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Come chiedi scusa quando tuo nonno è stato uno dei peggiori criminali nazisti?

Anche se suo nonno ha organizzato e gestito Auschwitz e la sua famiglia ancora oggi nega l'Olocausto, Rainer Höß ha deciso di dedicare la vita a fare ammenda.

Se si dovesse scegliere un testimonial per il vecchio detto, "Puoi sceglierti gli amici, ma non la famiglia," Rainer Höß sarebbe tra i primi della lista. Questo quarantottenne tedesco, infatti, viene da una famiglia nota per aver collaborato al compimento di uno dei più grandi crimini contro l'umanità della storia—e per aver poi negato che fosse avvenuto.

È stato solo all'età di 12 anni che Rainer è venuto a conoscenza della tremenda verità: suo nonno, Rudolf Höß, è stato il più grande carnefice di Auschwitz. Non solo aveva supervisionato l'assassinio di più di un milione e mezzo di persone, tra ebrei, zingari e prigionieri politici, ma aveva anche ideato la trasformazione di Auschwitz da vecchia caserma a macchina della morte in grado di sterminare 2.000 persone all'ora. Il nonno di Rainard aveva anche progettato le camere a gas e introdotto l'uso dello Zyklon B per uccidere i bambini e gli anziani.

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Se tutto questo non fosse abbastanza orribile, Ruldof Höß ha compiuto questi crimini a poche centinaia di metri dalla villa di famiglia, dove il padre di Rainer è cresciuto tra i giocattoli costruiti dai prigionieri di Auschwitz e raccogliendo fragole coperte dalle ceneri dei cadaveri bruciati.

Entrambi i genitori di Rainer gli hanno riempito la testa di propaganda nazista, descrivendogli il nonno come un eroe di guerra. Ha dovuto scoprire la crudele verità dai suoi insegnanti, a scuola—una scoperta che gli ha fatto capire perché gli adulti rabbrividissero sentendo pronunciare il suo nome, perché non gli fosse permesso andare in gita scolastica ad Auschwitz e perché il giardiniere della scuola, un sopravvissuto all'Olocausto, l'avesse picchiato lasciandolo dolorante nel cortile della scuola.

Il padre di Rainer Höß, da bambino, gioca con un aeroplano costruito dai prigionieri di Auschwitz.

In risposta al rifiuto della sua famiglia di ammettere la responsabilità di Rudolf Höß nel genocidio, circa trent'anni fa Rainer ha interrotto ogni contatto con i suoi parenti, e da allora ha dedicato tutta la sua vita a lottare contro i negazionisti dell'Olocausto diventando la pecora nera della famiglia.

"Non posso far parte di una famiglia che considera un assassino di massa non solo un eroe, ma addirittura una vittima degli ebrei e dei loro alleati," mi ha detto Rainer. "Nonostante ci siano centinaia di documenti e testimonianze che provano quanto fatto da mio nonno, loro scelgono di negare l'evidenza."

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Persino la sua zia ottantenne Inge-Brigitt, un'ex modella di Balenciaga che negli ultimi 40 anni ha lavorato a Washington in un negozio di moda gestito da ebrei (sì, la cosa è davvero ironica), in un'intervista per Exberliner l'ha definito "una persona cattiva, un bugiardo, un drogato affamato di fama e soldi."

Anche se Inge-Brigitt non nega l'uccisione degli ebrei nei campi di sterminio, non crede che ne siano stati uccisi milioni. Quando Thomas Harding del Washington Post le ha ricordato che suo padre aveva confessato di essere responsabile della morte di più di un milione di ebrei, lei ha affermato che gli inglesi "l'hanno costretto a confessare sotto tortura."

Rainer Höß di fronte ai crematori di Auschwitz

Sua zia non è l'unica Höß a pensarla in questo modo. Secondo Exberliner, la nipote di Rainer, Anita Höß, che vive a Sydney, in Australia, e non ha più contatti con lui, ad agosto del 2013 ha scritto su un forum sulla Shoah: "Non mi vergogno per le vicende peraltro esagerate vissute dagli ebrei durante la seconda guerra mondiale. Altri popoli si sono spinti ben oltre—i russi sotto Stalin, o altri paesi della cortina di ferro. Gli ebrei si considerano da sempre delle vittime—è tempo che voltino pagina."

Secondo Rainer, sconvolto e amareggiato da dichiarazioni come questa, i semi dell'ideologia piantati da suo nonno continuano a dare frutti a settant'anni di distanza.

"Se dovessi mai incontrarla di persona, la inviterei a visitare con me Auschwitz e a parlare con i sopravvissuti," mi ha detto.

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Quello ad Auschwitz è un pellegrinaggio che Rainer ha fatto per la prima volta nel 2009. Visitare il campo l'ha aiutato a entrare in contatto con i sopravvissuti e con le loro famiglie. Durante uno di questi viaggi ha incontrato Eva Mozes Kor, una delle vittime dei famosi esperimenti sui gemelli del medico delle SS Josef Mengele. Oggi, i due hanno un rapporto "talmente intimo e familiare" che la donna ha deciso di adottarlo come nipote.

Un'altra amicizia che ha stretto durante le sue visite ad Auschwitz è quella con il fotografo ebreo Marc Erwin Babej, figlio di un sopravvissuto a Terezín. Di recente, Babej ha fotografato Rainer per il suo progetto Mischlinge ("Incroci"), nel quale compaiono cittadini tedeschi appartenenti alla generazione successiva alla guerra circondati da cimeli del Terzo Reich.

"La nostra relazione dimostra che l'odio tra gruppi etnici non ha ragione di esistere," mi ha detto Rainer.

Nel 2010 Rainer è stato in Israele, dove ha recitato nel documentario israelo-tedesco Hitler's Children. Il film affronta il rapporto dei discendenti delle figure più importanti del regime nazista—Heinrich Himmler, Hans Frank, Hermann Göring e Rudolf Höss—con la tremenda eredità legata ai loro cognomi. Nel film, un gruppo di studenti chiede a Rainer, "Cosa faresti a tuo nonno se lo incontrassi oggi?" Rainer risponde, senza pensarci due volte, "Lo ucciderei con le mie stesse mani." "È stato un momento molto difficile e pieno di emozioni," mi ha confessato. "Ero in piedi di fronte a tutti quegli studenti ebrei in qualità di nipote di un genocida. Ho cerco di rispondere nel modo più sincero possibile, anche se per forza di cose quella domanda non avrà mai una vera risposta."

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Di recente, Rainer ha ereditato un baule antiproiettile del peso di circa 30 chili—un regalo di Himmler a suo nonno—contenente più di 2.100 pagine inedite dei diari di Rudolf Höß, in cui quest'ultimo descrive le sue esperienze ad Auschwitz e le sue riflessioni sul genocidio. Il baule contiene anche centinaia di foto di famiglia, diapositive, effetti personali, e un anello d'oro con un sigillo.

Nel 2009, quando ha tentato di vendere queste reliquie al museo israeliano dell'Olocausto Yad Vashem, è stato criticato dai media israeliani per aver cercato di trarre profitto dalla tragedia. "Se fosse stata una questione di soldi, avrei venduto tutto a un'organizzazione nazista," mi ha detto. "So che è stata una mossa stupida, per la quale mi sono scusato più volte e ho ricevuto critiche a livello internazionale."

In seguito ha donato il baule all 'Istituto di Storia Contemporanea di Monaco e consegnato molti dei documenti al suo interno alla squadra di avvocati che ancora oggi tenta di processare gli ex membri delle SS.

Oltre ad aiutare ad assicurare alla giustizia i nazisti fuggiti dopo la fine della guerra, Rainer ha fatto della campagna contro i pericoli del neonazismo e dell'estremismo di destra un vero e proprio lavoro. Solo l'anno scorso ha parlato in più di 70 scuole.

"Gli studenti sono sempre entusiasti quando sentono la mia storia. Alla fine mi fanno sempre tante domande, a volte capita persino che raccontino delle storie che hanno sentito dai loro nonni," mi ha spiegato.

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Rainer spera che in futuro il governo tedesco promuoverà in maniera consistente le gite scolastiche ad Auschwitz, in modo che gli studenti possano sentire sulle loro spalle il peso dell'Olocausto. "Tutte le volte che ho visitato Auschwitz, ho visto giovani commossi e senza parole per la brutalità di ciò che era successo in quel luogo."

Anche se ammette che probabilmente porterà sempre la croce messagli sulle spalle dal nonno, Rainer ha deciso di parlarne in pubblico e di fare il possibile perché quanto successo non si ripeta.

In un video, che ha realizzato per la campagna "Never Forget to Vote" della Swedish Socialist Youth League, Rainer afferma, "Io più di ogni altro conosco il desiderio di dimenticare. Ci sono stati momenti in cui avrei voluto negare il mio passato—fingere di essere qualcun altro. Ma non dobbiamo mai dimenticare il nostro passato, costi quel che costi. Perché se ce ne dimentichiamo, la storia si ripeterà."

Segui Emily Wasik su Twitter: @EmilieWasik.