Siamo italiani, dovremmo essere abituati a queste cose. Dovremmo capirle senza troppa fatica. Siamo il paese che glorifica i marò e li mette sullo stesso piano di Giulio Regeni. Siamo il paese della più grave sospensione e violazione dei diritti umani nel secondo dopoguerra in Europa" – Genova 2001. Siamo il paese in cui la tortura non è reato e molte altre cose ancora.Leggi anche: Sul caso Regeni sta calando un pericoloso alone di mistero
L'autore, al centro della foto, mentre viene arrestato davanti al consolato italiano al Cairo l'11 luglio del 2015.
Dentro al regime
Non so cosa sia successo a Giulio. Non so perché sia stato arrestato, torturato e ucciso. Dovrei aggiungere un "probabilmente arrestato," ma ho pochi dubbi che sia stato così.So che, come già spiegato su VICE da Lorenzo Declich, abbiamo assistito anche sulla stampa italiana a mistificazioni di tutti i generi per giustificare un omicidio di stato o per spiegarlo, mentre mi sembra che in pochi abbiano cercato di far luce su quel regime.Leggi anche: Ecco cosa ho visto nei miei 27 giorni di prigionia in Egitto
Attorno alla verità
Talaat Harb street e Piazza Tahrir piene di manifestanti pro-Sisi durante una manifestazione contro il terrorismo il 26 luglio 2013. Nelle stesse ore, al sit-in di Rabaa, venivano uccisi più di sessanta sostenitori dei Fratelli Musulmani. Foto per gentile concessione di Francesca Volpi.
La strategia di Sisi
Anche perchè Sisi ha allargato talmente tanto la definizione di "terrorismo" che ormai chiunque è un potenziale terrorista. I militanti dello Stato Islamico e i Fratelli Musulmani, gli attivisti di sinistra e i giovani del Movimento 6 Aprile, gli ultras delle squadre di calcio, i giornalisti. Oppue il mio ex-coinquilino, un capellone un po' sbandato e artistoide condannato a cinque anni di carcere perché era in strada a protestare."Se è vero che ci sono così tanti terroristi nel paese, devono essere veramente degli incapaci per non essere riusciti a vincere," mi ha detto qualche mese fa al Cairo un giovane tassista egiziano, scherzando.La narrativa del regime che vede Sisi come salvatore della patria inizia ad avere delle crepe sempre più grandi. Lo Stato cerca di riempirle con una repressione sempre più feroce e quelle si allargano ancora di più. La paura dei terroristi è nulla se il regime che dovrebbe proteggerti inizia a farti ancora più paura."Non puoi sapere dove scoppierà una bomba, e devi avere veramente sfortuna se ci passi accanto proprio quando scoppia in una città di 22 milioni di abitanti. Il regime, invece, quello fa più paura perché potrebbe arrestarti, torturarti e farti scomparire anche se te non hai fatto nulla e hai tenuto la testa bassa," mi ha raccontato Maged, un fotografo di Alessandria.Leggi anche: Il livello dei diritti umani in Egitto non è mai stato così basso
La press card egiziana dell'autore.
Mistificazioni di massa
Il "poster elettorale" di un panettiere del Cairo a favore di al-Sisi, nel maggio del 2014. Foto dell'autore
L'istituzionalizzazione della paura
Leggi anche: Tra gli street artist egiziani che disegnano il volto di Regeni al Cairo e a Berlino
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