FYI.

This story is over 5 years old.

Stuff

Siamo diventati tutti troppo bravi a mentire

Dai politici ai criminali, tutti mentono. E mentono in ogni situazione, dalle relazioni sentimentali all'informazione. Siamo dei bugiardi in un mondo di bugiardi, e non ce ne frega niente.

​ Mi piacerebbe affermare che dico sempre la verità, ma sarebbe una bugia.

Infatti, mentire è stato uno dei primi lavori che ho fatto in vita mia. Più o meno sei anni fa avevo una rubrica di cucina su un giornale, e in pratica il mio lavoro consisteva nel chiamare i ristoranti fingendo di essere l'agente di una celebrità con pretese assurde. Mi ricordo la prima volta che l'ho fatto. Mi sono seduta su una poltrona a sacco in un angolo tranquillo dell'ufficio, e tenendo il mio Nokia 1100 nella mano sudata ho detto al maître del Wagamama che nel fine settimana una coppia di Dalek sarebbe stata in città per un tour promozionale, e che volevo assicurarmi che il suo ristorante avesse le rampe di accesso.

Pubblicità

Ero lì seduta, in attesa, e cambiavo continuamente posizione con la poltrona che scricchiolava sotto il mio sedere. Quell'uomo dalla voce dolce mi avrebbe creduto? E ancora, si sarebbe bevuto la storia che uno dei due era vegetariano? Be', con una dose sufficiente di convinzione e impegno si può rendere credibile qualsiasi cosa. Il maître si è precipitato fuori, ha controllato la rampa ed è tornato alla cornetta con la conferma: far accedere degli  esseri metallici composti da un solido tronco semi-movibile e braccia rotanti non sarebbe stato "un problema". Poi mi ha elencato le specialità al tofu sul menù.

Non ci sono parole per descrivere il sollievo che ti dà scoprire di essere un mago delle cazzate. Di conseguenza, ho passato i sei mesi successivi a terrorizzare il settore della ristorazione per riuscire a pagarmi l'affitto.

Sono passata dal chiedere al manager del Bodeans, a Soho, un separè abbastanza spazioso da contenere i capelli di Grace Coddington, al chiamare il titolare del Gaucho per dirgli che un celebre attivista vegano di nome George Clooney voleva un tavolo per due, ma che voleva stare seduto ad almeno 100 metri da qualsiasi carne rossa. Col passare dei mesi, le mie richieste si facevano sempre più eccentriche. Ma sono sempre riuscita a vendere le mie stronzate. Ero un'ottima bugiarda.

Dopo sei mesi hanno soppresso la rubrica, e indovinate un po'? Ero sollevata. Mentire è un lavoraccio. Ero disgustata, in parte dal servilismo dei ristoratori ma soprattutto dalla mia fervida immaginazione. Dopotutto, essere un'ottima bugiarda non è una cosa di cui andare fieri.

Pubblicità

Quindi, perché lo facciamo? Spesso non è neanche per questioni di soldi:  spesso lo facciamo così tanto che ci abituiamo e finiamo a farlo anche con le persone che amiamo.

Col rischio di sembrare un idiota, Wittgenstein ha analizzato quest'ultimo punto e studiato la nostra abitudine a mentire. O, nello specifico, le volte in cui diciamo una bugia quando avremmo potuto benissimo dire la verità. Mettendo da parte il mio lavoro, mentiamo perché vogliamo restringere il divario tra l'immagine che abbiamo di noi stessi—puntuali, di successo, fedeli, ecc—e la realtà.

Ripensandoci, quando mentivo per soldi mi giustificavo pensando che l'uomo dall'altra parte della cornetta era in un certo senso mio complice. Potrebbe sembrarvi strano, ma è l'argomento esposto da Pamela Meyer, autrice di Liespotting, in un TED Talk. Per dirla con le sue parole: "Noi siamo contrari al mentire, ma lo facciamo in segreto, in modi che la nostra società ha punito per secoli. Per noi è un po' come respirare. È nella nostra cultura, fa parte della nostra storia."

Questo non vuol dire che lo ammettiamo. Si pensa che il 91 percento di noi sia solito mentire, inserendo regolarmente dettagli d'invenzione nel resoconto di un fatto, ma sono sicura che nessuno di voi si definirebbe un bugiardo.

Prendete Jon Ronson, scrittore, giornalista e documentarista. "Non sono bravo a mentire," mi ha confessato. Eppure da uno come lui ci si aspetterebbe il contrario, dato che si è costruito un'intera carriera sull'abilità nel riconoscere chi lo fa. Ma la sua incapacità di mentire non è solo una sua scelta. "Sono una persona incline all'ansia, al senso di colpa e al rimorso, per cui mentire sarebbe controproducente."

Pubblicità

"Tutti quelli che ho conosciuto sono dei bugiardi eccezionali," mi ha spiegato, "e uno degli argomenti di cui ho scritto di più è la menzogna patologica. Persone corrette e di successo, che scoperte a mentire non si sentono in colpa. Non gliene frega niente. Quando parli con uno psicopatico, vedi che cambia continuamente versione della storia che ti racconta, è completamente privo di emozioni."

A Ronson è venuto in mente, come esempio, un'intervista che ha fatto per The Psycopath Test con Emmanuel Constant, il capo di uno squadrone della morte haitiano. Constant—detto Toto—era il vice comandante del Fronte per la Crescita e il Progresso di Haiti, noto per le sue persecuzioni dei seguaci del presidente haitiano in esilio. I suoi crimini erano così tanti e vari che sarebbe difficile elencarli a parole.

"Non faceva altro che professarsi innocente, malgrado tutte le atrocità che aveva commesso," mi ha detto Ronson. "Era frustrante perché non riuscivo a intervistarlo. Fingeva di piangere. Era strano, sembrava di stare a teatro." Secondo Ronson, si crede che i bugiardi siano persone machiavelliche che mentono per essere apprezzate. Tuttavia, faccia a faccia, Constant non era così. A lui non gliene fregava niente.

Sapere che la persona che hai di fronte sta mentendo non è una cosa che capita tutti i giorni. Ma che dire delle bugie che diciamo quotidianamente? Be', a dir la verità (o forse no), ha spiegato Meyer, mentire è un'attività che si fa in due, e il cui vero potere emerge solo quando qualcuno accetta di crederci.

Pubblicità

Molte persone famose sono anche bugiardi cronici. I bugiardi ci affascinano. Alcune persone sono famose perché mentono, e a noi va bene così. Per esempio, secondo alcuni l'uso di molti pronomi personali nella testimonianza di Amanda Knox indicherebbe che abbia modificato i fatti.

Il linguaggio è uno degli strumenti più efficaci per individuare le bugie. Ma ce le beviamo tutte comunque. Sappiamo che le bugie ci circondano ogni giorno e lo accettiamo. Dagli abbellimenti della verità tipici delle pubbliche relazioni, ai politici che raccontano fesserie per ottenere o conservare il potere, ci aspettiamo e accettiamo le menzogne. Senza menzogne la società non sarebbe più la stessa. Una bella vignetta del New Yorker di una decina di anni fa esprime bene questo concetto: c'è un politico che dice alla stampa, "Non ci sto ricamando sopra—sto contestualizzando."

Ralph Keyes, autore di The Post-Truth era: Dishonesty and Deception in Contemporary Life, sostiene che la menzogna sia diventata un fenomeno endemico, e che viviamo in una società "post-verità," dove la "menzogna occasionale" è diventata la norma. È convinto che sia un problema moderno: "Si va dal disprezzo postmoderno per la 'verità' alla sospensione del giudizio, che incoraggia la menzogna… e più aumenta il numero degli sconosciuti che entrano nelle nostre vite, più aumentano le opportunità di modificare la verità," afferma.

Ovviamente vivere in una società post-verità significa anche che, con i social media, la menzogna si è trasformata. È sempre più difficile mentire ed è sempre più facile essere scoperti. Questa è uno dei temi centrali del celebre podcast Serial. Il podcast parla di un caso di omicidio avvenuto 15 anni fa in America, in cui la studentessa diciassettenne Hae Min Lee è stata strangolata. L'ex fidanzato, Adnan Syed, anche lui di 17 anni, l'aveva lasciata un mese prima della sua morte, ed è stato condannato per omicidio e condannato all'ergastolo. La giornalista Sarah Koenig pensa che sia innocente e sta cercando di dimostrarlo, ma dato che gli eventi sono accaduti nel 1999 sarà molto difficile.

Pubblicità

Voi sareste in grado di ricordavi cosa avete fatto un venerdì sera di un mese fa—figuriamoci di 15 anni fa—senza l'aiuto dei social o del vostro smartphone? E nel caso in cui non lo siate, cosa fareste se foste costretti a ricordarvene?

Tirereste a indovinare? O peggio, mentireste? Secondo la psicologa Bella DePaulo, è probabile Koenig non riesca a scoprire nulla. Perché? Perché noi umani non siamo poi così bravi a individuare le bugie. "Riusciamo a scoprire se qualcuno dice la verità o mente solo nel 54 percento dei casi," ​ha detto al New York magazine. "Quando tirando a caso, indovineremmo nel 50 percento dei casi." Inoltre, le persone più brave a riconoscere le bugie tendono a essere anche quelle meno degne di fiducia.

Ovviamente, ci sono dei momenti in cui va bene mentire. Magari non è la cosa migliore da fare, ma ci sono occasioni in dovremmo essere meno precipitosi nel giudicare. In genere, in questi casi parliamo di "bugie bianche", ossia quelle che si dicono in buona fede, per uno scopo positivo—ad esempio, per un "bene superiore." Per esempio, io mento a mio madre sull'orario in cui arriverò con il treno, perché lei è sempre in ritardo. Sarò stronza ma è una cosa che mi fa davvero arrabbiare, quindi si tratta di una piccola bugia a fin di bene. TARS, il robot di Interstellar, è sincero al 90 percento, un livello che il suo programmatore ritiene ideale.

Se, nel mondo di bugie in cui viviamo, lottate ancora per la verità, sappiate che Meyer, nel suo TED Talk, dice anche cose rassicuranti. A quanto pare, mentirete a vostra moglie/marito in almeno una conversazione su dieci e, se non siete sposati, lo farete ancora più spesso. Gli uomini mentono più delle donne (secondo Ronson, è perché gli uomini hanno più paura delle conseguenze e di essere puniti), mentre le donne, altruiste per natura, tendono a mentire per proteggere gli altri. Secondo alcuni studi, tendiamo a mentire di più durante il pomeriggio e la sera, quando siamo più stanchi.

Pubblicità

Mi è capitato che uno dei miei genitori e un mio compagno mi mentissero in modo orribile. Ma, essendo una scrittrice che spesso scrive di se stessa, ho la fortuna di poter minimizzare i danni scrivendo, e analizzare ciò che fanno gli altri in cambi di denaro.

Non tutti sono così fortunati. La psicanalisi ci ha insegnato che i bugiardi hanno una vita più facile degli altri. I meno sociopatici magari provano disgusto quando mentono, ma, una volta che l'hanno realizzato, sono in grado di rigirare le cose a loro vantaggio, di riscrivere il corso delle loro vicende. Per loro è un punto di forza. Ma per la vittima della menzogna è tutta un'altra storia.

Mentire è dannoso, brutto e costoso. In effetti, uno degli scopi della psicoterapia è ricostruire la vita di un paziente dopo che gli sono state raccontate molte bugie. Le menzogne danneggiano la nostra memoria e ci fanno dubitare delle verità su cui abbiamo costruito la nostra esistenza. La vittima di una bugia—ad esempio una persona a cui il partner tiene nascosto un tradimento— subisce un trauma ben peggiore rispetto al bugiardo. Come se non bastasse, mi ha detto un amico psicologo, "queste persone tendono a sentirsi colpevoli per ciò che è andato storto."

Detto questo, anche l'opposto può essere complicato. Per suo prossimo libro, Ronson ha partecipato ad un corso di sincerità radicale. "Devi sempre dire la verità. Il corso è stato bizzarro. Rimpiazzare le bugie con la dura realtà provoca dei problemi."

Quindi, qual è la soluzione? Affrontare chi ci mente? Oppure accettarlo? Oppure, possiamo semplicemente accettare che questo è ciò che siamo. Siamo bugiardi in un mondo di bugiardi. Vorrei poter dire che la cosa giusta da fare è la prima, ma probabilmente mentirei.

Segui Morwenna Ferrier su Twitter:​@morwennastar