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Tecnologia

Come la NASA impedisce agli alieni di contaminare la Terra—e viceversa

"Se andiamo su Marte a cercare la vita, è un po' stupido portarci la vita terrestre finendo per riscoprire quella."
La vista della superficie marziana dal Curiosity. Immagine: NASA/JPL-Caltech/MSSS

La gente adora le storie sugli alieni, sia che si tratti di rappresentazioni toccanti che parlano di amicizia come E.T., oppure di invasioni distruttive come Independence Day.

Ma per Cassie Conley, responsabile della protezione planetaria presso la NASA, preservare la Terra dalle contaminazioni esterne non è solo questione da fantascienza; fa parte delle sue mansioni quotidiane.

Come capo dell'Office of Planetary Protection, la Conley ha il compito di garantire che i campioni provenienti da ambienti extraterrestri—per esempio, la recente missione OSIRIS-Rex diretta verso l'asteroide Bennu—non presentino il rischio di diffondere la vita aliena sulla Terra.

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Allo stesso modo, deve assicurarsi anche che la vita terrestre non venga trasportata in ambienti potenzialmente ospitali—come Europa, il satellite di Giove, oppure le regioni di Marte con presenza d'acqua—dove potrebbe prosperare e creare dei falsi positivi di vita aliena.

Per dirla come l'ha messa giù la Conley sul New York Times: "Se andiamo su Marte a cercare la vita, è un po' stupido portarci la vita terrestre finendo per scoprire quella."

In effetti è proprio stupido. Ma dato che alcune creature terrestri si sono dimostrate estremamente resistenti ed adattabili (si, stiamo parlando di voi, cari tardigradi), ci sono delle possibilità reali che queste possano viaggiare con i lander interplanetari e sbarcare su un nuovo mondo.

"Abbiamo scoperto che ci sono molti altri organismi terrestri con capacità che non ci aspettavamo," ha detto Conley in questo nuovo video della NASA sulla protezione planetaria, pubblicato domenica mattina.

"Se ieri sera hai mangiato la pizza, oppure hai messo del formaggio sulla pasta, probabilmente nella tua bocca si troveranno degli organismi che, protetti dalle radiazioni ultraviolette e con un certo quantitativo di acqua e nutrienti, potrebbero crescere su Marte."

Infatti, sappiamo che, nonostante tutte le tecniche di sterilizzazione, quando il rover Curiosity è atterrato sulla superficie di Marte, trasportava passeggeri microbiotici di ogni genere. Per questo motivo non gli è stato concesso di esplorare delle zone ricche di acqua e sostanze nutritive. Pur essendo queste regioni molto allettanti per uno studio esobiologico, sono anche i luoghi più probabili in cui la vita terrestre potrebbe proliferare, un processo noto come "forward contamination."

La backward contamination, al contrario, riguarda la possibilità che la vita aliena proveniente da mondi extraterrestri sfrutti una delle nostre missioni di ritorno sulla Terra o, addirittura, colonizzi i corpi dei primi astronauti che esploreranno il pianeta rosso.

"C'è molto interesse nel cercare di ottenere campioni di Marte, non solo per la quantità di informazioni interessanti che potremmo trarne, ma anche per metterci alla prova con la questione della contaminazione di ritorno," mi ha spiegato Richard Davis, vicedirettore della sezione scientifica ed esplorativa della NASA. "Le probabilità sono basse, ma non si possono sottovalutare, e bisogna prestare molta attenzione per non fare correre rischi ai membri degli equipaggi, o anche alla Terra stessa."

A dire il vero l'idea che degli astronauti di ritorno da Marte possano essere pieni zeppi di organismi alieni non è particolarmente allettante, anche se potrebbe ispirare un bel film horror. Nella vita reale, però, è bene sapere che la NASA sta prendendo le dovute precauzioni in modo tale da prevenire la diffusione di organismi terrestri su ambienti incontaminati, così come la diffusione potenziale di vita aliena pericolosa a casa nostra.