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Faccio gente vedo libri

Il Salone del Libro di Torino è il Fuorisalone della letteratura italiana: sostanzialmente nessuno sa bene cosa ci sia venuto a fare, ma nessuno manca.

Foto via Flickr/Samuele Silva.

Si è concluso ieri a Torino il salone del libro. Sì, il Lingotto era il solito, sterminato e asfissiante tendone, e quest’anno l’ospite d’onore era addirittura il Vaticano e no, neanche stavolta nessuno—alzi la mano chi può affermare il contrario—ha trovato un editore per il suo nuovo romanzo, un ingaggio da editor o qualcosa di decente da leggere che non avrebbe potuto procurarsi in libreria sotto casa sua.

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Ma anche quest’anno a Torino c’erano proprio tutti. Anche lui.

Guardate qui.Qualcuno ancora si chiede come facciamo ad essere così belli. Siamosolonoi… Stupendi di natura. pic.twitter.com/wDBqhJSSvc

— Fabio Volo (@Fabiovoloo) May 12, 2014

Il salone del libro di Torino è il fuorisalone della letteratura italiana: sostanzialmente nessuno sa bene cosa ci sia venuto a fare, ma nessuno manca. Nessuno legge, pochissimi comprano libri. Solo gli sprovveduti ascoltano. I potenti parlano a braccia conserte fissando il vuoto, gli altri gesticolano e se ne vanno in giro come mosconi.

Editor, uffici stampa, agenti letterari, giornalisti o aspiranti tali: nessuno manca all’appello e, per gli addetti ai lavori dell’editoria italiana, le vasche torinesi sulla moquette scadente del Lingotto sono un irrinunciabile topos annuale.

E gli scrittori? Cosa fanno gli scrittori al salone? Fedeli all’arbasiniana e sempre attuale tripartizione (“la carriera dello scrittore italiano ha tre fasi: giovane promessa, solito stronzo, venerato maestro”), vi raccontiamo i giorni del salone attraverso i suoi protagonisti.

Giovedì – La Giovane promessa

Di prossima o recente pubblicazione:

Joyce, l’estate e il tagliaerba (in realtà è il racconto della sua vita alle superiori. Ma i titoli tripartiti, si sa, funzionano sempre)

La solitudine della moquette (romanzo urbano-intimista. In copertina una pischella di Shutterstock con sguardo obliquo e mani nervose)

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Storie precarie (da suo nonno Peppino al suo contratto d’apprendistato. In mezzo un morto e un paio di fascisti da combattere)

Ore 12. Arrivo a Torino. Sistemazione in ostello in doppia con amico stagista editor o impaginatore grafico freelance. In alternativa, sulla brandina in salotto di un amico filosofo e fuorisede, che millanta di raggiungerlo al salone e poi preferisce strascinarsi per san Salvario con una dottoranda in biologia conosciuta al Festival delle Radici.

14. Arrivo della giovane promessa al salone. Spruzzata di ottimismo e sentimento di grandeur alla vista dei botteghini e del pubblico pagante alla “un giorno tutto questo sarà mio.” Estorsione pass giornaliero all’amico stagista-schiavo, caffè e sigaretta all’ingresso con suddetto amico. Mani in tasca, condivisa e taciuta fierezza.

15. Primo evento del giorno. Titolo dell’evento: Qualcuno legge qualcosa di qualcun altro da qualche parte. Arrivo a metà, partenza alla fine, dopo lo scioglimento dei potenti.

15.45 Fine del primo evento, vasche avanti e indietro di ricognizione. Manoscritto alla mano o—in caso di pubblicazione già avvenuta—puntello fisso di piantonamento presso lo stand dell’editore pubblicante. In cerca di gloria, femmine o, male che vada, inviti per la festa Fandango.

16.20 Sosta contemplativa allo stand che riunisce i libri di Iperborea alle poltrone Ikea.  Al di là della scandinava comunanza, il senso dell’accostamento sfugge. Eppure c’è da imparare lì in mezzo, è lì che bisogna guadare, è un buon modo di affrontare il futuro. La vite a cappio, il segreto dev’essere lì.

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Joyce, il tagliaerba e la vite a cappio. Non può non funzionare.

Dev’esser così.

18 In fila da Zerocalcare per la firma copie. Che bravo Zero, lui viene dal niente, come me, lui è cresciuto al forte, come me, lui ce l’ha fatta, grande Zero, grazie Zero.

18.07 Avvistamento del responsabile della nuova collana esordienti di una casa editrice pugliese conosciuto a Più libri più liberi a dicembre sotto cassa alla festa di Minimum Fax, poi contattato invano via mail.

18.07- 18.09 Rinuncia alla firma di Zerocalcare. Occultamento copia Un polpo alla gola presso lo stand dell’amico stagista, e rincorsa del suddetto responsabile dai padiglioni laterali (quelli coi libri per non udenti – i bong e i trattati massonici di editori altoatesini) per non dare nell’occhio.

18.22 Scomparsa del responsabile. Avvistamento di una degustazione di birra artigianale dalle parti di Feltrinelli. La birra finisce subito, ma c’è la focaccia di Eataly e un notevole assembramento di holdeniane ingenue, benestanti ed entusiaste.

Parte Bob Dylan in sottofondo. La vita è bella, su, siamo ancora all’inizio. Secondo picco di euforia e sms all’amico filosofo: Dovevi passare, cazzone, è pieno di fighe e si beve gratis. Comunque ho gli inviti per l’Hiroshima stasera. Ci vediamo a casa fra un’ora. Facciamo una pasta da te, ti va?

Venerdì/Sabato – Il Solito stronzo

Di prossima o recente pubblicazione:

Tu eri la luce che fu (romanzo ambientato a Teheran che racconta in realtà il suo divorzio milanese)

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L’ombelico e la cannella (questo è la nuova uscita dell’ex moglie. Nella prima pagina ampi riferimenti a nuca, scapole, respiro tenue)

L’urgenza del poi (saggio di critica letteraria retroattiva)

18.30 Arrivo a Torino, sistemazione in casa di amica ufficio stampa per Einaudi, ex-amante ai tempi della gloriosa ascesa letteraria, ora amica e compagna di Tavor.

19.07 Fine della stesura dell’articolo per la nuova rubrica web. Telefonata improvvisa della ex moglie.

19.15 Passeggiata in solitaria al Valentino. Chiamata alla figlia dettata dal senso di colpa per informarsi del suo saggio di pianoforte.

20 Aperitivo in un cortile délabré. Si vendono vecchi Adelphi e si beve champagne.

20.19 Incontro con una documentarista intravista al Massenzio l’anno prima.

21.30 Cena con altri soliti stronzi. Si è unita anche la documentarista. L’amica ufficio stampa Einaudi se la prende, ma non lo dà troppo a vedere.

23.30 Festa Minimum, ma non troppo. Rigorosamente in giardino o in terrazza, dove “tira più aria”.

00.10 Incontra la sua prima editor (ex amante, ora sposata a un produttore romano) e perde di vista la documentarista, ma poi la ritrova, parlano di Buenos Aires, dell’Iran e di Donna Tartt e tutto si aggiusta.

00.59 A letto nella camera d’albergo della documentarista conosciuta al Massenzio.

01.20 L’amica ufficio stampa Einaudi se la prende sul serio, e dalla terrazza del circolo dei canottieri invia sms irrecuperabili.

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11.30 Caffè, Repubblica ed emicrania in piazza Bodoni.

12.55 Arrivo al salone dietro occhiale protettivo. Centrifuga di frutta nel privé con solito stronzo incontrato per caso.

12.59 Sigaretta dall’uscita laterale. Si parla di altri soliti stronzi e di editori che pagano in ritardo.

13.03 Presentazione del nuovo romanzo. Occhiale preventivo appeso alla camicia, voce suadente, ironie verbali. Firmacopie senza dedica ma con strizzatina d’occhio.

14.33 Intervista a Radio Tre per dire la sua sul tema di quest’anno: “Il Bene”.

15.20 Partenza in TGV per Parigi. Almeno lì si può scrivere in santa pace.

Domenica – Il Venerato maestro

Di prossima o recente pubblicazione

Dove sbaglia l’Italia (consigli al premier di turno)

Lisa dagli occhi blu (in memoriam di una celebre amica scomparsa a colloquio con un giornalista Rai. Dvd allegato a 19,99)

Ore 13 Pranzo in città con l’editore, il sindaco e il Ministro della cultura.

Ore 14.48 Arrivo al salone vestito di lino bianco. Saluti alla folla come Papa Francesco.

Ore 15 Sala Rossa gremita di giovani promesse e pubblico pagante.

Ore 15.15 Conferenza sul “Futuro della letteratura e del nostro paese”. Piglio imperiale e catering equo solidale.

Ore 16.05 Foto ricordo con romanziere sudamericano appena sbarcato al salone. Veloce scambio di battute sulla morte di Gabo.

Ore 16.25 Inchino simbolico accanto all’uscita, saluti e baci per tutti. Pubblico pagante, assessori, cani, bambini, fonici e nemici. Chi c’è c’è, arrivati a questo punto va bene tutto. E poi la miopia avanza.