche il Museo delle cere ha deciso di dare il suo contributo. Da quella che una volta era la semplice "sala risorgimentale" sono state tolte una garrota e una sedia elettrica (il perché fossero lì è ancora un mistero) ed è stato aggiunto un Garibaldi 2.

"La prima statua fu realizzata da mio nonno," ha detto Canini: "l'abbiamo sostituita con una nuova, utilizzando tecniche attuali per ridare al re dei due Mondi un nuovo volto"—quello di un'altra persona.

Se da una parte è vero che lo spazio del nuovo museo delle cere è aumentato, dall'altra Canini non si può definire di certo uno sprovveduto, così ha pensato bene di subaffittare la sala degli eroi del risorgimento a quelli del Das.

Alle prime statue di Chaplin e Sordi costruite dal nonno, Canini ha aggiunto quelli che secondo lui sono i "Big del cinema" = trionfo della peggiore romanità.

Il realismo di Nino Manfredi è sconvolgente. Si è dovuto appiccicare al suo maglione l'adesivo "non toccare" per evitare ai più di sedersi sulla panchina a fare la settimana enigmistica insieme.

Manfredi è senza dubbio il personaggio fatto meglio del museo. Un'opera notevole che prima di raggiungere la perfezione ha avuto bisogno di numerose prove, tutte visibili sempre in fondo a destra, nel magazzino.

A rendere le statue più realistiche rispetto a quelle di mezzo secolo fa sono i trapianti di capelli, le protesi oculari/dentarie e gli accessori originali donati al museo dalle stesse celebrità. Come il cappello del marchese del grillo:

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La sizza di Edoardo De Filippo:

Qualcos'altro da Gigi d'Alessio:

La statua del "poeta, attore, musicista napoletano" (come si legge nella didascalia) ci dà il benvenuto nella sala della musica. La prima cosa che mi metto a cercare è il fuoco fatuo che ha guidato l'allestitore della sala nell'accostare al trio Paganini-D'Alema-Strauss:

Lui:

Sul sito si annunciava la creazione di due nuove statue, "quella di Zucchero e quella di Luciano Pavarotti mentre cantavano sul palcoscenico del Pavarotti & Friends il famoso brano Miserere."

Mi chiedo cosa sia andato storto.

Nella sala della musica sono alternati compositori classici e pop, con un rapporto di 4 a 1 per gli illustri. Serve più pop italiano, si sarà detto Canini; ma non è così facile: per costruire una statua di cera bisogna chiedere all'artista i suoi vestiti, è la nuova politica (Tiziano Ferro ad esempio si vocifera abbia già dato il consenso, Vasco Rossi e Renato Zero hanno il telefono staccato).

"Durante la passeggiata nella storia" scopro che le scenografie (cfr. "i muri disegnati") non svolgono soltanto una funzione immersiva per il pubblico, ma sono degli aiuti per capire chi davanti a noi e con un palo nel culo ci sta fissando le punte dei piedi.

Se Michael Jackson è facile da riconoscere grazie alla vitiligine, nonostante l'aiuto più che didascalico

con lui sarebbe stato impossibile senza suggerimento:

Superata la sala dei letterati e pittori arriva il pezzo forte della mostra: "la raffigurazione dell’ultima seduta del Gran consiglio del Fascismo". È stata per lungo tempo la loro attrazione più famosa.

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Canini la spiega così: "Abbiamo cercato di racchiudere i temi della seconda guerra mondiale, perché ci ha coinvolto in prima persona e diciamo con l'avvento del fascismo, con la caduta del fascismo la raccontiamo più da vicino. Quando nonno l'aprì nel 1958 era l'attualità, così nonno la rappresentò ed è rimasta tale. È stata rivista e corretta però è rimasta quella": in fila al bagno del Grand Hotel di Roma:

Anche la Conferenza di Jalta è più o meno la stessa:

Nello splendore del palazzo di Livadija:

Con la scomparsa di Nelson Mandela lo scorso dicembre Fernando, aiutato dalla sua crew, nel tempo record di un mese è riuscito a preparare il suo avatar di cera. L'aveva annunciato su Repubblica: "Peserà tra i 15 e i 20 chili e raffigurerà Mandela quando uscì dal carcere, nel suo momento più popolare. Il suo volto avrà un sorriso dolce ma abbozzato, un po' sofferente e i suoi occhi saranno 'molto profondi' come lo erano nella realtà."

Dell'aspetto inquietante del museo anche il titolare sembra essere a conoscenza, e ci scherza sopra. Le leggende che si raccontano sono tante. Non soltanto apparizioni di fantasmi, ma anche persone che sono rimaste chiuse dentro e coppiette senza Dio che sono riuscite ad appartarsi nel museo.

"Una volta," racconta Canini, "una turista spagnola è svenuta davanti alla statua della bella addormentata perché pensava fosse viva."

Nell'ultima sala non potevano mancare i Big della cristianità.

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La decina di visitatori, turisti stranieri, che si trovano nel museo insieme a me si è soffermata a lungo in questa sala per gustarsi "la fotografia quasi tangibile di quello che hanno sempre immaginato nelle loro menti e che possono vedere riprodotto in cera."

Una signora si mette in posa: sfiora con la sua mano sinistra le dita di Bergoglio e con la destra gli accarezza la guancia. Il marito le chiede di voltarsi ma lei non guarda l'obiettivo e continua a sorridere alla statua di cera.

È in quest'ultima stanza, prima di uscire che capisco il senso di un museo di questo tipo. Cosa cioè ha spinto Fernando Canino nel 1958 a costruire la sua Arca di cera: dare un po' di conforto.

Quando torneranno a casa, lei e lui diranno ai loro cari che il viaggio a Roma, per assistere alla santificazione di Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII, è stato indimenticabile. Hanno anche incontrato il Santo Padre. Ci sono le prove nel cellulare. E quando gli amici invidiosi gli chiederanno di Ratzinger, loro, dandosi di gomito, risponderanno che "rende molto più dal vivo che in televisione."

Segui Matteo su Twitter: @stai_zitta